lunedì 3 ottobre 2016
Un domenicano celebra Messa per l'apertura della Congregazione generale dei gesuiti. È la prima volta nella storia
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In tempi di crisi, è ancora possibile l’audacia? A chiederlo ai 215 gesuiti riuniti per la loro 36ma Congregazione generale – quella chiamata ad eleggere il 30esimo successore di sant’Ignazio, è stato il francese padre Bruno Cadorè, maestro dell’ordine dei predicatori (più comunemente conosciuti come i domenicani ), celebrando domenica la Messa di apertura nella Chiesa del Gesù a Roma. Secondo una tradizione consolidata da secoli, il maestro dei domenicani è invitato a presiedere una sola Messa per i gesuiti: quella del funerale del loro generale, il cosiddetto “papa nero”. L’ultimo rito esequiale, celebrato proprio al Gesù di Roma, fu quello del preposito generale dei gesuiti (il secondo basco della Compagnia dopo Ignazio di Loyola) Pedro Arrupe nel febbraio del 1991 e a presiederlo fu l’allora maestro dei domenicani, l’irlandese Damian Byrne. In questo caso, e rappresenta una “novità” nella storia delle relazioni tra i due Ordini, il maestro dei domenicani è stato invitato a presiedere la celebrazione di apertura della Congregazione che accoglierà le dimissioni dell’attuale preposito generale della Compagnia Adolfo Nicolás Pachón (che ha rimesso il mandato al compimento degli 80 anni, il 29 aprile scorso). Alla Messa di domenica era presente tra gli altri, oltre al preposito generale Nicolás Pachón padre Federico Lombardi, già direttore della Sala stampa vaticana e assistente ad providentiam e consigliere generale per la Compagnia di Gesù. Durante l’Eucaristia svoltasi in un luogo simbolo per i gesuiti la loro “chiesa madre”- (dove riposano, tra l’altro, le spoglie del fondatore della Compagnia di Gesù sant’Ignazio di Loyola )- padre Bruno Cadoré, nella sua omelia ispirandosi alle letture del giorno, ha portato all’attenzione dei presenti la richiesta degli apostoli a Gesù: “Signore, aumenta in noi la fede”. Questo è l’atteggiamento da tenere all’inizio di questa Congregazione generale. E ha spiegato: «E’ necessaria, inoltre, perché si tratta di capire che, anche si mira all’incredibile, si tratta di osare dire: “Siamo soltanto servitori. Abbiamo fatto quel che dovevamo fare”. E ha osservato: «Un’assemblea come la vostra (…) si potrà certamente dedicare sia al compito di chiamare sempre la Compagnia ad osare l’audacia dell’”improbabile”, che alla volontà evangelica di farlo con l’umiltà di quelli che sanno che, in questo servizio in cui l’umano impegna tutta la sua energia, “tutto dipende da Dio”». Padre Cadoré nella sua articolata omelia si è soffermato sullo stile di vita e di annuncio di Ignazio. «L’audacia per puntare all’improbabile è stata la caratteristica di Ignazio – è stato il monito del domenicano - quando fondò la “minima Compagnia di Gesù”. E’ ancora possibile nel nostro tempo di crisi, mentre sperimentiamo la violenza in così tante forme? E’ possibile,- si è domandato ancora padre Cadoré rivolgendosi direttamente ai delegati della 36esima Congregazione - se quest’audacia di fare sentire tramite i vostri impegni, parole, solidarietà, la voce sempre inaspettata di Colui che spera nel mondo, rovescia la morte e stabilisce la vita, di Colui che cercate di glorificare». Alla fine, il superiore dei domenicani ha insistito sul fatto che la fede degli apostoli deve essere caratterizzata dall’audacia, simile a quella sperimentata «dall’umile servitore» e capace di offrire «una vita» veramente «donata per gli altri». «Che cosa serve esattamente? Una tavola, tavola dei peccatori, tavola dell’accoglienza di tutti – si è chiesto ancora - alla quale sono invitati i cechi e gli zoppi, farisei e pubblicani, adulteri e uomini di bene.  Il vostro fondatore, Ignazio, pregava così: "Signor Gesù, insegnaci ad essere generosi, ad amarti come lo meriti, a dare senza contare, combattere senza preoccuparci delle ferite, lavorare senza cercare il riposo, dedicarci senza aspettare altre ricompense di quella di sapere che facciamo la tua Santa volontà."  Non è questo un invito, ancora oggi, a metterci tutti al servizio di quella tavola?». I gesuiti e le dimissioni di un preposito generale Attualmente i gesuiti, il più grande istituto maschile della Chiesa Cattolica, è composto da 16.740 religiosi, divisi in 12mila presbiteri, 1300 fratelli, 2700 scolastici e 753 novizi. È la seconda volta nella plurisecolare storia della Compagnia di Gesù che una Congregazione - (i cui lavori si sono ufficialmente aperti oggi nella sede della Curia dei gesuiti a Roma) - è chiamata ad accogliere le dimissioni di un preposito generale, la cui carica secondo quanto prescrivono le Costituzioni ignaziane è a vita - (l’altro caso avvenne nel 2008 con la rinuncia dopo 25 anni di governo dell’olandese Peter Hans Kolvenbach al compimento degli 80 anni di età) e ad eleggere un nuovo superiore alla guida dell’Ordine. Il nuovo generale eletto sarà il 30esimo dopo Ignazio di Loyola.
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