mercoledì 22 gennaio 2020
Il 22 gennaio 1920 nasceva a Trento la fondatrice del Movimento dei Focolari. Parla colei che le è succeduta. «Nessun ricordo nostalgico, il centenario vuol essere motivo per offrire il suo messaggio»
Maria Voce

Maria Voce - Siciliani

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Più che la celebrazione di un ricordo vuole essere l’occasione di un nuovo incontro. Il centenario della nascita di Chiara Lubich, che ricorre proprio oggi, ha alla radice la riscoperta del tanto che di lei ancora vive. Nel Movimento dei Focolari, ovviamente. Nelle centinaia di progetti spirituali, sociali, economici, politici ispirati al suo carisma. Ma anche nel coraggio certosino e silenzioso, spesso nascosto, di chi guardando all’esempio di Chiara, lavora giorno dopo giorno per far cadere i muri di diffidenza e separazione che ci siamo costruiti dentro. Nelle donne e negli uomini impegnati nella costruzione di quel mondo unito che è insieme sogno necessario e profezia. «Il motto che abbiamo scelto per questo Centenario è proprio: “celebrare per incontrare” – spiega Maria Voce presidente del Movimento dei Focolari, ruolo cui è stata eletta dall’Assemblea generale alla morte della fondatrice, avvenuta il 14 marzo 2008 –. E l’abbiamo pensato, perché non vogliamo fare un ricordo nostalgico di Chiara. Lei stessa non ne sarebbe stata contenta. Il suo grande sogno, il suo carisma, era un mondo più unito, dove tutti si riscoprono fratelli, appartenenti alla famiglia dei figli di Dio e uniti dall’amore scambievole. È questa la vocazione del nostro Movimento. E finché questo scopo non è raggiunto, non possiamo “avere tregua”, neanche per celebrare la nostra fondatrice. Perciò anche questo centenario vuole essere prima di tutto un motivo per offrire il messaggio di unità di Chiara. E questo interpella tutti noi che l’abbiamo incontrata, che siamo stati toccati dal suo stile di vita, quello di una persona che si è spesa per creare relazioni con tutti coloro che ha incontrato, senza lasciarsi fermare da alcuna differenza di cultura, religione, sesso, etnia, età. Se la seguiamo in questo suo spirito, se anche noi cerchiamo di creare relazioni, di accogliere l’altro senza pregiudizi e senza idee preconcette, allora siamo noi stessi il luogo ed il modo per incontrare Chiara viva».

Lei che le è stata per tanto tempo accanto ci può dire che cosa colpiva di più del suo carattere? In che cosa era speciale?

Chiara era una presenza eccezionale, formidabile. Se la incontravi, eri per lei in quel momento la persona più importante del mondo. Sapeva accogliere chiunque con la stessa apertura: dal nipote, con il quale si intratteneva a giocare, ai molti che le chiedevano consiglio, da personalità di calibro internazionale fino alle persone più umili. Lei accoglieva ciascuno con lo stesso amore, la stessa dignità.

Si può dire che l’impegno del dialogo l’abbia respirato già in famiglia, viste le diversità ideologiche che la caratterizzavano?

Penso che sia un’analisi giusta. Dalla madre Luigia, una cattolica fervente, ha ereditato una fede solida, dal padre Luigi, socialista e convinto antifascista, una sensibilità per la questione sociale. In tutta la vita di Chiara troviamo questi due aspetti: un rapporto profondo con Dio e un amore appassionato per la Chiesa uniti allo spirito rivoluzionario che caratterizza tutti i portatori di un carisma in quanto portatori di una forza profetica,


«Era eccezionele: chi la incontrava capiva di essere per lei in quel momento la persona più importante di tutte.
Il suo grande sogno? Un mondo in cui tutti si scoprono fratelli nella famiglia dei figli di Dio»

Quali sono le basi imprescindibili su cui si fonda la spiritualità dell’unità, della comunione?

Direi che la nostra spiritualità si basa sulla grande scoperta di essere tutti e ognuno immensamente amati da Dio. In risposta a questo suo amore si cerca di amarlo, vivendo concretamente e quotidianamente la sua parola e cercando di amare i fratelli, senza distinzione e senza riserva, cioè con la misura di Gesù che ha dato la vita per i suoi. Dove si vivono rapporti di questo tipo, con questa misura d’amore, lì si aprono spazi nei quali è reale e tangibile la presenza di Gesù: cellule vive di una Chiesa senza limiti, focolari di amore che sono in grado di incendiare il mondo con questo spirito.

