Gorizia e Nova Gorica, città della riconciliazione oltre i rancori

di Giacomo Gambassi inviato a Gorizia
La Cei sceglie la terra fra Italia e Slovenia, un tempo divisa dal muro, per la preghiera della pace nel mondo. I testimoni: modello di abbraccio fra i popoli dopo guerre, nazionalismi e ideologie
September 22, 2025
Gorizia e Nova Gorica, città della riconciliazione oltre i rancori
Avvenire | I resti del muro in piazza Transalpina a Gorizia che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda
«Insieme in Europa». E poi una data: «1° maggio 2004». La targa in acciaio compare su ciò che resta del muro che aveva fatto di Gorizia la “piccola Berlino”. Tagliata a metà, fra le case e le vie, dalla cortina di ferro che per cinquantasette anni ha reciso la città e che di fatto ne ha creato due: Gorizia e Nova Gorica. La prima italiana, quindi occidentale. L’altra jugoslava, finita nell’orbita comunista. Rimangono solo due piccoli tratti della barriera concepita dagli Alleati all’indomani della fine della seconda Guerra mondiale, tra piazza Transalpina di Gorizia e la stazione ferroviaria di Nova Gorica. Un unico largo diviso in due dalla guerra fredda e dalla “linea del terrore” che separava non solo due Stati, ma anche due mondi
Piazza Transalpina a Gorizia e la stazione di Nova Gorica divise dalla cortina di ferra fra Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Museo Nova Gorica
Piazza Transalpina a Gorizia e la stazione di Nova Gorica divise dalla cortina di ferra fra Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Museo Nova Gorica
Ancora la frontiera attraversa la piazza. Ma a raccontarla non sono più le recinzioni, il filo spinato e le palizzate che sono caduti ventuno anni fa, ma un’impronta circolare al centro della piazza dove i turisti si fanno fotografare con un piede in Italia e uno in Slovenia. Poi le bandiere dei due Paesi, una accanto all’altra, insieme con quella dell’Ue. Proprio la Ue che è stata la leva della svolta: quando la Slovenia è entrata nell’Unione il 1° maggio 2004, è iniziato il percorso che nel 2007 l’avrebbe portata nello spazio Schengen e avrebbe consentito l’addio di controlli, dogane, permessi.
I turisti nel punto che divide Italia e Slovenia al centro di piazza Transalpina a Gorizia - Avvenire
I turisti nel punto che divide Italia e Slovenia al centro di piazza Transalpina a Gorizia - Avvenire
«Non solo libera circolazione, ma soprattutto pacificazione», spiega il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna. Così una terra che nell’ultimo secolo ha fatto i conti con il sangue versato nei due conflitti mondiali, le persecuzioni, le discriminazioni è oggi emblema di una riconciliazione possibile e reale. Tanto che Gorizia e Nova Gorica sono quest’anno un’unica Capitale europea della cultura: la prima Capitale transfrontaliera della cultura che ha come slogan Borderless (“Senza confini”). E martedì 23 settembre, lungo il confine-non confine di piazza Transalpina, che è stato l’icona di una realtà ferita, verranno portate le ferite dell’intera famiglia umana. A volere che giungessero fin qui sono stati i vescovi italiani che a Gorizia hanno riunito il Consiglio permanente della Cei e che si ritroveranno alle 20 di oggi con i vescovi di Slovenia e Croazia e con i giovani di vari Paesi per una veglia di preghiera durante la quale verrà lanciato un appello di pace per il mondo.
I resti del muro e il tracciato della cortina di ferra in piazza Transalpina a Gorizia che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Avvenire
I resti del muro e il tracciato della cortina di ferra in piazza Transalpina a Gorizia che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Avvenire
«Siamo un piccolo miracolo della storia - sostiene il sindaco -: un confine che è stato testimone di tragedie, odio e risentimenti è adesso invito alla coesione. Mostriamo che la fratellanza fra i popoli non è utopia, anche dove si sono avute profonde lacerazioni. E possiamo essere modello di una rivoluzione di pace da esportare nel pianeta». Non c’è una ricetta magica. Però c’è un “metodo Isonzo”. «Era un obbligo morale trasformare una frontiera chiusa in un’opportunità. E siamo partiti dal dolore - afferma il primo cittadino -. È il dolore che accomuna molto più della memoria che per certi versi resta divisa. Sono state riconosciute le sofferenze che ciascuno ha vissuto al di qua e al di là del confine. È una strada che può valere anche per Israele e Palestina oppure per Ucraina e Russia». Una pausa. «Ciò non significa dimenticare, ma curare le cicatrici. Un cammino tutt’altro che facile. Abbiamo ancora i “malpancisti” sia da una parte, sia dall’altra. Ci sono goriziani che mi dicono: “Sindaco, vergogna, lei sta svendendo la nostra italianità”. E il mio omologo di Nova Gorica si vede imputare la stessa accusa». Ci sarà anche Ziberna alla preghiera promossa dalla Cei; e avrà al suo fianco il primo cittadino della località “gemella”.
