Il cardinale Zuppi: riaccendere la passione di far comunità

di Giacomo Gambassi e Lorenzo Rosoli, inviati ad Assisi
Il presidente della Cei ha aperto ad Assisi l’Assemblea generale dei vescovi italiani: «La Chiesa non cerca il potere ma il bene dell’Italia. Il Vangelo non ha bisogno di chi lo protegga». L’invito a essere «Chiesa per tutti», l’eredità del Cammino sinodale, l’impegno per la pace
November 17, 2025
Il cardinale Zuppi: riaccendere la passione di far comunità
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre l'Assemblea generale dei vescovi italiani ad Assisi / SICILIANI
«La cristianità è finita». Il cardinale Matteo Zuppi lo ripete più volte davanti ai vescovi della Penisola. Oltre 270 riuniti ad Assisi per l’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana che giovedì verrà conclusa da Leone XIV. Il presidente della Cei parla dell’Italia, in particolare. Perché, dice, «la nostra società è cambiata: i vicini sono meno numerosi di un tempo, i lontani sono cresciuti». Vicini e lontani dalla fede e dalla Chiesa. «Ma questo non deve spaventarci», aggiunge subito il cardinale nella sala della Domus Pacis a Santa Maria degli Angeli. E da lui arriva l’invito a essere «costruttori di comunità». Soprattutto in un «tempo in cui la fede non è più data per scontata dal contesto sociale». E in un tempo dei «senza tetto spirituali», come li definisce Zuppi. Una «situazione di “vulnerabilità”» in cui, però, «la Chiesa riscopre la sua forza: non quella del potere, peraltro spesso presunto come le ricostruzioni sulla rilevanza della Chiesa, ma quella dell’amore che si dona senza paura», tiene a ribadire il cardinale. E fa sapere: «Se quindi la cristianità è finita, non lo è affatto il cristianesimo: ciò che tramonta è un ordine». Poi il monito: «Il Vangelo non ha bisogno di un mondo che lo protegga, ma di cuori che lo incarnino». E avverte chi vuole trascinare la Chiesa nella battaglia partitica: «Non abbiamo alcuna ambizione politica o di guadagnare posizioni di potere! Non dobbiamo compiacere alcuno né alcuna forza politica, né abbiamo alcun consenso da guadagnare. Possiamo solo chiedere tanto amore politico, specialmente a chi, si ispira alla bellissima e umanissima dottrina sociale della Chiesa. Ci anima, con tutti i nostri limiti personali, l’amore per il bene del popolo italiano, per il mondo tutto. La nostra unica ambizione – e Dio ci aiuti a realizzarla – è servire il Vangelo di Gesù tra questa gente. Questa è la nostra libertà: la dedizione al servizio della Chiesa e del popolo» italiano. Non solo. La Chiesa può «aiutare gli italiani a sentirsi meno polarizzati (il rischio della polarizzazione in tanti campi è stato più volte additato da papa Leone), meno isolati e soli, insomma più popolo».

Leone XIV con i vescovi e l’eredità del Cammino sinodale

Il presidente della Cei apre questo pomeriggio con la sua Introduzione la prima Assemblea generale dell’episcopato italiano – se si esclude quella di un solo giorno a giugno in occasione dell’udienza di Leone XIV alla Cei – del pontificato di Prevost. E il nuovo Papa la chiuderà con un suo intervento nella Basilica di Santa Maria Angeli. Sei mesi di pontificato durante i quali non ha ancora nominato in Italia alcun vescovo di prima nomina ma ha provveduto al trasferimento di un presule (Benoni Ambarus da Roma come ausiliare a Matera-Irsina e Tricarico) e a nominare titolare un coadiutore (Angelo Raffaele Panzetta a Lecce). Zuppi ringrazia Leone XIV per la sua presenza ad Assisi e ricorda «alcuni assi portanti» che il Papa ha già presentato alla Chiesa italiana: «la centralità dell’annuncio del Vangelo, l’unità della Chiesa, l’esercizio della collegialità nella sinodalità, la promozione di una pace “disarmata e disarmante” in un mondo che al contrario si esercita nella forza, riempie gli arsenali e svuota di conseguenza le scuole, gli ospedali, i granai; l’attenzione alla dignità della persona umana, dal suo inizio alla fine, tutta da amare, curare e custodire, sempre e per tutti». Temi che tornano anche nell’Introduzione del cardinale presidente. Non è un caso che Zuppi indichi già come «priorità» per la comunità ecclesiale della Penisola quella di «trasmettere la fede, renderla viva, attraente, farla scoprire nascosta nelle attese e nei desideri del cuore, aiutando a ritrovarne le parole e la prassi». Una bussola fra quelle che i vescovi italiani saranno chiamati a individuare fra le 124 proposte contenute del Documento di sintesi che raccoglie i quattro anni del Cammino sinodale italiano e che è stato approvato lo scorso 25 ottobre dall’Assemblea sinodale composta da oltre 800 delegati delle diocesi della Penisola.
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre l'Assemblea generale dei vescovi italiani ad Assisi / SICILIANI
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre l'Assemblea generale dei vescovi italiani ad Assisi / SICILIANI

