giovedì 5 gennaio 2023
Dal segretario personale del Pontefice defunto, nuovi dettagli su momenti chiave di una parabola iniziata nella Cappella Sistina il 19 aprile del 2005. Il racconto commosso della morte
L'inizio e l'ultimo respiro

Reuters

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Pubblichiamo un’anticipazione del libro “Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI” (Edizioni Piemme, 336 pagine, 20 euro) in uscita il prossimo 12 gennaio. Nel volume il segretario personale di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, monsignor Georg Gänswein, racconta al vaticanista Saverio Gaeta la sua vita a fianco del teologo, prefetto della Dottrina delle fede e poi Pontefice. Un rapporto di quotidianità iniziato nel 2003, rafforzatosi ancora di più dopo l’elezione del cardinale Ratzinger come Benedetto XVI. Don Georg ha vissuto costantemente al suo fianco quale suo più stretto collaboratore, ma anche confidente e consigliere, accompagnandolo durante il pontificato e nel tempo successivo alla storica rinuncia del 2013. L’estratto che vi proponiamo riguarda il giorno dell’elezione al soglio di Pietro, il 19 aprile 2005.

Il maglione nero e l’elezione

Nel pranzo del 19 aprile mi sembrò che il clima generale fosse divenuto più rilassato. Però inaspettatamente, mentre si avviava all’ascensore per rientrare in stanza, Ratzinger mi chiese la disponibilità ad accompagnarlo a piedi verso la Cappella Sistina (in precedenza aveva sempre utilizzato il minibus), e ovviamente io risposi di sì. La prima votazione pomeridiana era fissata per le ore 16, così mi diede appuntamento nell’atrio d’ingresso di Santa Marta alle 15.30. Il tempo era incerto, e quando ci avviammo lungo via delle Fondamenta, che costeggia il lato posteriore della basilica di San Pietro ed è un punto sempre un po’ ventoso, ricordo di essere rabbrividito per l’aria fresca. Il cardinale mi aveva detto di aver avuto freddo al mattino nella Sistina, per cui si era messo un maglione sotto la talare porpora e la cotta bianca previste dal cerimoniale.

Pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.p.A. © 2023 Mondadori Libri S.p.A., Milano Published by arrangement with The Italian Literary Agency

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Era molto pensieroso e mostrava chiaramente di non aver voglia di parlare, così io mi limitai a camminare al suo fianco, osservandolo di sottecchi e pregando per lui. A livello psicologico, è stata la passeggiata più lunga e faticosa della mia vita. Intuivo di stare vivendo un momento storico e quasi drammatico, con Ratzinger che mi dava l’impressione di camminare verso un burrone. […] D’improvviso, intorno alle 17.15, nel silenzio ovattato di quelle ampie sale, abbiamo udito un leggero applauso, che non è durato a lungo. […] Come in un flash, in quell’attimo mi venne in mente l’immagine del maglione nero che Ratzinger aveva indossato sotto la talare. Raggiunsi subito monsignor Francesco Camaldo, che era il decano dei cerimonieri e anche il suo personale, e gli dissi: «Se il nuovo Papa è Ratzinger, per favore assicurati che il maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie (l’arcivescovo Piero Marini, nda) gli faccia togliere il maglione o almeno gli rimbocchi le maniche». Lui mi assicurò che avrebbe provveduto, ma purtroppo, nella concitazione dei successivi momenti, se ne dimenticò. E così, più tardi, durante la benedizione dalla Loggia del novello Pontefice, sotto i suoi paramenti apparvero quelle maniche nere che, in diretta televisiva, fecero il giro del mondo. […] Quando finalmente sono giunto al cospetto del Papa ho visto quanto fosse provato dalla tensione dell’evento, per cui gli ho soltanto detto in tedesco: «Santo Padre, tanti auguri per l’elezione come successore di Pietro. Le offro tutta la mia disponibilità. Può contare su di me in vita et in morte».


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Non si è trattato di un discorso particolarmente elaborato, ma lui ha compreso la mia emozione e ha semplicemente risposto: «Grazie, grazie». […] Per lui sono stato sino alla fine “don Giorgio” (anzi “don Ciorcio”, con la sua tipica inflessione tedesca), anche se non ha mai voluto rivolgersi a me con il “tu”: pure durante il tempo da Papa emerito ha continuato a dare del “lei” sia a me, sia alle Memores, per una forma di rispetto che lo ha sempre caratterizzato. Su quali parole abbia esattamente pronunciato per rispondere alla domanda, proposta dal vicedecano Sodano, riguardo all’accettazione, sono girate diverse varianti, tutte fantasiose, anche perché completamente estranee alla sua sensibilità. Da quella attribuita al cardinale Michele Giordano (« Propter voluntatem Dei accepto »), alla più complessa formulazione riferita dal cardinale Cormac Murphy-O’Connor («No, non posso. Accetto come volontà di Dio»). Su questo posso permettermi di essere preciso, avendolo esplicitamente chiesto al diretto interessato, l’unico a disporre della facoltà di violare il vincolo del segreto. La sua risposta fu semplicemente: « Accepto » (accetto, in latino); e anche relativamente al nome si limitò a dire: «Benedictus».

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