Il Papa ai consacrati: mettiamoci con Gesù in mezzo al suo popolo

Papa Francesco presiede la Messa nella festa della Presentazione del Signore, per XXI Giornata mondiale della vita consacrata.
February 1, 2017
Il Papa ai consacrati: mettiamoci con Gesù in mezzo al suo popolo
Papa Francesco celebra la Messa con i religiosi e le religiose degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (Tutte le foto sono di Siciliani)
Papa Francesco celebra la Messa con i religiosi e le religiose degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, nella festività della Presentazione del Signore che coincide con la XXI Giornata mondiale della Vita Consacrata. Quest'anno la Giornata acquisisce un particolare significato di ringraziamento e di preghiera per il dono delle vocazioni nella prospettiva del Sinodo del vescovi dedicato al tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.
Nella Basilica di San Pietro, il Papa era atteso dal “popolo” dei religiosi e delle religiose: la Messa è cominciata con la benedizione delle candele e la processione.
Al centro della liturgia odierna ci sono le figure di Simeone e Anna, che «illuminati dallo stesso Spirito riconobbero il Signore e pieni di gioia gli resero testimonianza».

«La speranza in Dio non delude mai»

«Il canto di Simeone è il canto dell’uomo credente che, alla fine dei suoi giorni, può affermare: è vero, la speranza in Dio non delude mai (cfr Rm 5,5), Egli non inganna. Simeone e Anna, nella vecchiaia, sono capaci di una nuova fecondità, e lo testimoniano cantando» ha sottolineato papa Francesco nell'omelia della Messa celebrata assieme ai consacrati.
«Simeone – ha fatto notare Francesco a proposito dell’episodio evangelico della presentazione di Gesù al tempo – non solo ha potuto vedere, ma ha avuto anche il privilegio di abbracciare la speranza sospirata, e questo lo fa esultare di gioia. Il suo cuore gioisce perché Dio abita in mezzo al suo popolo; lo sente carne della sua carne». Così, «l’incontro di Dio col suo popolo suscita la gioia e rinnova la speranza”. Simeone e Anna, nella vecchiaia, «sono capaci di una nuova fecondità, e lo testimoniano cantando», ha evidenziato il Papa. Ciò significa, ha spiegato, che “la vita merita di essere vissuta con speranza perché il Signore mantiene la sua promessa». Sarà lo stesso Gesù a “spiegare questa promessa nella sinagoga di Nazaret: i malati, i carcerati, quelli che sono soli, i poveri, gli anziani, i peccatori sono anch'essi invitati a intonare lo stesso canto di speranza. Gesù è con loro, è con noi».

«Sogno e profezia insieme» senza trasformarsi in «professionisti del sacro»

L'invito del Papa è ad accogliere «il sogno dei nostri padri per poter profetizzare oggi e ritrovare nuovamente ciò che un giorno ha infiammato il nostro cuore. Sogno e profezia insieme. Memoria di come sognarono i nostri anziani, i nostri padri e madri e coraggio per portare avanti, profeticamente, questo sogno».
Mantenere questo atteggiamento secondo papa Francesco preserva i religiosi «da una tentazione che può rendere sterile la nostra vita consacrata: la tentazione della sopravvivenza. Un male che può installarsi a poco a poco dentro di noi, in seno alle nostre comunità. L’atteggiamento di sopravvivenza ci fa diventare reazionari, paurosi, ci fa rinchiudere lentamente e silenziosamente nelle nostre case e nei nostri schemi. Ci proietta all’indietro, verso le gesta gloriose – ma passate – che, invece di suscitare la creatività profetica nata dai sogni dei nostri fondatori, cerca scorciatoie per sfuggire alle sfide che oggi bussano alle nostre porte».
E ancora il Papa si sofferma sulla
psicologia della sopravvivenza
che «toglie forza ai nostri carismi perché ci porta ad addomesticarli, a renderli “a portata di mano” ma privandoli di quella forza creativa che essi inaugurarono; fa sì che vogliamo proteggere spazi, edifici o strutture più che rendere possibili nuovi processi. La tentazione della sopravvivenza ci fa dimenticare la grazia, ci rende professionisti del sacro ma non padri, madri o fratelli della speranza che siamo stati chiamati a profetizzare. Questo clima di sopravvivenza inaridisce il cuore dei nostri anziani privandoli della capacità di sognare e, in tal modo, sterilizza la profezia che i più giovani sono chiamati ad annunciare e realizzare. In poche parole, la tentazione della sopravvivenza trasforma in pericolo, in minaccia, in tragedia ciò che il Signore ci presenta come un’opportunità per la missione».

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