mercoledì 29 ottobre 2014
Nella Relatio finale tracce per la nuova pastorale. Le proposte di Piemonte, Veneto, Abruzzo e Sicilia.
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Non sappiamo cosa potrà succedere da qui all’ottobre 2015, quando il Sinodo sulla famiglia tornerà a riunirsi. Non sappiamo come e se i padri sinodali daranno concretezza e in quali termini alle riflessioni e agli auspici, sia quelli sintetizzati nella Relazione finale, sia a quelli emersi fuori e dentro l’aula sinodale. Una cosa appare però già certa fin d’ora. È cambiato l’atteggiamento, è cambiato il sentire profondo con cui la Chiesa si rivolge alla famiglia, alle sue fedeltà e alle sue fatiche. Le coppie impegnate da anni nella pastorale familiare guardano al cammino intrapreso con un sentimento in bilico tra speranza e commozione. La prima riguarda la possibilità che quanto condiviso fin d’ora in termini di accoglienza, di misericordia e di apertura non venga frenato da ostacoli imprevisti. La seconda scaturisce dal constatare come alcune scelte improntate alla prossimità e alla comprensione appaiono davvero segnate da quello spirito di famiglia che può contribuire a umanizzare la società e la Chiesa.  «Quella che sta capitando è davvero una svolta importante perché esprime la volontà da parte di tutta la Chiesa di schierarsi al fianco delle famiglie. Si è accesa una luce e adesso – affermano Anna e Dionisio Ulissi, responsabili regionali di pastorale familiare per l’Abruzzo-Molise –, tocca anche a noi tenerla accesa. È un nuovo inizio, non si potrà più tornare indietro. Un’esigenza di cambiamento che noi avvertiamo in particolare nel rapporto con i fidanzati. I giovani hanno bisogno di parole vere, di sentire che la Chiesa li ama e non li giudica, anche quando si fanno riflessioni impegnative come quella sulla castità. Se si parla in uno spirito di accoglienza e di fraternità portando l’esempio concreto della propria vita – spiegano gli incaricati abruzzesi – è possibile affrontare anche i temi più impegnativi». Di grande rilevanza, anche secondo Lorena e Pino Busacca, responsabili regionali per la pastorale familiare della Sicilia, gli aspetti positivi emersi dal Sinodo. A cominciare dal fatto che le famiglie sono state ascoltate direttamente, prima con il questionario poi con la partecipazione di una rappresentanza di coppie, direttamente protagoniste nell’Aula sinodale: «Ci è piaciuto che la relazione finale abbia subito chiarito i fondamenti biblici della famiglia ma che, allo stesso tempo, siano state aperte nuove prospettive pastorali. Il tema dell’omosessualità per esempio, pur nell’estrema sintesi, è stato trattato con delicatezza e, allo stesso tempo, con verità». Nell’analisi dei coniugi Busacca c’è però spazio anche per qualche delusione: «Non abbiamo letto nulla sul ruolo degli anziani che potrebbero invece essere una grande risorsa di esperienza e di saggezza anche per la pastorale familiare. Ci sembra giusto riconoscere il ruolo educativo svolto dai nonni. E poi, quando si parla di adozioni, perché non proporre come gesto di accoglienza anche quella di un anziano solo?». Un appunto arriva anche per il brevissimo accenno alle famiglie immigrate. «Qui in Sicilia, ma credo anche altrove, il problema si pone ogni giorno. Che tipo di annuncio va fatto nei loro confronti? Aprire le porte di casa va bene ma, crediamo, senza nascondere il Vangelo». Aspetti tutt’altro che trascurabili in vista dell’agenda 2015 che già s’annuncia foltissima. Ileana e Luca Carando, responsabili della commissione di pastorale familiare di Piemonte e Valle d’Aosta, sottolineano innanzi tutto il metodo positivo, di libertà e di rispetto reciproco, che ha improntato il dibattito sinodale. «Al di là del clima e degli aspetti positivi emersi e che sono indubitabili, a noi sarebbe piaciuto ascoltare riflessioni più articolate su due aspetti: la preparazione remota all’affettività e il rapporto sposi-presbiteri». Secondo i coniugi Carando la carenza nella preparazione alla vita coniugale sia nella pastorale giovanile, sia nei percorsi dei seminari potrebbe essere alla base di tante fragilità. «Oggi costruire l’identità della persona è fondamentale per scongiurare il rischio della crisi personale. In questa prospettiva il rapporto tra sposi e sacerdoti, anche in un rapporto di mutuo-aiuto, è di grande importanza. Purtroppo non se n’è parlato. Forse sarebbe il caso di pensarci in vista del prossimo Sinodo». «In ogni caso questo mutamento profondo di prospettive voluto da papa Francesco sarà positivo per tutti», ribadiscono Claudia e Renzo Boldrini, responsabili della commissione pastorale famiglia e vita del Triveneto. «La volontà di mettersi dalla parte delle persone più fragili non è mai mancata nelle nostre comunità, ma l’impulso dato dal Sinodo finirà per estendere e consolidare questo atteggiamento. Talvolta purtroppo – osservano – soprattutto quando si parla di temi delicati come il gender, l’omosessualità, oppure dei problemi che stanno alla base delle incomprensioni coniugali e che poi sfociano in separazioni e divorzi, manca la volontà di capire, di andare in profondità. Anche nelle nostre comunità il silenzio si accompagna troppo spesso al desiderio di 'rimanere in disparte'. Ma se come cristiani non ci interroghiamo anche sulle nostre responsabilità e non troviamo un olio più efficace e più benefico da versare su quelle ferite – concludono i coniugi Boldrini – rischiamo di venire meno al nostro mandato».
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