“Sui passi di don Orione”, in un docufilm «l’asinello della Divina Provvidenza»

Disponibile online il racconto in 66 minuti della vita e dell'opera del santo che Giovanni Paolo II definì «stratega della carità». A Milano la prima con Delpini, Vieira, Navoni, Reichlin e Peloso
June 5, 2024
“Sui passi di don Orione”, in un docufilm «l’asinello della Divina Provvidenza»
Giovanni Paolo II, che lo proclamò santo il 16 maggio del 2004, lo definì «lo stratega della carità» e gli riconobbe «la tempra e il cuore dell’apostolo Paolo». Lui si considerava semplicemente «l’asinello della Divina Provvidenza». E riteneva una grazia l’essere nato povero. E ai poveri – di pane, di salute, di giustizia, di speranza – dedicò la vita intera. E la sua eredità più luminosa e feconda: la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Stiamo parlando di san Luigi Orione, sacerdote della diocesi di Tortona, nato a Pontecurone il 23 giugno 1872 e morto a Sanremo il 12 marzo 1940. A vent’anni dalla canonizzazione, ne ripercorre l’avventura umana e cristiana il docufilm “Sui passi di Don Orione. Alla scoperta della Divina Provvidenza”, presentato a Milano alla Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana.
Coprodotto dall’Associazione Cinema Cristiano e dall’Opera Don Orione, con la regia di Marco Finola e la sceneggiatura di don Flavio Peloso – superiore generale dell’Opera Don Orione dal 2004 al 2016, oggi postulatore generale – in 66 minuti il docufilm conduce sui passi del santo restituendo e mostrando luoghi, eventi, parole, pensieri e spiritualità di questo campione della carità. Già disponibile sul sito suipassididonorione.it si offre a tutti, a partire «dalle persone delle 34 nazioni in cui siamo presenti, che lo potranno vedere in italiano e tradotto nelle altre cinque lingue principali usate nelle comunità dell’Opera – inglese, francese, spagnolo, portoghese e polacco. Così la santità di vita di don Orione si potrà fare incontro a tutti, e tutti potremo metterci sui suoi passi», ha detto don Tarcisio Vieira, superiore generale dell’Opera, concludendo l’incontro svoltosi lunedì 3 giugno e moderato dalla giornalista Annamaria Braccini.
Ad aprirlo, un videomessaggio dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, che ha ricordato il legame di don Orione con il capoluogo lombardo – dove fondò il Piccolo Cottolengo Milanese, «patrimonio di fede e di carità di cui siamo custodi e responsabili», e dove i “fragili” – anziani, ammalati, poveri, persone con disabilità – sono accolti non con approccio assistenziale ma per «essere presenza costruttiva, sorriso, motivo di consolazione per quelli che stanno intorno». Ha approfondito questo legame con Milano e l’intreccio con la parabola biografica di altri santi – il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, Carlo Gnocchi, Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, e altri ancora – il prefetto dell’Ambrosiana, monsignor Marco Navoni. Bisogna «blindare» di chiese la periferia di Milano, ma bisogna che accanto a ogni chiesa sorgano opere di assistenza religiosa e civile, scrisse don Orione a un parroco milanese. Ecco: «culto e carità» è il binomio che fa sintesi della sua opera e che è cifra identificativa della spiritualità cristiana e cattolica, ha sottolineato Navoni. Quindi, introdotta dalle parole del regista Finola, la prima proiezione del docufilm – che riprende alcune sequenze di “Qualcosa di don Orione”, film del 1990 diretto da Marcello Siena su sceneggiatura di Ermanno Olmi e interpretato da Enrico Maria Salerno.
Tornate le luci in sala, ecco Massimo Reichlin, bioeticista, preside della Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, riflettere sulla «inattualità e la paradossale attualità di don Orione» rispetto ai suoi tempi, come pure rispetto ai nostri. Don Orione – ha ricordato Reichlin citando una lettera a Schuster – voleva accogliere tutti, a partire da quelli che la società scarta e rifiuta, e voleva che le porte della sua opera fossero aperte a tutti i sofferenti, qualsiasi fosse la loro religione e nazione. La sua visione, secondo cui non c’è vita che non sia segna d’essere vissuta, accolta, protetta, contraddiceva radicalmente la mentalità e la cultura eugenetiche e razziste diffuse in Europa e Nord America nei primi decenni del ’900 – fino al tragico culmine rappresentato dalla Germania nazista. Ma la sua difesa incondizionata della vita umana e della sua dignità contraddice anche un certo sentire culturale diffuso oggi. Don Orione è «inattuale e paradossalmente attuale» come lo sono «le voci profetiche che ci indicano un cammino diverso e più bello, e com’è inattuale Gesù col suo annuncio di una misericordia divina rivolta a tutti senza differenze», ha affermato Reichlin. Ebbene: «Don Orione ha fatto scoprire e sperimentare a molti la Divina Provvidenza – ha aggiunto don Peloso – e spero che anche oggi possa aiutare i poveri e gli affamati, della vita e di Dio, a scoprirla». Magari con l’aiuto di un film. Come questo.

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