giovedì 23 gennaio 2014
​Presentato il rapporto 2013. Registrati 4.000 casi. Anche 7 omicidi, tra cui di un minore, e abusi e percosse contro mille donne e centinaia di bambini. A colpire sono soprattutto gli hindù.
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In India non si ferma la persecuzione contro i cristiani. Nel 2013 sono stati oltre 4.000 i casi di violenza contro i cristiani. A colpire sono soprattutto gruppi estremisti indù attivi in molte parti del Paese. L’intensità delle violenza varia da stato e stato della grande nazione asiatica. Gli episodi registrati includono l’omicidio di 7 fedeli, fra cui un minore; abusi e percosse su 1.000 donne, 500 bambini e circa 400 preti di diverse confessioni. Inoltre sono documentati attacchi a oltre 100 chiese e luoghi di culto cristiano. Sono le cifre salienti contenute nel nuovo “Rapporto sulle persecuzioni 2013” elaborato da un forum di enti e organizzazioni cristiane nella società civile indiana, riportato dall’Agenzia Fides.  Il Rapporto è stato presentato al cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale dell’India. Il documento è stato redatto grazie alla collaborazione fra le associazioni “Catholic Secular Forum” (Csf), “All India Christian Council”, “Evangelical Fellowship of India”, “Global Council of Indian Christians”, “World Watch Monitor”. Il Rapporto è stato consegnato ai vescovi da due laici cattolici, Joseph Dias e il giudice Michael Saldanha, rispettivamente segretario e presidente di CSF. Sui 4.000 incidenti, documentati in modo dettagliato, oltre 200 sono gravi casi di persecuzione avvenuti soprattutto in alcuni stati. Spiccano il Karnataka dove, nonostante il cambio di governo, la persecuzione cristiana è più diffusa, e il Maharashtra che “sembra essere il prossimo laboratorio dell’estremismo indù” nota il testo. Altri stati nella “top-ten” delle persecuzioni sono: Andra Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Orissa, Madhya Pradesh, Tamil Nadu, Kerala. Il Rapporto esamina anche le falle nel sistema giuridico indiano, che permettono la diffusione delle violenze e l’impunità dei colpevoli. Le leggi “sotto accusa” sono l’Ordine presidenziale del 1950, che nega ai dalit cristiani e di altre minoranze i diritti riconosciuti ai dalit indù. Ma anche le leggi anti-conversione, in vigore in sette stati indiani come Orissa, Arunachal Pradesh, Madhya Pradesh (dove le pene sono state inasprite), Rajasthan, Gujarat, Chhattisgarh, Himachal Pradesh. Lo studio rileva che una legge globale per fermare la violenza, presentata lo scorso anno, resta ferma in Parlamento, che non l’ha ancora esaminata e discussa. E conclude sottolineando che nella maggior parte di casi esaminati, “la polizia rifiuta di registrare le denunce” e i mass media indiani omettono di riportare e le notizie o le minimizzano.
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