sabato 27 settembre 2014
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Si è aperto il processo di beatificazione di don Oreste Benzi, parroco della chiesa della Resurrezione per 32 anni e fondatore della comunità Papa Giovanni XXIII. «Don Oreste mai ha voluto salire in macchina con una donna, lo sanno tutti...». Nella parrocchia della Resurrezione a Rimini ieri, dove si è apriva il processo di beatificazione di don Oreste Benzi con la prima sessione pubblica, quella che dà il via all’ascolto dei testimoni, le parole della postulatrice, la teologa Elisabetta Casadei, sono state accolte dai fedeli con una risata: è vero, lo sanno tutti. «E ora proprio una donna lo accompagna agli onori dell’altare. È la sua carezza a tutte le donne...». Da lei il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, aveva ricevuto la richiesta formale di aprire la causa dopo un anno di ricerche sulla fama di santità del sacerdote, sostenuta dalle lettere di 9 cardinali, 52 vescovi italiani e stranieri, movimenti ecclesiali e naturalmente la Comunità Papa Giovanni XXIII da lui fondata. «Don Oreste non è ancora stato proclamato santo – ha detto Lambiasi –, ma è vissuto da santo, pur senza mai ritenersi tale. Al cardinale Caffarra che gli aveva espresso il mio stesso pensiero, don Oreste rispose: no, eminenza, io sono solo uno scarabocchio di Dio». Nei mesi scorsi i periti teologi hanno passato al vaglio la grande mole di scritti di don Benzi, ora saranno ascoltati almeno cento testimoni. Ieri hanno dunque giurato il giudice, don Giuseppe Tognacci, il promotore di giustizia (il cosiddetto avvocato del diavolo) padre Victorino Casas Llana, i notai, la postulatrice e lo stesso Lambiasi. Infine è stato rivelato il nome del primo testimone, don Romano Migani, anziano sacerdote fin dalle origini al suo fianco. «Per noi è una gioia immensa, perché questa causa viene a suffragare il desiderio di molti di conoscere la vita santa di un prete che si è strapazzato fino al tutto è compiuto, per portare il Vangelo ai più poveri», ha commentato commosso Paolo Ramonda, presidente della Papa Giovanni XXIII. Il processo ora continua a porte chiuse. L’appuntamento tra qualche anno è all’ultima sessione, di nuovo aperta al pubblico, quando tutto il materiale raccolto sarà inviato a Roma.
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