Volenterosi al lavoro su garanzie Il Consiglio Ue: ok a idea Meloni

Starmer alla call della coalizione: presto i team militari dei Paesi membri voleranno in Usa per studiare i piani per la difesa di Kiev. Costa: c’è un’«accelerazione»
August 18, 2025
Volenterosi al lavoro su garanzie Il Consiglio Ue: ok a idea Meloni
ANSA |
Neanche il tempo di “digerire” gli esiti del vertice di Washington che l’Unione Europea si butta a capofitto sull’unico vero traguardo raggiunto alla Casa Bianca: l’apertura americana (e di Putin) sulle garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina invasa.
Il plauso alla concessione di Trump è stato il leit motiv del Consiglio Europeo in video conferenza convocato dal presidente portoghese Antonio Costa mentre erano ancora in corso gli incontri allo Studio ovale. E poi anche del nuovo summit dei Volenterosi (anche questo in remoto) presieduto ieri mattina dal leader britannico Keir Starmer e dal presidente francese Emmanuel Macron, appena rientrati. I leader europei hanno fretta di concretizzare e, al termine dell’assemblea, lo staff di Downing street ha fatto sapere che i team militari della coalizione si incontreranno a breve negli Usa con le loro controparti per chiarirsi le idee e discutere le possibili strategie a tutela di Kiev. Piani che contemplano anche «l'invio di una forza di rassicurazione» una volta terminato il conflitto. Londra ha già spedito a Washington il capo delle forze armate e oggi si vedranno i capi di Stato maggiore della Difesa delle 32 nazioni alleate. Starmer ha dettato la linea. Il premier inglese ha celebrato il «senso di unità» tra i Paesi della coalizione, cementato dall’obiettivo comune «di garantire una pace giusta e duratura per l'Ucraina». Poi ha promesso che la pressione su Mosca aumenterà, «anche attraverso sanzioni» e almeno «finché Putin non si dimostrerà pronto a intraprendere azioni concrete per porre fine alla sua invasione illegale».
Anche Costa si è rallegrato per «l’accelerazione» del processo diplomatico e per la disponibilità di Trump a «partecipare allo sforzo» per la sicurezza dell’Ucraina, chiarendo che la priorità resta quella di «fermare le uccisioni»: che questo avvenga con un cessate il fuoco piuttosto che con una tregua «è secondario». Lo stesso presidente del Consiglio Europeo ha sentito anche Zelensky per ragguagliarlo sulle conclusioni dei due incontri. Il leader ucraino, da parte sua, ha ringraziato «Antonio» per «l’incrollabile sostegno» alla causa ucraina e chiesto ai 27 di marciare uniti anche per il percorso di adesione di Kiev all’Ue.
Non tutti, però, si muovono nella stessa direzione. Per l’ungherese Viktor Orbán «l'appartenenza dell'Ucraina all'Ue non offre alcuna garanzia di sicurezza» e collegarla alle garanzie militari «è inutile e pericoloso». Dubbi anche da parte del premier slovacco, Robert Fico, che ha palesato la sua contrarietà al piano per la fornitura di armi americane da 100 miliardi di dollari in cambio del sostegno Usa: «Nemmeno nei miei sogni più sfrenati posso immaginare la Slovacchia che compra armi dagli Usa per poi inviarle gratis sul campo di battaglia in Ucraina». Poi ha tirato in ballo il nodo dei territori e non ha lasciato molto spazio all’immaginazione: «Senza una discussione sui cambiamenti territoriali in Ucraina, non possono essere fatti progressi».
In molti rimangono scettici nei confronti di Putin. Tra questi il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares, che ha partecipato al posto del premier Sanchez: «Dobbiamo sapere che credibilità possiamo dare ai “desideri” di pace della Russia, finora uguali a zero». Ma anche la rappresentante Ue per la politica estera, Kaia Kallas, si è detta convinta che lo zar «non può essere considerato affidabile nel mantenere alcun impegno» e che, pertanto, «le garanzie di sicurezza devono essere solide e credibili a sufficienza, da dissuadere la Russia dal riorganizzarsi e attaccare nuovamente».
AL DRAGO
AL DRAGO
Giorgia Meloni invece si è ritenuta soddisfatta, ora che anche Costa si è convinto della necessità di «mettere in campo una garanzia simile all’articolo 5 della Nato», la proposta da tempo avanzata da Roma per un impegno alla difesa di Kiev senza l’ingresso formale dell’Ucraina nell’Alleanza e che per Palazzo Chigi dovrebbe prendere la forma di un trattato fra Stati. Una strada che lo stesso Putin (forse) sarebbe disposto ad accogliere, di sicuro più dell’alternativa caldeggiata da Macron e Starmer (l’invio di truppe europee). Trump, peraltro, è tornato a ripetere che gli States non manderanno uomini e la stessa premier continua a nutrire forti dubbi sull’ipotesi. Ma se davvero la ricetta di Palazzo Chigi sarà quella ritenuta più valida, Meloni (che alla luce degli sviluppi della situazione sta valutando se annullare il prossimo lungo viaggio programmato in Asia) avrà un’arma non da poco da brandire anche contro i detrattori in Italia.

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