mercoledì 21 ottobre 2020
Cinquant’anni fa Paolo VI proclamava dottore della Chiesa la santa senese, terziaria domenicana Semianalfabeta, ebbe un impatto unico sulla cristianità del ’300. La sua sapienza ha superato i secoli
La celebre “Estasi di santa Caterina da Siena” opera di Agostino Carracci

La celebre “Estasi di santa Caterina da Siena” opera di Agostino Carracci - /

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Era il 4 ottobre di cinquant’anni fa quando Paolo VI con la Lettera apostolicaMirabilis in Ecclesia Deus proclamava la terziaria domenicana santa Caterina da Siena dottore della Chiesa. Il dottorato di Caterina nel 1970 seguiva di soli sette giorni l’analogo riconoscimento attribuito alla carmelitana scalza santa Teresa d’Avila. Nei giorni scorsi, con una lettera indirizzata all’arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, Augusto Paolo Lojudice, papa Francesco ha voluto rievocare questo anniversario, soffermandosi sul significato del dottorato conferito alla penitente senese, una donna semplice, quasi analfabeta (ma non tanto come certi agiografi del passato ci hanno fatto credere!), spentasi a Roma nel 1380, a soli 33 anni, secondo la tradizione la stessa età di Gesù. Papa Bergoglio ha voluto ricordare le virtù di questa donna «forte nella fede, ferma nella speranza e ardente nella carità», che grazie al suo carisma riuscì a convincere papa Gregorio XI a lasciare la sede di Avignone, dove da circa settant’anni risiedeva la Curia papale, per fare ritorno a Roma nel 1377, perché la città di Pietro era il simbolo dell’universalità della Chiesa. Anche per questo Giovanni Paolo II aveva definito Caterina una «mistica della politica».


La lettera di papa Francesco all’arcivescovo Lojudice per l’anniversario: «Ardeva di carità»
Il domenicano padre Festa: «Visse nel mondo una vita di preghiera e apostolica dai tratti profetici»

Il domenicano padre Gianni Festa, postulatore generale dell’Ordine dei frati predicatori, sottolinea l’importanza di questo anniversario: «Papa Montini aveva pensato di assegnare a Caterina il titolo di dottore della Chiesa già dal 1967 e, tra gli esperti chiamati a dare un parere sull’opportunità e sul significato dell’originale iniziativa, un ruolo fondamentale nelle ricerche storiche necessarie ebbero i miei confratelli Tarcisio Piccari e Innocenzo Venchi, recentemente scomparso». Padre Festa richiama non solo i tratti biografici davvero unici della grande senese, ma anche la esemplarità della sua figura nel complesso universo della santità femminile domenicana: «In seno alla nostra famiglia religiosa Caterina fu la prima donna canonizzata, ma si trattava di una laica, di una “mantellata” che operò e visse nel mondo, in un connubio di vita di preghiera, mistica e apostolica con tratti profetici. Una figura, dunque, assai diversa dalla francescana Chiara di Assisi, che fu una monaca di clausura. Caterina rappresenta così quel modello di santità di “laica consacrata” che l’Ordine domenicano per circa tre secoli presentò come caratteristico della propria identità al femminile ».

E annota un particolare: «La prima claustrale domenicana a salire all’onore degli altari, ma solo nel 1726, sarà Agnese da Montepulciano, vissuta tra il 1268 e il 1317». Altro aspetto singolare messo in luce dallo studioso domenicano è il fatto che Caterina venne canonizzata nel 1461 grazie al forte impegno di un gruppo di frati domenicani riformatori. Tra questi si era particolarmente distinto Tommaso Caffarini da Siena. Il postulatore generale aggiunge peraltro che nella bolla di canonizzazione scritta personalmente da papa Pio II, il senese Enea Silvio Piccolomini, si trova una celebre definizione della figura di Caterina secondo la quale essa fu «più maestra che discepola ».

La finezza teologica di Caterina, il suo agire e parlare profetico nella Chiesa e nella società di allora, il suo profondo amore per «il dolce e passionato Gesù», «con il quale abitualmente interloquiva», parlano all’uomo e alla Chiesa di oggi. Padre Festa, a conferma del valore ecclesiale e riformatore della lezione cateriniana, ricorda che nel 1500 il grande umanista Aldo Manuzio stampò a Venezia il corpus delle lettere (a oggi 381) indirizzate ai grandi del mondo, dai Papi ai cardinali ai vescovi e ai re e ai principi, per chiedere con vigore profetico e autentica parresìa, una radicale conversione dei cuori e una vigorosa lotta alla corruzione. E aggiunge: «Nella prefazione l’editore spiegava le ragioni della pubblicazione: “Io stampo queste lettere perché oggi c’è bisogno della sua eredità per la riforma dei costumi della Chiesa attuale” ». Grande, dunque, il lascito di questa «fine teologa e maestra di dossologia », secondo la definizione che ne diede Yves Marie Congar. «Ella – è la riflessione finale di padre Festa – con la sua missione compiuta anche in nome delle visioni avute da Dio cercò, come ebbe a dire Giorgio La Pira, “di ricomporre l’equilibrio della cristianità del suo tempo”».


Copatrona d’Italia

Caterina da Siena, al secolo Caterina di Jacopo di Benincasa, nacque ventiquattresima di 25 figli il 24 marzo 1347.
Entrò fra le Terziarie domenicane, note come 'Mantellate' per il mantello nero che ne copriva la veste. Morì a Roma il 29 aprile 1380.
Venne canonizzata da Pio II nel 1461, nel 1970 a dispetto della poca cultura Paolo VI la dichiarò dottore della Chiesa. Una settimana dopo santa Teresa d’Avila, la prima a fregiarsi di tale titolo.

Santa Caterina da Siena è patrona d’Italia insieme a san Francesco d’Assisi nonché copatrona d’Europa.

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