Frassati, il vincenziano radicale che rimproverava chi era pigro nel servizio
Padre Salvatori Farì cm ricostruisce una delle scelte fondanti del futuro santo, l'adesione al carisma di San Vincenzo de' Paoli. «Intorno all’infermo vedo una luce che non abbiamo noi»
Nel profilo di laico integrale di Pier Giorgio Frassati, la scelta della carità coincide con la scelta di adesione all’ideale di San Vincenzo de’ Paoli. Un’appartenenza che padre Salvatore Farì cm, direttore dell’ufficio Comunicazioni della Congregazione, rilegge nel micro-book Pier Giorgio Frassati. Dio, il tesoro di un giovane (edizioni Clv, pp.113).
La storia vincenziana del giovane torinese che sarà canonizzato il prossimo 7 settembre è segnata dalla parola che accompagna l’intero suo vissuto: radicalità. Una radicalità che poterono conoscere le altre esperienze associative attraverso cui Frassati era innestato nella Chiesa e nella società, dall’Azione cattolica ai terziari domenicani. Una radicalità senza sconti, prima di tutto verso se stesso, e poi verso le contraddizioni e omissioni delle realtà aggregate che pure amava profondamente. Padre Farì riporta un episodio, che chi ha già masticato le biografie di Frassati può ben immaginare, in cui Pier Giorgio scrive ad un amico, Carlo: «Certe conferenze di S. Vincenzo le abolirei», dice il prossimo Santo in riferimento ad un episodio di mancata assistenza. E saltano alla mente i momenti in cui Frassati con vigore chiedeva alle tante realtà cui apparteneva, dal Partito popolare alla Fuci, di essere molto più incisive e determinate nel perseguire le loro finalità.
Tuttavia, l’amore di Pier Giorgio per le associazioni che aveva scelto come compagnia di vita prevale sugli “sfoghi”. Padre Farì riporta anche il suo perenne tentativo di coinvolgere gli amici nel sostegno ai poveri e nelle conferenze vincenziane. E l’episodio narrato dalla sorella Luciana: «Delle tremila lire datemi dalla nonna paterna in occasione del mio matrimonio, io ne passai mille a mio fratello. Glielo dissi: erano per lui, non per i suoi poveri. Possedeva per la prima volta nella sua vita una cifra tanto cospicua, e subito provvedette a dividerla tra il circolo cattolico universitario “Cesare Balbo” e la Conferenza di San Vincenzo e, come si vede, a mio nome».
Frassati aveva aderito sin dagli anni del liceo, dal 29 novembre 1918, alla Conferenza di San Vincenzo dell’Istituto Sociale, fondata dai gesuiti nel 1905, che operava nella parrocchia di Nostra Signora del Carmine. Dal 1922 si iscrisse poi alla Conferenza vincenziana del circolo cattolico “Cesare Balbo” esistente nella chiesa della Madonna della Pace. «Il carisma vincenziano si specchia in modo coerente» in Frassati, spiega nella prefazione al volume padre Valerio Di Trapani cm, Visitatore dei Missionari vincenziani d’Italia: «Una fede che serve, una preghiera che diventa pane, uno sguardo contemplativo che si china sui poveri. Pier Giorgio sceglie di vivere secondo la radicalità evangelica da laico, dentro il mondo, ma con lo sguardo rivolto all’alto, “verso l’alto”, come scrisse lui stesso». All’amico che proprio non ne voleva sapere di entrare nelle case sporche e puzzolenti dei poveri, Pier Giorgio, ricorda padre Farì, rispose in modo spiazzante: «Intorno all’infermo, al miserabile, intorno al disgraziato io vedo una luce che non abbiamo noi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Temi






