domenica 7 agosto 2022
A Paravati, il centro calabrese in cui visse la mistica, il rito presieduto dal vescovo Nostro: «Il mondo ha bisogno di mamme come lei». Sarebbe stata la Madonna a indicarle il luogo in una visione
Un momento della dedicazione della chiesa del Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime, a Paravati

Un momento della dedicazione della chiesa del Cuore immacolato di Maria Rifugio delle Anime, a Paravati - Fabio Colombini

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C’era qualcosa di grande e di umile ieri a Paravati per la dedicazione della chiesa “Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime”. Di grande come l’edificio e come la cerimonia, presieduta dal vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Attilio Nostro, concelebrata da altri otto vescovi e da 130 presbiteri; di umile come le migliaia di pellegrini che hanno assistito per ore sotto il sole di Calabria richiamati dall’umilissimo esempio di fede della serva di Dio Natuzza Evolo: un esempio di mamma, come l’ha definita nell’omelia monsignor Nostro sottolineando che «oggi il mondo ha bisogno di mamme come Natuzza». Una donna capace di legare in ogni istante di vita, la grandezza delle cose del cielo alla misera quotidianità della terra.

La chiesa, così come l’intera opera che si riconosce nella Fondazione “Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime”, sarebbe stata mostrata con precisione a Natuzza da Maria stessa in una grande visione mistica avvenuta il 17 gennaio 1944 e così è stata realizzata in ogni dettaglio fra il 2002 e il 2016. L’apertura al culto di ieri, giunta dopo anni di attesa e di prova, è stata definita da monsignor Nostro «una giornata storica» per la quale ha appositamente scelto la data in cui si celebra la Trasfigurazione perché chiunque «uscendo da questa chiesa si senta chiamato a portare agli altri la luce del Cristo, che a volte si manifesta nella gloria del Tabor, a volte nella croce del Calvario. Quella croce in cui Gesù si mostra solidale con noi fino in fondo, ci resta accanto nel momento della debolezza, ci ama a qualunque costo non indietreggiando mai… Chi entra in questa chiesa disperato vada via con una speranza. Chi entra con domande trovi qui delle risposte». «Questa luogo – ha aggiunto – nasce dalla passione di Cristo, che Natuzza ha condiviso nella vita», come evidenzia anche il bel mosaico che orna l’aula principale realizzato da Operazione Mato Grosso, artisticamente molto vicina a Rupnik.

A concelebrare c’erano il vescovo di Cassano all’Jonio e vice- presidente della Cei Francesco Savino, l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e presidente della Conferenza episcopale calabra Fortunato Morrone; i vescovi di Catanzaro- Squillace Claudio Maniago, di San Marco Argentano- Scalea Leonardo Bonanno, di Lamezia Terme Serafino Parisi; l’arcivescovo emerito di Taranto, Benigno Papa, il vescovo emerito di Lamezia Terme Vincenzo Rimedio e il vescovo emerito di Ascoli Piceno Giovanni D’Ercole che di Natuzza era molto amico. Fra i presbiteri concelebranti anche padre Michele Cordiano, rettore della chiesa e figlio spirituale di Natuzza, e don Pasquale Barone per trent’anni parroco di Natuzza e, naturalmente, di Paravati. Presenti in chiesa anche numerose autorità civili e militari. Ad Avvenire don Barone ha raccontato quegli anni sottolineando che la prima ad accoglierlo in parrocchia fu proprio Natuzza, ma che sono stati necessari alcuni anni prima che in lui si sciogliesse ogni forma di diffidenza nei confronti dei doni mistici e spirituali di quella donna «umile e analfabeta eppure così straordinaria, ricca di fede e di opere». Oggi «la dedicazione segna il decollo di questa opera voluta dalla Madonna, destinata a diventare un fulcro di crescita spirituale, morale e sociale per il Meridione e per il mondo intero perché qui giungono persone da tutti i continenti e i cenacoli di preghiera dedicati al Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime sono in vari Paesi d’Europa e delle Americhe».

Sulla lunghezza d’onda e la spiritualità di Natuzza, padre Michele Cordiano afferma: «Si tratta di un evento che è di tutta la Chiesa. Oggi in questo luogo il cielo e la terra sono in profonda comunione. Credo proprio che i giorni più belli siano tutti davanti a noi». Finita la celebrazione, a precisa domanda monsignor Attilio Nostro ha ricordato il momento in cui, entrando in chiesa per la dedicazione, spingendo il portone d’ingresso, ha fortemente stretto fra le sue mani quelle di Gesù e di Natuzza scolpiti sulle ante in bronzo, quasi a voler unire le opere dell’uomo a quelle del cielo: «È la sintesi del mio impegno di vescovo mettermi come Natuzza nelle mani di Gesù affinché sia lui a guidare la diocesi e questa chiesa in particolare che è un bacio di Dio per questa terra. Il soffio dello Spirito… un bacio di mamma».

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