Un'ora al giorno, da giugno: il sit-in silenzioso per Gaza in Piazza Duomo

Un gruppo di cittadini pacifisti si riunisce quotidianamente, dalle 18.30 alle 19.30. Con i cartelli in mano, prende posizione contro il massacro e raccoglie le domande dei curiosi. Ecco chi sono
August 5, 2025
Un'ora al giorno, da giugno: il sit-in silenzioso per Gaza in Piazza Duomo
Da più di 50 giorni un gruppo di cittadini e attivisti si riunisce quotidianamente per un’ora, dalle 18:30 alle 19:30, davanti al Duomo di Milano. Stanno lì pressoché in silenzio. In mano cartelli in più lingue per chiedere la fine di ogni violenza e sofferenza a Gaza. «Abbiamo iniziato il 16 giugno in una quindicina, disposti in una fila, e ora nei momenti di picco arriviamo a più di 70, messi in due file», racconta ad Avvenire Andrea De Lotto un 60enne, maestro elementare di Milano, da sempre attivo in varie iniziative contro la guerra e, dal 7 ottobre in particolare, per la causa palestinese.
L’ultima idea di Andrea, condivisa con altri attivisti, è stata appunto quella del presidio silenzioso e pacifico per «trasmettere l’angoscia e la speranza, nel delirio in cui siamo immersi», consapevole che «è solo una goccia, ma si unisce ad altre gocce». L’alternativa sarebbe «restare sul divano, sentire le notizie alla radio o alla televisione e insieme quella sensazione di non poter fare nulla. Quello che facciamo è fondamentalmente un modo per far sopravvivere noi, che stiamo qui, a tutto questo, un modo per dare fiato anche a coloro che passano», spiega. Così cittadini e attivisti si alternano in questa staffetta silenziosa sperando quanto meno «che un giorno, quando ci chiederanno “cosa avete fatto” potremo rispondere, citando per esempio questa iniziativa, che non è il massimo che si può fare per i palestinesi, ma per noi è il minimo». Ognuno dà quello che può: c’è chi va lì per un’ora e chi tutti i giorni, ma anche nel periodo delle vacanze agostane stanno garantendo il loro presidio quotidiano. Sono lì in silenzio, ma sempre disposti a parlare con tutti coloro che si avvicinano. L’iniziativa finora si è svolta pacificamente, incuriosendo diversi passanti. E sono molti i turisti che in questi giorni si sono fermati lì: chi per fare una foto o un video, chi per porgere una domanda, chi per portare una bottiglietta d’acqua agli attivisti sotto il sole cocente. «La maggior parte delle persone ci ringrazia, alcuni ci chiedono un cartello e per un po’ si uniscono a noi, ma certo c’è stato anche chi ci ha insultato oppure ha difeso Israele e il suo esercito», conclude l’insegnante.
Insieme ad Andrea in tanti hanno sfidato il caldo, e non solo, per “esserci” con la propria presenza. Chi sono e cosa li motiva? Alcuni di loro sono attivisti di lungo corso, ma non vanno lì con bandiere di associazioni, bensì in veste di cittadini. Ad accomunarli è il pacifismo. Anche Laura Davì – 60enne che nella vita fa la photo editor – da quando si è ripresa da un infortunio sta partecipando al presidio in Piazza Duomo. Come ad Andrea, le è capitato che «una ragazza ebrea mi si è avvicinata e ha commentato il mio cartello con scritto “stop genocidio”, mostrandomi foto degli ostaggi denutriti, dicendomi che in Israele ci sono musulmani e moschee. Io ho provato ad accogliere e ad allargare il suo sguardo anche verso i bambini denutriti di Gaza, per esempio». Nonostante la normale tensione che si crea quando idee così distanti si incontrano, è stato uno di quei momenti che Laura ricorda in modo positivo: «Si è creato un dialogo con altri passanti ed è stato bello vedere questo coinvolgimento. Capisco che in questo momento ci sono anche le vittime della propaganda del governo israeliano e per me la cosa importante è mantenere comunque il rispetto nei confronti dell’altro». E soprattutto in altri momenti, però, che Laura e gli altri trovano il senso e la motivazione profonda di scendere in piazza: «L’altro giorno tre donne col velo hanno attraversato tutte le nostre file leggendo in silenzio i cartelli. Appena hanno letto il mio, una riflessione su quando i bambini di Gaza torneranno a giocare, una di loro è scoppiata a piangere e ci siamo abbracciate. Erano tutte e tre di Gaza. In queste occasioni, ti rendi conto dell’impatto concreto che questo piccolo gesto può avere per le persone».