Sinodalità e collegialità: le priorità pastorali da definire

Il testo finale del Cammino sinodale è al centro delle quattro giornate dei lavori Cei nella città di Francesco che si prepara a celebrare nel 2026 gli 800 anni della morte del santo. «Cari confratelli – afferma Zuppi –, ora tocca a noi! La collegialità che esprimiamo nella forma della nostra Conferenza episcopale ci chiede anzitutto di esercitare il nostro prezioso ministero in una Chiesa che è sinodale, costituita da un popolo nel quale si cammina insieme, tutti insieme. Del resto, immaginare il nostro ministero episcopale in senso collegiale come altra cosa o separato dalla sinodalità di tutta la Chiesa equivarrebbe a privare la comunione nelle nostre Chiese e tra le nostre Chiese di quella garanzia rappresentata dalla comunione episcopale». Sinodalità e collegialità, una accanto all’altra. Il cardinale spiega che «siamo chiamati ad assumere tutto il cammino che in questi anni le Chiese in Italia hanno compiuto per orientarne i passi futuri attraverso il nostro discernimento e le risoluzioni che riconosceremo come necessarie». Con un’avvertenza: «Possiamo sviluppare tecniche diverse, sempre più efficaci e al passo con i tempi, ma sempre a servizio dell’annuncio di una esperienza di fede già vissuta». E afferma: «Si apre una fase nuova che interpella in particolare noi pastori nell’esercizio della collegialità e in quel presiedere la comunione così decisivo perché la sinodalità diventi forma, stile, prassi per una missione più efficace nel mondo». Zuppi annuncia il gruppo di vescovi nominato dalla presidenza della Cei che, coadiuvato dagli organi statutari, contribuirà a scrivere gli orientamenti pastorali per i prossimi anni che saranno definiti nell’Assemblea generale di maggio 2026: il cardinale arcivescovo di Torino e Susa, Roberto Repole; l’arcivescovo di Firenze, Gherardo Gambelli; il vescovo di Patti, Guglielmo Giombanco; l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice; il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Andrea Migliavacca; e il vescovo di Treviso, Michele Tomasi. Poi il presidente anticipa che è «necessario avviare una riflessione sull’eventuale revisione dello stesso Statuto della Cei, per recepire in tempi rapidi quanto verrà indicato dal gruppo di lavoro istituito da papa Leone proprio sul tema “Lo statuto delle assemblee ecclesiali e dei Concili particolari”, nell’ambito della Segreteria generale del Sinodo».
L'apertura dell'Assemblea generale dei vescovi italiani ad Assisi / SICILIANI
L'apertura dell'Assemblea generale dei vescovi italiani ad Assisi / SICILIANI

La Chiesa per tutti: serve essere «costruttori di comunità»

È l’ora dei «costruttori di comunità», sprona Zuppi. E indica la rotta: «Noi siamo la Chiesa di tutti e vorremmo esserlo di più». Il presidente della Cei rilancia il ruolo delle parrocchie che «sono come la piazza della Chiesa» e che «devono sempre restare aperte a qualunque tipo di fedeli e a qualunque ricerca di Dio». Quindi aggiunge: «Non abbiamo timore della diversità se tutto avviene nella maternità della Chiesa e nella comunione». E avverte: «Fare di questo una priorità della nostra pastorale è in sintonia con le scelte sinodali». Inoltre è «il momento storico del “noi”, della vita assieme, come si vede anche dalla fragilità della famiglia e di tante realtà associate». Ed è un frangente che «richiede segni di rinnovata fraternità» mentre vengono rialzati i «muri di divisione in cui sperimentiamo atteggiamenti di chiusura e di esclusione spesso indirizzati verso gli ultimi, i poveri, i migranti, i carcerati».

