mercoledì 21 dicembre 2016
Il Natale di Gesù è la fonte della speranza cristiana. Il teologo luterano Bonhoeffer, ucciso in un lager nazista, ci ricorda che Cristo viene ovunque, anche nei luoghi della disperazione più cupa.
Lorenzo Lotto, "Sacra Famiglia, angeli e santi"

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Il Natale dietro le sbarre

Natale è anche l’occasione per ricordare chi lo passerà nella tristezza e nella sofferenza. I feriti dalla storia e dalla malattia, chi ha perduto una persona cara, chi paga le divisioni familiari, chi è detenuto. Il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer pagò con la vita il suo no al nazismo in nome del Vangelo. Fu impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945, pochi giorni prima della fine della guerra, a 39 anni. Così nelle “Lettere dal carcere” spiegava il senso del Natale cristiano vissuto dietro le sbarre.

Dove la festa è più vera

Da un punto di vista cristiano, non può essere un problema particolare trascorrere un Natale nella cella di una prigione. Molti in questo carcere celebreranno probabilmente un Natale più ricco di significato e più autentico di quanto non avvenga dove di questa festa non si conserva altro che il nome. Un prigioniero capisce meglio di chiunque altro che miseria, sofferenza, povertà, solitudine, mancanza di aiuto e colpa hanno agli occhi di Dio un significato completamente diverso che nel giudizio degli uomini; che Dio si volge proprio verso coloro da cui gli uomini sono soliti distogliersi; che Cristo nacque in una stalla perché non aveva trovato posto nell'albergo; tutto questo per un prigioniero è veramente un lieto annuncio. Credendo questo, sa di essere inserito nella comunità dei cristiani che supera qualsiasi limite spaziale e temporale e le mura della prigione perdono la loro importanza.

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