venerdì 12 gennaio 2024
Dialogo e «sano realismo»: il segretario di Stato vaticano illustra la strategia della Santa Sede in un mondo sconvolto dai conflitti
Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano

Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano - Ansa

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La Santa Sede dialoga con tutti e, mantenendo sempre un «sano realismo», lavora incessantemente per far comprendere che la guerra «non è più uno strumento lecito dell’azione internazionale». Lo ha ribadito il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin parlando all’Accademia dei Lincei dove ieri mattina ha tenuto una conferenza sul tema “La Santa Sede e gli scenari di pace”. «Quando la Santa Sede è chiamata a dare il suo contributo rispetto a questioni internazionalmente rilevanti - ha spiegato il più stretto collaboratore di papa Francesco -, le stesse sono analizzate con un approccio “realistico” che consente di vivere le tensioni del negoziato con sano realismo, rifiutando logiche di chiusura - del tipo “o questo o niente” - ma mantenendo aperta la strada del “possibile”».

Tale metodo «a volte confonde quegli interlocutori intenti solo a circoscrivere le soluzioni nel perimetro di interessi particolari». Ma è proprio «questo sano realismo a produrre una volontà determinata, strutturata su valori fondamentali per orientare scelte e decisioni verso le reali esigenze di quanti sono coinvolti». Infatti «il realismo, e non il pragmatismo, è tra i motivi che spingono persone ed autorità di diversa fede religiosa, come pure quanti non credono, a guardare alla Santa Sede sorretti dalla volontà di un maggiore dialogo, di una più fluida comprensione tra posizioni contrapposte a tutto vantaggio del bene comune della famiglia umana». Per il porporato «il servizio alla pace comporta uno sforzo quotidiano per conoscere le situazioni, interpretarle e far comprendere che la guerra non è più uno strumento lecito dell’azione internazionale».

Citando in più importanti conflitti in atto - «dall’Ucraina alla Palestina, al Medio Oriente, al Myanmar, all’Etiopia, al Sudan, allo Yemen» - Parolin ha sottolineato che ci troviamo di fronte ad un «aumento delle vittime della guerra». E ad una crescente «abitudine a considerare il ricorso alle armi come parte del normale andamento dei rapporti internazionali», che «sfocia fino all’indifferenza, dimenticando che la guerra è stata espunta dai mezzi che rientrano nella disponibilità degli Stati per risolvere eventuali controversie o per imporre disegni egemoni». Ma è proprio di fronte a un tale quadro «che la diplomazia può manifestare tutto il suo peso e la sua capacità di porsi come efficace strumento di servizio alla causa della pace».

La presenza di Parolin ai Lincei, ha sottolineato il presidente Roberto Antonelli, è «un evento di importanza storica», perché «è la prima volta che un esponente di tanto rilievo nel governo della Santa Sede viene invitato a tenere una conferenza istituzionale». A margine dell’evento Parolin, interpellato dai giornalisti, ha spiegato che riguardo al conflitto israelo-palestinese «il Papa continua a ripetere i suoi appelli, speriamo prima o poi facciano breccia e poi c’è tutta un’attività diplomatica in maniera abbastanza discreta che si sta svolgendo per raggiungere obiettivi, quelli che richiamava anche il segretario di Stato americano Blinken e cioè la liberazione degli ostaggi, il cessate il fuoco, l’aiuto umanitario e l’avvio di una soluzione permanente e definitiva della problematica dei palestinesi».

A una domanda sulle accuse di genocidio a Israele dalla Corte internazionale dell’Aja, il cardinale ha reiterato la posizione classica della Santa Sede: «Riconoscere il diritto alla legittima difesa di Israele ma secondo il criterio della proporzionalità che vuol dire tenere conto dei civili… Bisogna avere la capacità di ritrovare il diritto umanitario internazionale».

Riguardo all’azione della Santa Sede per la pace in Ucraina Parolin ha detto: «Non c’è una attività direttamente intesa a far cessare la guerra, una attività di mediazione strettamente intesa, ma si vorrebbe, questa era l’idea che ha guidato la missione del cardinale Zuppi, creare condizioni di reciproca comprensione, reciproca intesa, che permettano di arrivare a un negoziato. Però personalmente vedo che siamo ancora lontani, mentre continua una carneficina».


E papa Francesco ai giovani del Toniolo: la diplomazia ha dimenticato la sua natura di risorsa per colmare il fossato tra le nazioni. E poi l’auspicio: da chi se non da cuori giovani e impavidi possono essere scritte pagine nuove di fraternità e di speranza

Di pace e diplomazia ha parlato anche papa Francesco ricevendo in udienza i partecipanti all’incontro promosso dalla “Toniolo young professional Association”. «Uno sguardo sull’oggi – ha detto il Pontefice- fa apparire lontana quell’aspirazione al bene, alla concordia, alla pacifica coesistenza tra i popoli di cui l’attività diplomatica è sempre stata veicolo».

«Eppure – ha aggiunto - tanta diplomazia sembra aver dimenticato la sua natura di risorsa chiamata a colmare il fossato sempre più profondo dei rapporti tra le nazioni». Francesco ha biasimato «questa politica – diciamo così – del distruggere, quella della guerra…». E rivolgendosi ai giovani papa Francesco ha concluso: «Facciamoci la domanda: dove sono le imprese audaci, le visioni ardite? E da chi possono venire, se non da cuori giovani e impavidi, che accolgono il bene dentro di sé e impugnano il Vangelo così com’è, per scrivere pagine nuove di fraternità e di speranza? Questo è il vostro mestiere, la vostra vocazione».



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