mercoledì 2 ottobre 2013
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Indossava la divisa come centinaia di altre volontarie, la scorsa settimana a Lourdes durante il pellegrinaggio nazionale promosso dall'Unitalsi. Eppure dietro il suo sorriso dolce Elisa Aloi custodisce un'esperienza straordinaria: quella della guarigione per intercessione della Vergine. Oggi ultraottantenne in perfetta salute, la signora messinese aveva 14 anni quando cominciò il suo calvario personale per una tubercolosi ossea multipla fistolosa. «Ma la più grande sofferenza per me era essere sola, dopo aver perso entrambi i genitori tre anni prima», confida, aggiungendo: «In questa solitudine ho imparato ad amare. Mi sono aggrappata alla Madonna e ho incontrato Cristo nella via della croce: è stato il mio cireneo. Prima avevo una fede tradizionale, tramandata dai nonni». In questo percorso spirituale, Elisa subisce 33 interventi chirurgici, passa da una febbre all'altra e vive ingabbiata in un gesso che la immobilizza dal collo alla coscia destra, costringendola alla posizione supina. «I volontari della sofferenza di Roma decisero di regalarmi un viaggio a Lourdes. Dove sono tornata con l'Unitalsi di Palermo. Non chiedevo la guarigione: ritenevo un valore il dolore, ascoltavo in silenzio e pregavo». Il 5 giugno 1958 avviene il miracolo, riconosciuto dalla Chiesa il 26 maggio 1965: «Era la terza volta che venivo in pellegrinaggio. Avevo la febbre alta e chiesi a padre Giovanni Puleo, che mi trasportava in barella, di portarmi alle piscine. Le volontarie bagnavano un telo, lo strizzavano e lo mettevano sopra il gesso: non potevo immergermi. Ho avvertito un senso di svuotamento, poi la sensazione che le gambe si muovessero: ho pensato a una suggestione, chiedendo al Signore di togliermi dalla mente questo pensiero». Successivamente, nella spianata per la benedizione eucaristica, Elisa chiamò il dottor Zappia, capo-medico, ripetendo: «Muovo le gambe dentro al gesso». La ragazza gridava e il medico, avvicinandosi alla barella, sollevò la coperta: «Vide le quattro fistole chiuse, le garze e i tubi di drenaggio puliti, accanto alle gambe. Io, invece, non potevo vedere nulla, perché il gesso mi impediva di mettermi seduta. Zappia, stupefatto, mi disse di non parlarne con nessuno». Al Bureau médical del santuario i medici constatarono la guarigione, ma consigliarono di attendere il rientro a Messina per togliere l'ingessatura, mentre Elisa chiedeva di poter camminare. Una volta a casa, in ospedale viene riscontrata anche dalle radiografie l'eccezionalità dell'evento, con un dettaglio in più: il femore destro, che aveva subito un'asportazione di dieci centimetri nel tentativo di frenare l'infezione tubercolare, risultava perfettamente sano e completo. Nello stupore e sconcerto del medico: «Io non metto in dubbio i miracoli di Dio e della Madonna, né vorrei mettere in dubbio le parole del nostro radiologo che dice che tu non hai assolutamente nulla, neanche tracce di decalcificazione, ma l'osso che ho operato io, che con le mie mani ho tolto dalla tua gamba, è ricresciuto!». Nella vita di Elisa i prodigi non sono finiti: «Quattro mesi dopo il riconoscimento ufficiale del miracolo, mi sono sposata. I dottori mi dicevano che non avrei potuto avere figli, invece dopo un mese di matrimonio aspettavo il primo; ne ho avuti quattro, tre sono sposati e uno è fidanzato, e sono nonna di tre nipoti».                                                             
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