Una laurea per Sediqa, la rifugiata afghana che sogna la libertà per tutte

La giovane sfuggita alla violenza dei taleban ha fondato due associazioni di solidarietà in Italia e una piattaforma che offre opportunità di lavoro online alle ragazze rimaste nell'Emirato
August 1, 2025
Una laurea per Sediqa, la rifugiata afghana che sogna la libertà per tutte
. | Sediqa Sharifi
Sediqa Sharifi è nata a Daykundi, nel cuore dell’Afghanistan, nel primo periodo del regime talebano. Lei era ancora piccola e non poteva rendersi conto delle gravi limitazioni a cui erano sottoposte le donne: non potevano uscire da sole, non potevano studiare, non potevano ascoltare musica, non potevano ballare e nemmeno lavorare fuori casa.
Fortunatamente il regime è caduto nel 2001, così lei ha potuto iniziare a studiare. La sua regione era famosa per due motivi: le coltivazioni di mandorli e di meli, ma dalla caduta dei talebani si era aggiunto un terzo motivo, la passione per lo studio di numerosissimi giovani, ragazzi e ragazze, che sfidavano tutto pur di accedere agli studi universitari: il fondamentalismo della società, il maschilismo di molte famiglie, poi il Covid che non ha permesso loro di sostenere gli esami nelle aule, per cui si sedevano nel periodo del rischio del contagio per terra, distanziati sotto il sole cocente per gli esami di ammissione. Avevano in comune un grande sogno, quello di studiare e prepararsi con serietà a migliorare la loro società.
Sediqa da piccola aveva un sogno fantastico che le faceva immaginare una vita nuova e diversa anche mentre stava con i suoi famigliari: la sua mente era oltre, viaggiava. Ha iniziato il suo percorso di studio a Daykundi, ma poi la famiglia si è trasferita a Herat dove ha continuato a frequentare le superiori. Era una studentessa del penultimo anno delle superiori quando ha fondato un’associazione per aiutare donne e bambine, ma soprattutto quelle orfane. Via via i bambini sono aumentati arrivando al numero di 60. Quando ha terminato le superiori con l’incoraggiamento della famiglia ha deciso di trasferirsi a Kabul, dove già il fratello studiava sociologia, per intraprendere gli studi universitari, prima seguendo informatica e poi la facoltà di economia. Non aveva una famiglia ricca, ha dovuto alternare lo studio con dei lavori per mantenersi. La sua vita era straordinariamente intensa: la giornata comprendeva studio, lavoro, palestra, volontariato con i bambini e le donne, attività di sensibilizzazione tra studenti e studentesse universitarie, a partire dall’aula delle lezioni, dove cercava di rimescolare i posti, in modo che maschi e femmine non fossero separati.
È riuscita a laurearsi in economia con un percorso quadriennale iniziando subito dopo a lavorare, prima all’Ambasciata della Turchia a Kabul, in seguito all’Ufficio della presidenza della Repubblica afghana, nel settore che riguardava i rapporti tra il presidente, i ministeri e i media. Era la realizzazione di un grande sogno, il suo, ottenuto con tanti sacrifici, fatiche, cercando insieme al fratello di aiutare la famiglia, le altre sorelle che stavano studiando, perché anche loro concretizzassero i loro ideali.
Mai avrebbe pensato che dì li a poco tutto si sarebbe sgretolato con il ritorno al potere dei talebani 4 anni fa. In quei giorni la vita di chi faceva un lavoro in quell’ambito era in estremo pericolo. Due giorni prima che cadesse Kabul, lei aveva telefonato ai suoi famigliari a Herat ancora lì residenti, in pericolo soprattutto le due sorelle di 19 e 17 anni, chiedendo loro di prendere il primo volo per raggiungerla a Kabul. Loro sono riuscite a partire, arrivando a Kabul, ma ancora non c’era la sensazione che i talebani arrivassero così presto nella capitale. Invece tutto il è precipitato in breve. Era la mattina del 15 agosto 2021 quando lei stava per arrivare in taxi all’Ufficio di presidenza per il suo lavoro, ha notato intorno al palazzo presidenziale tanta confusione, così ha chiesto al taxista di tornare indietro. Dalla tv, attraverso Al Jazira ha capito che il palazzo era nelle mani dei talebani. In quel momento con le lacrime agli occhi ha contattato tutte le persone e organizzazioni che conosceva perché aiutassero a salvare lei, le tre sorelle e il fratello. L’Ambasciata turca con cui aveva lavorato le ha dato una mano fornendo loro un lasciapassare per entrare in aeroporto, dove sono corsi in mezzo a una marea umana di disperati, donne con i bambini che piangevano; tutti correvano qua e là, come se sfuggissero a un mostro che li voleva divorare.
Una volta entrati nell’aeroporto sono saliti su un volo che li ha portati in Italia. La sua vita qui è iniziata a Genova, dove ha percorso i primi passi di integrazione; poi con una borsa di studio a Bologna dove si è iscritta al percorso per la laurea magistrale in economia. Anche qui è diventata attivista, cofondando due associazioni: “Associazione di solidarietà donne per le donne” di cui è vicepresidente; “Associazione comunità afghana di Bologna Ceragh” (che vuol dire luce).
Nell’aprile di quest’ anno ha cofondato una piattaforma che mette in contatto le ragazze e donne che vivono ancora in Afghanistan sotto il regime talebano con aziende europee disposte a offrire loro un lavoro online. È un modo per dare speranza a tante donne e ragazze e farle uscire dalla solitudine, dalla depressione, dalla miseria, dalla disperazione.
Nell’ultima settimana di luglio Sediqa Sharifi si è laureata a Bologna in International Management. La sua felicità con la corona d’alloro sul capo, mista a malinconia, la si legge dalla sua espressione: è un riscatto non solo per sé stessa, ma per tante ragazze del suo Paese, ancora oppresse, ma che con lei possono ancora sperare. Ora che è libera, sogna la libertà anche per le altre donne e i giovani del suo Paese.

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