La recinzione esposta nel Museo di Nova Gorica che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Avvenire
La recinzione esposta nel Museo di Nova Gorica che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Avvenire
È stato un concentrato di tensioni quello che ha sperimentato nel Novecento il territorio isontino. Crocevia delle tre civiltà fondative d’Europa, latina, tedesca e slava, ha una ricchezza culturale condivisa rappresentata anche da quel plurilinguismo riassunto nella formula della “quattro lingue di Gorizia” (italiano, sloveno, friulano e tedesco) che uniscono un territorio che ben altro ha diviso. «La prima Guerra mondiale è stata una carneficina qui: moltissimi morti fra i militari ma soprattutto fra i civili. E l’esercito italiano considerato esercito d’occupazione dalla comunità slovena ma anche da parte di quella italiana», spiega Ivan Portelli, presidente dell’Istituto di storia sociale e religiosa di Gorizia. E subito fa sapere: «Guai a ritenere un conflitto un concentrato di atti di eroismo. Altrimenti si cade nell’esaltazione della lotta armata che, invece, tritura sempre l’uomo». La conclusione della Grande guerra ha segnato l’annessione della città all’Italia. «Poi il Fascismo ha comportato un’umiliazione pesante per la comunità slovena - prosegue lo storico -. E la seconda Guerra mondiale è stata un momento ancora più drammatico: basti ricordare le azioni comuniste di Tito contro la componente italiana». Il parco della Rimembranza nel cuore di Gorizia rende omaggio ai 665 «fratelli deportati in Jugoslavia», si legge nel monumento commemorativo.
Piazza Transalpina a Gorizia dove passava il muro che divideva Italia e Slovenia e dove oggi resta il confine fra i due Stati - Avvenire
Piazza Transalpina a Gorizia dove passava il muro che divideva Italia e Slovenia e dove oggi resta il confine fra i due Stati - Avvenire
«Siamo stati travolti dai nazionalismi, dalle tempeste bellicistiche e dalle ideologie», sottolinea il sindaco. Ed è un monito contro le atrocità ideologiche quello che giunge anche da qui. «In nome delle idee - osserva Portelli - sono state perpetrate efferatezze che hanno visto italiani contro sloveni, sloveni contro italiani; ma anche italiani contro italiani e sloveni contro sloveni. Come le azioni dei fascisti italiani contro gli antifascisti italiani; o i raid dei partigiani comunisti sloveni, anche dopo la fine della guerra, contro gli sloveni che non si riconoscevano nella matrice comunista: ad esempio, i cattolici». Poi ecco il muro-confine. «Uno strappo pesante», lo definisce il presidente dell’Istituto di storia sociale.
I resti del muro in piazza Transalpina a Gorizia che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Avvenire
I resti del muro in piazza Transalpina a Gorizia che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Avvenire
Però c’è stata la forza di voltare pagina. «Riconciliarsi vuol dire essere consapevoli degli errori fatti e delle umiliazioni reciprocamente compiute. E necessita che le differenze siano considerate una ricchezza e non un ostacolo all’interno di un territorio che è sempre stato unitario». A fare da ponte ha contribuito e continua a contribuire la Chiesa. «La comunità ecclesiale ha assunto storicamente un approccio super partes - conclude Portelli -. E, al tempo stesso, è riuscita a sostenere le legittime richieste che venivano dalle diverse comunità. Certo, i vescovi hanno anche denunciato l’esasperazione del sentimento nazionale. Ecco la profezia della Chiesa: unire l’uomo oltre le frontiere, valorizzando le identità dei popoli».
Nel 2004 l'abbattimento del muro in piazza Transalpina a Gorizia che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Museo Nova Gorica
Nel 2004 l'abbattimento del muro in piazza Transalpina a Gorizia che divideva Italia e Slovenia durante la guerra fredda - Museo Nova Gorica

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