L'impegno per i poveri e la pace

Il cardinale Zuppi richiama il primo documento magisteriale di Leone XIV: l’esortazione apostolica “Dilexi te” dedicata all’amore per i poveri. Il presidente della Cei invita a «recepire con grande attenzione» il testo in cui «rifluisce il messaggio di papa Francesco e la sapienza di Leone XIV, in una continuità profetica che è fondamentale per la comunione nella Chiesa e ne evidenzia l’essenza». Quindi dice che occorre «chiedere a tutti i cristiani di avere il coraggio di esigere un cambiamento di mentalità e una trasformazione di quelle che sono strutture di peccato». E sottolinea: «Immettersi nel fiume di vita che proviene dal riconoscimento di Cristo nei bisognosi ci porta anche, come Chiesa, a rivisitare, le nostre istituzioni, opere, strutture, associazioni per evitare un appiattimento su moduli umanitaristici o aziendali». 
Da Assisi, la città dell’«uomo della pace e della concordia evangelica», Zuppi pone l’attenzione sull’urgenza della pace come riferimento per la Chiesa italiana facendo propria un’altra indicazione di Leone XIV. «La pace parte da noi, dalle nostre scelte», chiarisce il cardinale. Cita Gaza, la Terra Santa e la «martoriata Ucraina» verso cui «non deve venire meno la nostra attenzione». Quindi ricorda che mercoledì i vescovi italiani terranno una veglia per la pace nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi. 
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre l'Assemblea generale dei vescovi italiani ad Assisi / SICILIANI
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, apre l'Assemblea generale dei vescovi italiani ad Assisi / SICILIANI

«Drammatica» la piaga degli abusi

Nell’agenza dell’Assemblea generale della Cei c’è anche la tutela dei minori e dei vulnerabili. Perché domani, 18 novembre, ricorre la quinta Giornata nazionale di preghiera «convintamente istituita dall’episcopato italiano per riconoscere gli errori compiuti e impegnarsi per ricucire le ferite di chi ha sofferto e soffre, a causa di abusi, e anche noi, insieme, celebreremo questa preghiera durante i Vespri», afferma Zuppi. Il presidente della Cei parla della «drammatica realtà degli abusi su cui non dobbiamo cessare di mantenere alta la guardia» e spiega che «non mancano le zone d’ombra e le resistenze». Ma tiene a evidenziare che «è stata fatta molta strada» per la prevenzione e la tutela: dalla rete dei servizi diocesani e dei centri d’ascolto per «chinarsi con umiltà ad ascoltare il dolore delle vittime» alla formazione di oltre 43mila persone. 

L'azione della Chiesa per il Mediterraneo e per l’Europa

Il cardinale presidente rilancia anche l’impegno della Chiesa italiana nel Mediterraneo sulla scia dei due incontri Cei “Mediterraneo frontiera di pace” che avevano riunito per la prima volta i vescovi delle diverse sponde nel 2020 e nel 2022.«Accogliendo l’invito di papa Leone XIV durante l’udienza al Consiglio dei giovani del Mediterraneo, vorremmo continuare questo percorso, dal valore emblematico che e si prefigge di contribuire a relazioni virtuose, all’abbraccio fra le generazioni, al dialogo tra le fedi. Un cammino in cui coinvolgersi come Chiesa, facendo al contempo appello a una pluralità di soggetti – città, università, organizzazioni non governative, espressioni delle tradizioni e delle culture – che abbiano a cuore, tutti insieme, la volontà di consegnare a questo nostro tempo un inequivocabile segnale di speranza». Infine il richiamo all’Europa. Il continente «rischia la periferizzazione o un’altra collocazione rispetto a Paesi emergenti o già emersi, ma anche rispetto al Nord America». Eppure, osserva Zuppi, «c’è un cattolicesimo europeo» e «abbiamo da dire che la persona umana, anche se fragile, debole, morente, nascituro, è centrale nel nostro umanesimo». Non un’Europa dell’economia e della finanza, ma delle donne e degli uomini.

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