sabato 30 aprile 2022
L'Università del Sacro Cuore di Milano celebra l'appuntamento con gratitudine nei confronti della cofondatrice dell'ateneo, una donna che tanto ha dato all'ateneo, alla Chiesa e all'Italia
L'ingresso dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

L'ingresso dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - Archivio

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Una “lunga grande giornata”, iniziata ieri con la beatificazione di Armida Barelli e che si conclude questa domenica con la celebrazione della Messa nell’Aula Magna dell’Università Cattolica presieduta dall’assistente ecclesiastico generale dell’ateneo, il vescovo Claudio Giuliodori.

«Certamente una Giornata per l’Università Cattolica diversa da quelle celebrate in questi anni – ammette il vescovo Giuliodori –. Ma l’abbiamo pensata proprio così, all’indomani della beatificazione di Armida Barelli, che di questa Giornata è stata l’ispiratrice, la promotrice e l’anima per quasi trent’anni».

L’assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il vescovo Claudio Giuliodori

L’assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il vescovo Claudio Giuliodori - Collaboratori

Eccellenza, cosa rappresenta questa beatificazione per l’Università Cattolica?
Consente al nostro ateneo - e a tutta la Chiesa italiana - di recuperare una memoria viva di Armida Barelli. Già al termine della sua vita attorno a lei c’era una fama di santità e molte sono le opere che ci ha lasciato, a cominciare proprio dalla nostra Università. Ma nel tempo forse questa memoria si è andata affievolendo. Certo l’Università Cattolica con l’annuale appuntamento della Giornata nazionale tornava a ricordare la sua cofondatrice, ma con minor intensità rispetto al passato. Ora questa beatificazione permette a tutti noi di riappropriarsi di un patrimonio culturale, spirituale e sociale di grande importanza rappresentato dalla nuova beata.

Una donna a cui non solo la Chiesa, ma l’intero nostro Paese deve molto.
Tutta la società italiana le deve molto. In tempi molto diversi da quelli stiamo vivendo, la donna non aveva un ruolo significativo nella società. Ebbene Armida Barelli in questi tempi è riuscita a dare voce pubblica alle donne, certo partendo dalla realtà ecclesiale, ma avendo uno sguardo all’intera società. Ha formato generazioni di donne. Se si pensa che la Gioventù femminile è arrivata ad avere quasi un milione e mezzo di associate nel secondo dopoguerra, si capisce quanto la beata Barelli abbia aiutato il Paese. Lo ha fatto preparando quelle giovani - future spose e madri - a essere anche protagoniste nella ricostruzione del tessuto sociale dell’Italia. Non solo da un punto di vista religioso, ma sopratutto civile e sociale. Ha formato centinaia di migliaia di cittadine, che a loro volta hanno trasmesso alle generazioni successiva i valori appresi dalla beata.

Oggi la 98ª Giornata per l’Università Cattolica vede la Barelli beata. Cosa significa per questo appuntamento annuale?
Quando la beata Barelli strappa a Pio XI la creazione di questa Giornata, l’obiettivo prioritario era quello di garantire un sostegno economico a una istituzione che doveva bastare a se stessa. Ovviamente raccogliere fondi significa anche rendere presente l’Università Cattolica nella vita ecclesiale e sociale del Paese.

E oggi?
Pur continuando a raccogliere fondi per l’ateneo dei cattolici,la Giornata nel tempo ha acquisito il significato di ribadire un servizio culturale che l’Univerità Cattolica offre nelle sedi e nei territori attraverso quella che viene chiamata la “terza missione”, ossia il restituire al territorio - e per eseteso all’intero Paese - i risultati di ciò che nelle aule viene insegnato e nei laboratori sperimentato.

Un contributo di riflessione o anche azioni concrete?
Entrambe le cose. Un ateneo è luogo di elaborazione di idee, ma che possono trovare applicazioni concrete anche nei grandi temi come quelli relativi ai migranti, all’economia, alla sostenibilità ambientale, alla fratellanza, per citarne alcuni.

Torniamo a questa “grande giornata” dell’Università Cattolica. Con quali sentimenti la vive la vostra comunità accademica?
Indicherei tre sentimenti. In primo luogo la gratitudine per quello stiamo vivendo. La beatificazione mi pare un “dono” per i cento anni dell’ateneo e si pone a suggello di questa sua opera. Nella nascita della Cattolica vediamo sempre di più un vincolo soprannaturale. Un dono di grazia, fortemente ancorato al Sacro Cuore, a cui la Barelli volle fortemente l’intitolazione dell’ateneo e ne difese la scelta anche quando sembrò messa in discussione per ottenere il riconoscimento giuridico da parte del governo di allora.

Il secondo sentimento?
La responsabilità. Dobbiamo prendere sempre più coscienza di tutto ciò che si è fatto. Pio XI ricevendo gli Amici della Cattolica disse “voi siete protagonisti di questo miracolo”. Quei semi depositati anche dalla beata Barelli in questi cento anni hanno dato moltissimi frutti. E poi c’è il terzo sentimento che definirei di condivisione e collaborazione con la Chiesa, che ha generato l’Università. Una collaborazione che per esempio siamo chamati a dare in questo cammino sinodale che la Chiesa italiana ha intrapreso e al quale vogliamo offrire un contributo di discernimento.

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