
I lavori del convegno nazionale a Bologna sui quarant’anni del sostentamento del clero - Unguendoli
Il tono è deciso e fermo, a ribadire una forte convinzione: «Come Cei siamo delusi dalla decisione del Governo di modificare in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8xmille di pertinenza dello Stato. Una decisione che va contro la logica pattizia dell’accordo, creando una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica sia le altre confessioni religiose firmatarie di intese con lo Stato». Ha tenuto a ribadirlo, il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, a Bologna in apertura del Convegno nazionale “1985-2025 – Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Istituto centrale per il Sostentamento del clero a quarant’anni dalla legge n. 222/1985 che ha riformato i rapporti tra Stato e Chiesa, superando il sistema della congrua e dei benefici ecclesiastici. Un segno dei problemi che, assieme ai tanti aspetti positivi, ancora affliggono questo sistema che - tutti i relatori lo hanno sottolineato - ha segnato una svolta epocale sia per la Chiesa sia per lo Stato e la società ecclesiale e civile.
Nella tavola rotonda moderata da Vincenzo Morgante, direttore di Tv2000 e InBlu2000 si è parlato anzitutto della storia dell’Accordo e successiva legge. Importante è stato il contributo di Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, che ha ricordato «il grande lavoro che fece in soli 6 mesi la Commissione paritetica, guidata dalla Cei e animata dall’allora monsignor Attilio Nicora, che creò il criterio della deduzione delle offerte liberali, cosa non consueta allora in Italia e la soluzione parallela dell’8xmille, che dà libertà ai cittadini anche al di là dell’appartenenza religiosa, non dà nessun aggravio per contribuenti e rende sovrana la comunità, che decide la ripartizione con la propria scelta». E l’arcivescovo Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei ha ricordato che «l’avvento della democrazia e gli insegnamenti del Concilio hanno portato a un sistema che funziona, tanto che è stato adottato anche in altri Stati. Un sistema che garantisce ciò che la Chiesa voleva e lo stesso Giovanni Paolo II sollecitò: un rapporto di mutua indipendenza e insieme di collaborazione con lo Stato». Un sistema, ha sottolineato ancora, che ha anche «corretto le disuguaglianze create dai benefici, che erano distribuiti in modo diseguale, e permise la nascita degli Istituti diocesani per il Sostentamento del clero».
Istituti il cui ruolo è stato sottolineato e ribadito da Luigi Testore, vescovo di Acqui e presidente dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero, che ha però anche sottolineato: «Il patrimonio di beni gestito dagli Istituti diocesani purtroppo è molto parcellizzato, e questo costituisce un limite, perché la gestione diventa complessa e difficile». «Oggi ci vuole più efficienza – ha affermato – occorre fare una revisione e un piano complessivo per trasformare il patrimonio in reddito. E questo può anche implicare, in alcuni casi, l’unificazione di diversi Istituti in un uno più grande». Un tema che aveva trattato anche Zuppi nella sua introduzione: «Occorre guadagnare in efficacia, guardare al futuro – aveva detto – e se è necessario per questo unire due o più Istituti, dobbiamo pensare che non ci perdiamo, anzi ci guadagniamo». E aveva anche insistito sulla trasparenza: «La Chiesa è una – ha ricordato –, veniamo giudicati insieme, ed è necessario amministrare bene anche perché ne va della nostra immagine».
Al vescovo Testore è stato affidato anche il compito di ricordare la figura del cardinale Attilio Nicora, presidente della Commissione paritetica che elaborò la struttura della legge del 1985, «che concepì come ponte fra tradizione ed esigenze dell’oggi. Sosteneva infatti che il sistema della “congrua” era ingiusto e inopportuno, e che d’altra parte era necessario togliere il controllo dello Stato sui beni ecclesiastici. E aveva chiaro anche quali sarebbero stati i nuovi impegni richiesti: corresponsabilità tra diocesi, trasparenza, raccolta costante dei dati». «Oggi alcune preoccupazioni rimangono – ha concluso – come il fatto che non tutti gli Istituti diocesani hanno ben gestito i loro patrimoni. Ma la legge dell’85 è un pilastro essenziale di nuovi rapporti tra Chiesa e istituzioni». Interessante il contributo di Giulio Tremonti, economista e presidente della Commissione Esteri della Camera, che ha presentato una sua proposta di legge: «Oggi c’è una massa crescente di ricchezza che è alla ricerca di un erede: propongo che siano esenti da tasse presenti e future i beni dati a enti benefici e il loro utilizzo».
La precisazione di Palazzo Chigi: il governo Meloni ha introdotto solo una mini-modifica
Sulla delusione della Cei sono intervenute a sera anche fonti di Palazzo Chigi: dalla Presidenza del Consiglio si è voluto ricordare che la modifica alla legge del 1985 «fu introdotta dalla maggioranza parlamentare che sosteneva il governo Conte 2», quindi quella fra M5s e Pd. Fu allora che s’introdusse, per chi destina allo Stato l’8xmille, la facoltà di scegliere fra 5 tipologie diverse d’intervento. «Nel 2023 il Governo Meloni - riprendono ancora le fonti di Palazzo Chigi - ha semplicemente inserito una sesta finalità», legata alle comunità di recupero dalle tossicodipendenze. In precedenza erano intervenuti a favore della linea Cei il leader di Iv, Matteo Renzi, ed esponenti del Pd come Stefano Lepri e Graziano Delrio. «Solidarietà a tutti i vescovi - aveva detto Renzi -. Togliere alla Chiesa quello che le spetta per il Concordato e farlo perché magari non si condivide la posizione della Cei sui migranti è l’ennesimo colpo di testa del duo Meloni-Mantovano». E per Lepri «non va bene» che il Governo «modifichi unilateralmente i campi d’attività dell’8xmille», specie dopo «aver tagliato i fondi al sociale».