La panoramica delle Messe celebrate senza popolo dai vescovi di tutta Italia e trasmesse con dirette tv e social colpisce, e interroga: ovunque, con ogni evidenza, si fa l’impossibile per far arrivare la Messa festiva e feriale al popolo che non c’è ma è più che mai presente con la sua attesa di trovare la liturgia eucaristica, via televisione o Web. Uno sforzo che si estende a migliaia di parrocchie e di sacerdoti, ma che deve scontare la fatica e il disagio di tanti per affrontare celebrazioni nelle quali i soli occhi presenti davanti all’altare sono quelli di una telecamera o uno smartphone.
Era dunque inevitabile che si palesassero limiti ed errori nella tecnica d’uso o nell’interpretazione dell’alfabeto digitale. Problemi dei quali la Cei ha preso nota offrendo ora a tempo di record un decalogo («Celebrare in diretta tv o in streaming») che ricorda alcuni punti fermi a chi sta affinando la propria capacità di proporre liturgie live. «Ci è dato da vivere un tempo di prova, un tempo in cui ci troviamo ad essere fisicamente divisi dai fedeli per evitare il diffondersi di un virus che non fa distinguo, neanche di fronte al sacro» premette la nota curata dall’Ufficio Comunicazioni sociali diretto da Vincenzo Corrado e disponibile su https://chiciseparera.chiesacattolica.it/).
Se mediante la tecnologia «ci è possibile raggiungere molti, se non tutti», è anche vero che «non bisogna mai dimenticare che l’Eucaristia è un grande dono, il più prezioso, e di esso e della sua celebrazione è doveroso prenderci cura», senza approssimazioni e trascuratezze. Le dieci «indicazioni pratiche» iniziano col sottolineare ciò che pare ovvio ma di questi tempi può non esserlo più, ovvero che «la celebrazione eucaristica va svolta in un luogo sacro, ponendo la doverosa attenzione alla cura e al corretto svolgimento delle diverse sequenze rituali. Non è rispettoso del Mistero celebrato, mai e neanche in situazioni come questa, soprattutto per trasmissioni in tv e mediante i social, affidarsi a celebrazioni improvvisate in qualunque luogo (fuori dall’aula liturgica) e poco curate».
Raccomandata (punto 2) «la preparazione dell’omelia e della preghiera universale», la nota fa presente che «è opportuno proclamare la Parola di Dio in modo non rapido ma lento e meditato » (3) e che «tutte le forme rituali, verbali e non verbali, chiedono preparazione e dignità nello svolgimento: dalla proclamazione dei testi e delle preghiere al silenzio, dalla dignità degli spazi liturgici alle vesti, dalla pertinenza dei canti all’uso dei diversi ed appropriati luoghi liturgici» (4). Importante (punto 5) rammentare che «anche i fedeli devono essere formati a una “presenza”, se pur mediata dai mezzi di comunicazione, che non escluda il coinvolgimento del corpo», come anche l’importanza di «salvaguardare la trasmissione “in diretta” della celebrazione» evitando il «proliferare di celebrazioni registrate » (6).
Necessario, ove occorra, un «numero davvero ridotto di ministri concelebranti (massimo cinque)» mantenendo «sempre la disposta distanza di sicurezza» e osservando la «comunione al calice per intinzione » (7). Importante il punto 8 che chiede di «ricostruire uno sguardo che sia assembleare, ricalcando, pertanto, la visuale ampia. L’inquadratura, essendo in genere una camera – in molti casi quella dello smartphone –, non riprenda costantemente un primo piano, ma si apra a un Campo Totale dove si veda altare, ambone, celebrante».
E se (9) è naturale che sia «da curare l’audio dal punto di vista tecnico », massima attenzione (10) va posta nel «decoro della celebrazione liturgica» usando «i libri liturgici (messale e lezionario) e non altri sussidi». Quanto ad altare e ambone, infine, «siano ben illuminati; presso l’altare non manchino le candele; accanto all’ambone, nel prossimo tempo di Pasqua, sia collocato il cero pasquale (di cera) e ci siano anche composizioni floreali sempre sobrie e mai eccessive». Completa la nota un «Breve glossario social», con termini come condivisione, engagement, hashtag e target originalmente riletti in chiave liturgica. Perché sia vera Messa, anche in versione 2.0.