martedì 3 gennaio 2023
L’arcivescovo di Vienna, allievo di Ratzinger sottolinea il grande contributo offerto da Benedetto XVI alla riflessione sulla fede. «Con la sua rinuncia ha umanizzato l’immagine del Pontefice»
Il papa emerito Benedetto XVI  in preghiera nella Basilica Vaticana

Il papa emerito Benedetto XVI in preghiera nella Basilica Vaticana - Ansa

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«Per me è un padre della Chiesa. Lo paragono a sant’Agostino». Così l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, ha ricordato Benedetto XVI appena raggiunto dalla notizia della sua morte. Da lungo tempo suo amico e discepolo, con l’arcivescovo di Vienna c’è sempre stato un legame molto forte iniziato nel lontano 1972 quando Schönborn era ancora sacerdote dottorando e allievo del professor Ratzinger all’università di Ratisbona.

E di Ratzinger ricorda, tra gli altri, un episodio che anche oggi racconta: «Nel settembre del 1991 egli ebbe un ictus. Non fu grave e recuperò rapidamente, ma a causa di questo non riuscì a venire alla mia ordinazione episcopale perché era in ospedale. Così mi scrisse una bellissima lettera. Dopo un mese, il 2 novembre, sua sorella Maria, che era sempre con lui, ebbe un ictus mentre si trovava davanti alla tomba dei genitori è morì lo stesso giorno. Non sapevamo come Ratzinger avrebbe reagito a questa morte. Il giorno dopo il Conclave che lo elesse al soglio di Pietro, quando entrò nella sala per la colazione di Santa Marta vestito di bianco io gli dissi: “Santo Padre ieri durante la sua elezione ho molto pensato a sua sorella Maria e mi sono chiesto se sua sorella avesse chiesto al Signore di prendere la sua vita e di lasciare quella di suo fratello”. Lui mi rispose: “Penso di sì”. Questo è stato il momento più commovente di tutti i nostri incontri».

Eminenza, chi è stato per lei papa Ratzinger?
Papa Benedetto, il professore Ratzinger è stato per me un vero maestro e ho avuto la gioia di essere stato suo allievo. Perché non solo è stato insegnante di grande talento, di grande capacità, è un vero maestro nella scrittura e nella parola, nella parola viva e nei testi scritti. Io ho imparato tanto da lui. E penso che questa capacità dell’insegnamento della trasmissione della fede, la riflessione sulla fede, fanno di lui quasi un Padre della Chiesa. Rispetto a tutti i teologi del ventesimo secolo, a mio avviso, il papa Ratzinger è colui che più di tutti è simile ai padri della Chiesa. Con il suo ministero episcopale e poi pontificale, con la sua maniera di essere teologo io lo paragono a sant’Agostino che è stato suo maestro. Sant’Agostino e Joseph Ratzinger uso metterli vicini.

Cosa hanno significato le sue dimissioni per la Chiesa universale e qual è il messaggio importante che ha lasciato?
L’11 febbraio 2013 è stato certamente uno choc, una sorpresa inaspettata per tutta la Chiesa. Ma personalmente accolsi con molto rispetto questo gesto perché io ho creduto ciò che lui ha detto, e cioè che non si sentiva più in forze per servire come Successore di Pietro, come vescovo di Roma. Questo atto, dunque, che ha tanto sorpreso il mondo, ha avuto, a mio avviso, un effetto importante sull’immagine del Pontefice. In un certo modo egli ha umanizzato l’immagine del Papa perché umilmente ha ammesso la realtà. Questo atto perciò è importante per l’immagine del Papa e del suo ruolo. Dunque è importante per la storia della Chiesa e per il suo futuro.

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