martedì 22 giugno 2021
Il sacerdote piacentino a marzo ha festeggiato anche i 75 anni di ordinazione. Con un amico prete inventò «catechesi dialogate», originali missionari popolari sull'Appennino
Don Olimpio Bongiorni

Don Olimpio Bongiorni - .

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«La vita è un romanzo imprevedibile, ogni giorno sempre nuovo». Monsignor Olimpio Bongiorni ha compiuto cento anni il 7 giugno, ma non ha perso il gusto di stupirsi. Domenica scorsa è stato festeggiato, alla presenza del vescovo di Piacenza-Bobbio, Adriano Cevolotto, dalle parrocchie di Piozzano e Cantone, che guida dal 1984. La sua Inter gli ha fatto un regalo anticipato vincendo lo scudetto. Ma la più grande sorpresa l’ha ricevuta, complici i parrocchiani, da papa Francesco: una lettera di auguri in cui lo esorta a continuare ad essere testimone di speranza, perché «per sognare, i giovani hanno bisogno che noi anziani siamo capaci di profetizzare e di condividere la fedeltà del Signore che non delude e che ci sostiene in ogni situazione».

Don Olimpio di sognare non ha mai avuto paura. È entrato in Seminario forte dell’esempio del cugino don Giuseppe Beotti, oggi servo di Dio, ucciso il 19 luglio del 1944 dai nazifascisti nella sua parrocchia di Sidolo di Bardi che non aveva voluto abbandonare. La fedeltà fino al dono della vita è la stella polare che ha guidato don Olimpio nei suoi 75 anni di sacerdozio, celebrati il 16 marzo.
Se un desiderio ancora dovesse esprimerlo, in questo 2021 di ricorrenze, è di veder finalmente riconosciuto il cugino beato, perché martire della fede. Gli anni tragici della guerra che hanno segnato la preparazione alla vita sacerdotale li ha raccontati nel libro La Settantatreesima 1939-1940 (Parallelo45 Edizioni), rispolverando le memorie dei compagni di Seminario narrate nell’omonimo periodico di cui era direttore. Un episodio, su tutti: un ordigno finì in camera senza esplodere, quasi un miracolo.

Don Olimpio ha imparato dall’esperienza che gioie e dolori sono le facce di una stessa medaglia; quel che fa la differenza, è vivere tutto affidandosi alla Provvidenza. È il segreto della gioia cristiana che incarna alla perfezione, sorriso pronto e battuta arguta, come testimoniano le sue raccolte di aforismi Ridere fa buon sangue, terapia del sorriso e Dio è amore, terapia dell’amore, pubblicati dal settimanale diocesano il Nuovo Giornale.

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Ha iniziato il ministero come curato a Pianello e Travazzano, per finire – secondo una definizione da lui coniata, che la dice lunga sulla sua verve – “tras-scurato” a Bore, sull’Appennino parmense. «Il vescovo Malchiodi mi mandò per fondarvi una nuova parrocchia, dicendomi che sarebbe stato per due, massimo tre anni, invece ci sono rimasto trenta». Per vincere la solitudine, con l’amico don Pietro Achilli, anche lui parroco in montagna, inventò le “catechesi dialogate”, originali missioni popolari che esportarono in 60 parrocchie della diocesi. La due giorni di predicazione si chiudeva con il memorabile vis-à-vis in cui un sacerdote faceva la parte dello scettico – «Io ho girato molto, ho fatto il soldato, sono stato a Piacenza, ma Dio non l’ho mai visto», si annunciava, dal fondo della chiesa – mentre l’altro lo incalzava su preghiera, sacramenti, mistero della Trinità, comandamenti, in un crescendo degno della commedia dell’arte. Missionario in diocesi, da sempre è attento alla missione ad gentes, promotore di uno dei primi progetti di adozioni a distanza con le suore di monsignor Torta.

Da qualche anno don Olimpio vive a Pianello con altri sacerdoti. Per prudenza, ha abbandonato l’auto. Ma ogni domenica c’è chi viene a prenderlo per la messa. L’età non ha scalfito l’incisività delle sue omelie. «Un vero commento al Vangelo – ha ricordato per il Corpus Domini – non si deve scrivere, ma vivere».

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