Tra i cittadini che sono scesi in piazza c’è poi Franco Castoldi, un pensionato di 71 anni che «fin dai tempi della guerra in Vietnam ho maturato una volontà di Pace e salvaguardia dei diritti umani per tutti i popoli» e «ho scoperto il presidio silenzioso per Gaza e la Palestina casualmente, passando per piazza Duomo». Da allora, quando può Franco va lì «con il mio corpo», insieme agli altri. Gli incontri che gli restano di questa esperienza sono tanti: «Una sera si è avvicinata una donna col velo insieme ai tre figli di diversa età e ciascuno dei figli a turno si è messo con un cartello nella fila per farsi fotografare. Gli sguardi delle persone che ci ringraziano mi commuovono sempre».
Insieme a Franco e gli altri cittadini, a provare a rompere l’indifferenza c’è poi Miriam Garavaglia, ex docente di 78 anni, che dal 16 giugno è riuscita ad andare quasi tutti i giorni: «È faticoso, ma mi sono conquistata i 30 centimetri di ombra di un lampione e, bagnando la testa, resisto». Da volontaria, in passato, è stata più volte in Palestina e pure a Gaza, facendo sempre interposizione non violenta. Oggi, come allora, scende in piazza per fare la sua parte, consapevole di alcune distanze difficili da colmare: «Ieri un giovane uomo si è unito per un po’al nostro gruppo con un cartello. Abbiamo scoperto che è arrivato da poco da Gaza. Stava visibilmente male, a un certo punto si è piegato a piangere, non ce la faceva più. In quel momento ho pensato a quanto è difficile riuscire a farsi carico collettivamente del suo dolore personale».
Anche Claudio Moratto, pensionato di 68 anni, sta andando quasi tutti i giorni e ammette che «certo, si fa fatica a stare lì fermi sotto il sole, ma è molta di più quella che fanno sotto le bombe le persone di Gaza». Dal piccolo presidio, che cresce ogni giorno di più, Claudio spera che si arrivi «ai piani alti» per smuovere qualcosa. Nonostante all’interno del gruppo ci siano anche idee che si scontrino radicalmente con quelle pro-Israele, «ci siamo dati l’ordine di provare a non rispondere alle provocazioni, anche se a volte è complicato». Claudio spesso in questi presidi sventola la bandiera della Palestina e «un giorno un uomo ha provato a sputarci sopra», per fare un esempio. Come tutti, però, gli capita di portare anche un cartello con frasi che hanno l’intento di non essere aggressive e di far riflettere usando una chiave poetica: «Su un cartello, parafrasando De Andrè, abbiamo scritto “Anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti”. È così che ci sentiamo e per questo ogni giorno continueremo a scendere in piazza. Perché vogliamo dire basta a questa violenza inaudita».
Che andando in piazza prima o poi qualcuno li ascolti è infine la speranza di Grazia Fecchio, 79 anni, che promette di andare avanti a oltranza anche ad agosto. «Da nonna e da madre mi immedesimo in quelle donne palestinesi. Come ho detto ai miei nipoti, per spiegare la mia scelta, la domanda è “come possiamo permettere tutto quello che sta accadendo a Gaza senza muoverci?”. Loro mi dicono “brava nonna” e credo sia già qualcosa. Molti mi dicono che tutto questo non serve a niente. È un dubbio che ho anch’io, però, intanto ci provo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA