mercoledì 10 agosto 2022
La Messa celebrata al convento delle carmelitane dal cardinale prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Il ricordo dei propri familiari deportati nel lager nazista
A Echt nei Paesi Bassi due pietre d’inciampo ricordano il luogo da cui Edith Stein e sua sorella Rosa vennero prelevate dai nazisti per essere portate nel lager

A Echt nei Paesi Bassi due pietre d’inciampo ricordano il luogo da cui Edith Stein e sua sorella Rosa vennero prelevate dai nazisti per essere portate nel lager - Archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

Cadeva ieri l’ottantesimo anniversario del martirio di santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein: ebrea di nascita, poi agnostica, in cerca della verità attraverso la filosofia, quindi convertita al cattolicesimo, suora carmelitana, uccisa ad Auschwitz il 9 agosto del 1942 all’età di 50 anni, proclamata santa nel 1998 e patrona d’Europa l’anno successivo.

Ogni dieci anni la Chiesa ricorda questo anniversario con una Messa solenne presso il convento delle suore carmelitane di Oswiecim/Auschwitz, in Polonia: nel 2012 fu il cardinale Joachim Meisner a celebrarla, quest’anno è stata invece la volta del cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.

Perché sia toccato proprio al porporato e gesuita canadese questo compito risulta comprensibile a chi si ricordi dell’intervista da lui rilasciata nel 2019 a Vatican News, con la storia della sua famiglia in Moravia e le sofferenze patite durante la guerra. «Con Edith Stein condivido le origini ebraiche, la fede cattolica, la vocazione religiosa e diverse coincidenze con la vicenda personale di Anna Hayek, mia nonna materna, nata Löw (1893-1945) – ha ricordato ieri Czerny nell’omelia – entrambe avevano pressappoco la stessa età e subirono una fine simile».

«Mia madre Winifred Czerny, nata Hayek, fu battezzata ed educata nella Chiesa cattolica – ha continuato il cardinale – durante la seconda guerra mondiale, a causa della sua discendenza ebraica, fu costretta a lavorare come bracciante nei pressi di Brno e trascorse venti mesi in prigione a Lipsia e nel campo di concentramento di Terezin.

Anche mio padre, Egon Czerny, era cattolico. Non avendo ascendenze ebraiche, gli fu risparmiata la detenzione a Terezin ma, essendosi rifiutato di divorziare da mia madre, negli ultimi otto mesi di guerra fu sottoposto ai lavori forzati nel campo di Postoloprty, a ovest di Praga, non lontano da Terezín.

Anche la famiglia di mia madre, i genitori e due fratelli, era cattolica, ma condivideva le origini ebraiche in odio al nemico. Mia nonna materna Anna, mio nonno Hans e i miei zii Georg e Carl Robert furono tutti internati a Terezin, dove Hans morì. Mia nonna e i miei zii furono trasportati ad Auschwitz. Da lì i miei zii furono mandati nei campi di lavoro dove alla fine furono uccisi».

All’inizio della sua riflessione Czerny ha invitato a fare memoria del passato con la mente rivolta al presente, alla «guerra in Ucraina e alle troppe crudeli guerre in atto in varie parti del mondo».

«In Edith Stein abbiamo un esempio di come una vita spesa nell’amore possa essere un cammino di apertura, di lenta trasfigurazione nel Figlio fatto uomo» ha detto sempre il cardinale, che ha ricordato un episodio: «Il suo “primo incontro con la croce”, come lei stessa amò in seguito definirlo, avvenne nel 1917, in casa dell’amica Anne Reinach, rimasta vedova da poco. Pur nel dolore della perdita, Anne racconta ad Edith della sua conversione e di quella del defunto marito, della pace e della consolazione che, dal giorno del battesimo, aveva ricevuto dal vivere in comunione con Cristo. Edith rimane colpita dalla serenità che la donna conserva pur nella tragedia: nessuna forza umana poteva rendere ragione e spiegare una tale pace. Senza saperlo, la vedova Reinach aveva aperto nell’animo di Edith uno spiraglio alla luce della fede, come lei stessa scrisse nel suo diario: “Fu il momento in cui risplendette la luce di Cristo, Cristo nella croce”».

Czerny in ultimo è tornato ai ricordi familiari: «Quasi tre anni dopo [la morte di Edith Stein] la guerra era appena terminata e mia madre era stata liberata da Terezin mentre invece mio nonno ed entrambi gli zii erano stati sterminati. Ma mia nonna Anna era gravemente ammalata di tifo e non poteva raggiungere Brno. Morì il 21 maggio 1945. Ancora non so dove sia stata sepolta. Così Auschwitz lega la testimonianza e le reliquie di santa Teresa Benedetta della Croce alla storia e allo spirito di mia nonna, ovunque si trovino le sue spoglie».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: