Leone XIV ai giovani: c'è chi ha interesse a perpetuare i conflitti
Il Papa al Consiglio dei giovani del Mediterraneo: siete il segno di una generazione che non si volta dall'altra parte. L'orizzonte del credente è quello dell'accoglienza reciproca

È «un tempo dilaniato dai conflitti e dalla violenza» quello il mondo vive. Un tempo in cui «la corsa agli armamenti e la logica della sopraffazione hanno la meglio sul diritto internazionale e sul bene comune»; un frangente che vede la pace «sul tavolo dei leader delle nazioni» purtroppo «spesso ridotta a slogan»; uno snodo dove c’è «chi ha interesse nel perpetuarsi dei conflitti». Leone XIV sceglie trentacinque ragazzi di venti Paesi diversi per denunciare il clima bellicistico alimentato dai potenti della terra. Ragazzi che arrivano da tre continenti, Europa, Asia e Africa, e che formano il Consiglio dei giovani del Mediterraneo. È il laboratorio della fraternità promosso dalla Conferenza episcopale italiana che riunisce i rappresentanti, tutti under 30, delle Chiese affacciate sul grande mare.

Il Papa li riceve nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico. E li indica come «segno di una generazione che non accetta acriticamente quello che accade, che non si volta dall’altra parte, che non aspetta sia qualcun altro a fare il primo passo». Una gioventù «che immagina un futuro migliore e che ha scelto di mettersi in gioco per costruirlo». Il riflesso «di un mondo che non si arrende all’indifferenza e all’abitudine, ma si impegna e lavora per trasformare il male in bene». Come testimonia il cammino di due anni della consulta dove la fede si fa azione sociale e civica e dove il Vangelo si traduce in percorsi di dialogo, riconciliazione, solidarietà fra comunità, popoli e religioni.

Appuntamento, quello con Leone XIV, voluto dalla Cei. È la seconda volta che il nuovo Papa accoglie un invito dell’episcopato italiano: a giugno per l’udienza con i vescovi della Penisola; venerdì 5 settembre per il faccia a faccia con i protagonisti di una delle opere-segno ideate dalla Chiesa italiana. È il frutto dei due Incontri sul Mediterraneo che, prima, a Bari nel 2020 e, poi, a Firenze nel 2022 avevano riunito per la prima volta i vescovi dei Paesi affacciati sul mare. Il Pontefice ne elogia l’idea, capace di mostrare che «il “mare nostrum” può e deve essere luogo di incontro, crocevia di fraternità». E li rilancia affidandoli nelle mani della Cei: «Auguro che queste esperienze, promosse dalle Chiese in Italia, possano continuare come segni di speranza».

La riflessione di Leone XIV è monito e proposta. «Le religioni sono state e talvolta sono ancora strumentalizzate per giustificare la violenza e la lotta armata», mette in guardia. La mente va al Medio Oriente o all’invasione russa dell’Ucraina benedetta dal patriarcato di Mosca. «Noi – avverte il Pontefice – dobbiamo smentire con la vita queste forme di blasfemia, che oscurano il nome santo di Dio». Poi il richiamo a chi si dice cristiano: «L’orizzonte del credente non è quello dei muri e dei fili spinati, ma dell’accoglienza reciproca». Vale in Italia, in Europa, negli Stati Uniti. E ancora il Mediterraneo che è tenuto a essere «culla di vita e non tomba per i morti», sottolinea, facendo riecheggiare le tragedie delle migrazioni. Il Papa cita Giorgio La Pira e la «carica profetica», come la definisce, di una sua intuizione: «Era convinto che la pace nella regione del Mediterraneo sarebbe stata l’inizio e quasi la base della pace fra tutte le nazioni del mondo». Visione che «mantiene oggi tutta la sua forza», prosegue Leone XIV che chiama l’ex padre costituente e parlamentare Dc «sindaco di santa memoria», quasi a voler spronare il processo di beatificazione.

Di fronte a un crinale della storia che appare a tinte fosche, «non dobbiamo scoraggiarci, non dobbiamo rassegnarci», sollecita Leone XIV. E chiede un impegno dal basso: «Abbiamo bisogno di coltivare la pace nei nostri cuori e nelle nostre relazioni, di farla sbocciare nei gesti quotidiani, di essere motori di riconciliazione nelle nostre case, nelle comunità, negli ambienti di studio e di lavoro, nella Chiesa e tra le Chiese». Poi chiama in causa i giovani: «Con i vostri sogni e la vostra creatività, potete dare un contributo fondamentale. Ora, e non domani! Perché voi siete il presente della speranza». Quindi esorta: «Non abbiate paura: siate germogli di pace, là dove cresce il seme dell’odio e del risentimento; siate tessitori di unità là dove prevalgono la polarizzazione e l’inimicizia; siate voce di chi non ha voce per chiedere giustizia e dignità; siate luce e sale là dove si sta spegnendo la fiamma della fede e il gusto della vita».

Ad accompagnare il Consiglio è il segretario generale della Cei, l’arcivescovo Giuseppe Baturi, con il sottosegretario don Gianluca Marchetti. Prima dell’udienza Baturi guida il pellegrinaggio giubilare dei ragazzi attraverso la Porta Santa della Basilica Vaticana e fino alla tomba di Pietro. «Nel Mediterraneo – dice loro nella Messa che presiede fra le mura leonine – c’è un'ingiustizia che stiamo accettando come fosse normale. Ma noi cristiani crediamo che il male non è il destino del mondo. Qual è la nostra parte? Davanti a una porta, non possiamo stare sulla soglia. La decisione della fede dice che abbiamo una missione da svolgere: cambiare il mondo». E aggiunge: «Scegliere per Cristo significa essere segno di vera riconciliazione. E la Chiesa è strumento di unità e principio di rinnovamento».

L’udienza di venerdì 5 settembre chiude la riunione annuale del Consiglio: una settimana fra la Toscana e Roma, alla scuola del Giubileo della speranza, da cui sono scaturiti gemellaggi fra le sponde del Mediterraneo (come quello fra la diocesi di Brindisi e il vicariato apostolico di Beirut), itinerari di spiritualità, proposte di formazione, impegno comunitario, annuncio anche attraverso i social. A fianco dei giovani la rete “Mare nostrum”, formata da quattro realtà di Firenze – dove ha sede il Consiglio – cui la Chiesa italiana ha affidato il progetto: la Fondazione La Pira, l’Opera per la gioventù La Pira, il Centro internazionale studenti La Pira e la Fondazione Giovanni Paolo II, onlus per lo sviluppo e la cooperazione.
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