Chiara Lubich è stata un’apripista anche per quanto riguarda la presenza femminile nella Chiesa. Chiedendo e ottenendo tra l’altro che a capo del Movimento ci fosse una donna. Immagino non sia stato facile superare incomprensioni e sospetti.

La questione femminile non è mai stata un tema scottante per Chiara. Io direi che Chiara è stata un’apripista per una nuova presa di coscienza nella Chiesa della presenza di Maria, cioè del suo profilo mariano. Ha inserito nel secondo capitolo del nostro Statuto un’espressione che spiega come il nostro Movimento abbia un legame particolare con Maria Santissima della quale vuole essere, nel suo insieme, quasi una continuazione sulla terra. È per questo che Chiara ha - quasi per istinto soprannaturale - chiesto a papa Giovanni Paolo II di poter inserire la clausola per la quale la presidente dei Focolari sia sempre una donna, una focolarina consacrata.

Le difficoltà comunque non sono mancate.

Nella nostra storia ci sono stati certamente sospetti e incomprensioni. Ma è sempre così quando lo Spirito Santo suscita un carisma nella Chiesa. Lui non si ripete mai. Il suo agire è sempre nuovo e di conseguenza crea domande, perplessità, disagi. Queste incomprensioni, però, aiutano la Chiesa, nella sua veste gerarchica, a fare il proprio dovere: discernere, cioè esaminare bene quanto sta emergendo di nuovo. Così è stato anche per Chiara, per il nostro Movimento, soprattutto negli anni prima del Concilio Vaticano II. Erano senz’altro per Chiara anni difficili e duri, di una profonda prova spirituale. Ma lei non ha mai dubitato dell’amore e della saggezza della Chiesa.

Se lei dovesse riassumere la sua principale eredità?

Uno degli ultimi messaggi di Chiara era la semplice frase: “Siate sempre famiglia!”. In questa frase non vedo soltanto un appello rivolto agli aderenti al Movimento, nel senso di curare bene i nostri rapporti ed avere tra di noi uno spirito di famiglia. Essa fa riferimento alla figliolanza di Dio di ogni essere umano e di conseguenza alla fratellanza universale che caratterizza tutto l’agire di Chiara. Per dirlo con parole forse un po’ difficili: Chiara ci ha lasciato una spiritualità che ci insegna a vivere dei rapporti a mo’ della Santissima Trinità e cioè essere in donazione totale gli uni agli altri. In questo stile di vita c’è anche il germe che può permettere di rinnovare sia la teologia che le scienze umane. Ed è - ne sono profondamente convinta - una spiritualità rivolta al mondo intero. Perché questo era il grande desiderio di Chiara: contribuire alla realizzazione della preghiera di Gesù al Padre: “Che tutti siano uno”.

Lei quest’anno lascerà la guida del Movimento a un’altra presidente. Che Movimento lascia? Qual è la fotografia dei Focolari oggi?

Non lascio il Movimento, né lo consegno in qualche modo alla futura presidente, perché non l’ho mai posseduto nel senso che non è mai stato solo mio. Continuerò a vivere da focolarina, da figlia di Chiara, e cercherò di dare anche in futuro il mio contributo alla realizzazione dell’eredità di Chiara che ho appena descritto, come e dove la prossima presidente, che sarà eletta durante l’Assemblea generale del Movimento nel settembre 2020, mi chiederà di fare. Certo, ho avuto la grazia di offrire il mio servizio da presidente nella fase di passaggio dal periodo con la fondatrice a quello che noi amiamo chiamare non il “Dopo-Chiara” ma il “Chiara-dopo”. E si sa che i momenti di passaggio, di transizione, sono sempre caratterizzati da processi di verifica, da purificazioni, da momenti di crisi nel senso vero della parola che significa anche evoluzione.
In questa trasformazione che stiamo vivendo mi sembra di notare nel nostro Movimento una nuova sensibilità per la grandezza del carisma di Chiara, per la sua profondità, la sua polivalenza. E ci rendiamo conto che questa consapevolezza è un tesoro che portiamo in vasi di creta, cioè dipendiamo in tutto dalla grazia di Dio. Mi sembra anche di notare una nuova sensibilità per i nostri scopi specifici, soprattutto nel campo del dialogo e, di conseguenza, anche per i luoghi specifici nei quali siamo chiamati ad operare e dove possiamo offrire un contributo tutto particolare. Insomma: il nostro Movimento è un’Opera affascinante e appassionante, proprio perché è un’opera di Dio, un’Opera di Maria.

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