venerdì 4 novembre 2022
La suora nell’isola filippina di Mindanao «Fedeli al nostro carisma, ma siamo aperte al territorio nel quale viviamo»
Suor Garbelli con due giovani consorelle

Suor Garbelli con due giovani consorelle - .

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«Contemplare il mistero di Dio presente in mezzo agli uomini, vivere in una dimensione comunitaria un’esistenza spalancata all’eterno dentro un mondo sempre più individualista e chiuso dentro una prospettiva di finitezza. È questo il nostro carisma, e questo è il motivo per cui tante persone affascinate dall’esperienza che viviamo cercano qui una parola di conforto o un’amicizia che sostenga la vita». Suor Giovanna Garbelli, 69 anni, è la badessa del monastero trappista di Nostra Signora del Monte Matutum nell’isola di Mindanao, la seconda per estensione dell’arcipelago delle Filippine. Nel 1995 è stata tra le fondatrici della comunità, tutte consorelle partite dalla casa madre di Vitorchiano in provincia di Viterbo. Una comunità feconda: hanno cominciato in 10, dopo un anno avevano già due vocazioni locali, ora sono 37.

«Le Filippine vengono ricordate come l’unica nazione cattolica dell’Asia, l’anno scorso sono stati celebrati i 500 anni di evangelizzazione e un documento dei vescovi ha sottolineato che questa terra ha ricevuto la chiamata profetica di essere una luce per il continente. Povertà diffusa (specie a Mindanao) e corruzione sono due piaghe con cui la società si deve misurare, ma il cristianesimo rimane profondamente innervato nella cultura di queste terre. Una nostra sorella molto anziana diceva che ha succhiato il cristianesimo con il latte materno. Tuttavia dobbiamo riconoscere che la secolarizzazione sta facendo passi da gigante. Le chiese sono ancora molto affollate, c’è una grande devozione popolare ma aborto, droga, omosessualità, sesso prematrimoniale ed extraconiugale sono sempre più diffusi e accettati dalla mentalità comune.

L’esterno del loro monastero a Mindanao nelle Filippine

L’esterno del loro monastero a Mindanao nelle Filippine - .

Nella semplicità della nostra vita siamo segno di contraddizione, e la fedeltà al carisma cistercense è il contributo a mantenere viva la presenza di Cristo tra gli uomini. Come tutti i monasteri dell’ordine, anche il nostro è dedicato alla Madonna, esempio per eccellenza di cosa significa affidarsi totalmente alla volontà di Dio». La vocazione di suor Giovanna è molto precoce: a 15 anni frequenta la parrocchia di San Carlo alla Ca’ Granda nella città di Milano, incontra l’esperienza di Gioventù Studentesca e poi di Comunione e Liberazione e nel tempo matura la decisione di dedicare la vita a Gesù nella verginità. Dopo un percorso di verifica personale accompagnato da don Luigi Giussani (fondatore di Gioventù Studentesca e di Cl), chiede di entrare nel monastero cistercense della stretta osservanza di Vitorchiano. « La trappa mi ha sempre affascinato perché è il segno di una radicalità vissuta nella comunione con altre persone. Negli anni ho imparato che la contemplazione è il cuore della vita cristiana: non un isolamento dal mondo ma una modalità per testimoniare che Gesù è la ragione ultima per cui vale la pena vivere». Il lavoro delle monache si esprime nella produzione di biscotti confezionati con mango, ananas e anacardi venduti al mercato locale, oltre che con la produzione di ananas e cocco, saponette artigianali, rosari e statuette religiose.

Nel primo anno di fondazione, con il sostegno di amici italiani, è stata costruita una piccola clinica vicino al monastero per offrire un sostegno sanitario alla gente dei villaggi vicini che non riesce ad accedere alle cure mediche, troppo costose. « Il nostro ordine è votato alla contemplazione, ma la clinica è un servizio che non contraddice la separazione dal mondo, coinvolge direttamente solo due sorelle ed è diventata una fonte di preghiera continua per tutti i casi di cui la comunità viene a conoscenza, un’immersione nella sofferenza della gente».

Mindanao è la regione filippina dove più numerosa è la presenza di musulmani, e in passato è stata teatro di conflitti alimentati dal Fronte Moro, una formazione islamista che si batte per l’indipendenza dell’isola. «Ma nella nostra regione non abbiamo mai avuto problemi di convivenza, viviamo un’amicizia semplice e quotidiana con tutti e anche le nostre attività caritative sono condivise con chiunque ha necessità», spiega suor Giovanna. Negli anni il monastero è diventato un punto di riferimento per la popolazione locale, soprattutto giovani incuriositi e spesso affascinati dalla radicalità di quella esperienza. «Incontrare una comunità di donne totalmente dedite a Dio e che fanno della preghiera la dimensione fondante della vita è qualcosa che affascina. L’amore di Cristo che nutre le nostre giornate diventa alimento anche per tante persone in cerca di un senso per l’esistenza”. Un’altra conferma che il cristianesimo non si trasmette per proselitismo, ma per attrazione.

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