Un premio alle donne tessitrici di speranza nel mondo
Nella Giornata mondiale dei diritti umani, Caritas Internationalis annuncia i 6 progetti vincitori del “Women Weavers of Hope”, tutti sull'empowerment femminile

Cento donne palestinesi che generano reddito nei territori della Cisgiordania, duemila impegnate invece in progetti imprenditoriali in Bangladesh e tante altre coinvolte in iniziative simili che promuovono l’emancipazione femminile tra Malawi, Perù, Marocco e Antille. Tutte queste donne stanno partecipando a iniziative, sei in totale, che sono state selezionate tra le oltre 120 candidate al premio “Women Weavers of Hope” 2025 (donne tessitrici di speranza). Istituito nell’ambito del Giubileo “Pellegrini della Speranza”, il premio è stato annunciato oggi, Giornata mondiale dei diritti umani, da Caritas Internationalis e consegnato a Roma ai referenti dei diversi progetti. La premiazione, oltre che un riconoscimento del valore di queste iniziative, si traduce in un supporto finanziario – di cinque o dieci mila euro – alle organizzazioni vincitrici, per permettere loro di svilupparsi ulteriormente e ampliare il proprio supporto alle donne nel mondo.

Tra i premiati c’era il progetto PRICCE+ della Caritas del Bangladesh, che sta permettendo, appunto, l’emancipazione di circa duemila donne di questo Paese attraverso iniziative che comprendono gruppi di risparmio, pratiche di agricoltura intelligente dal punto di vista climatico, produzione di pollame e vermicompost, oltre a un rafforzamento della leadership femminile nella preparazione alle emergenze, promuovendo la partecipazione delle donne ai comitati comunitari che le gestiscono. «Grazie a queste attività le donne stanno iniziando a uscire dalle proprie case, stiamo creando una vera inclusione sociale e comunità resilienti anche alle catastrofi ambientali in territori che subiscono inondazioni ogni anno», ha spiegato Daud Das Jibon, Direttore esecutivo di Caritas Bangladesh, ritirando il premio.
Il secondo progetto scelto come esempio di empowerment femminile – “Espace Femme”, della Caritas Préfecture Apostolique-Laâyoune del Marocco – crea invece uno spazio sicuro in cui migranti subsahariane o donne locali possono ricevere cure e formazione. Queste donne uscite spesso da storie di violenza, sono “tessitrici di speranza” anche in senso stretto, trovando proprio nel cucito la loro fonte primaria di emancipazione. «Tante di loro sono madri single che non hanno niente per curare la propria salute. Quello che potrebbe sembrare un semplice progetto di formazione si trasforma in una comunità terapeutica per loro e per i figli, che nel frattempo vengono accuditi e alfabetizzati», ha raccontato Suor Vanilda Pereira Silva, Project manager di Caritas Morocco.

Anche “Threads of Peace” – di Fondazione Comboniane Nel Mondo Onlus, sviluppato per le donne palestinesi in Cisgiordania – è un progetto che sfrutta il ricamo e il cucito tradizionali per rafforzare i legami comunitari (nei villaggi beduini) e promuovere l’emancipazione delle donne, formandole in attività generatrici di reddito. «Una madre di 34 anni con sei figli che non aveva mai imparato a usare un ago e ora invece sa farlo e guadagnarsi da vivere così è solo una delle cento donne raggiunte grazie al progetto, a dimostrazione che i sogni possono fiorire anche nei terreni più aridi», ha ricordato Suor Orietta Pozzi, missionaria comboniana.

Tra le più marginalizzate, rimesse al centro da questi progetti, ci sono poi quelle in carcere. Lo ha ribadito Marcia Haywood, coordinatrice regionale di Caritas Antille, premiata per il progetto H.O.P.E., che offre formazione per il sostentamento e il supporto spirituale alle donne incarcerate, aiutandole a reintegrarsi pienamente nelle loro comunità: «La nostra iniziativa vuole rafforzare la dignità e il benessere psicologico di tutte, anche delle donne più dimenticate dalla società».

Ad affrontare molteplici difficoltà, più che altrove, sono anche le donne aiutate grazie all’iniziativa “Her Voice, Her Power”, di Caritas Malawi. Un progetto che, come gli altri vincitori, promuove la partecipazione delle donne alla leadership e ai processi decisionali rafforzando la loro emancipazione economica, in particolare attraverso cinque cooperative che coinvolgono circa mille lavoratrici. «L’obiettivo non è solo dare loro competenze economiche, ma prevenire così la violenza di genere. Quando le donne hanno empowerment, di conseguenza ne hanno anche le comunità», ha spiegato Padre Joseph Sikwese, della Caritas premiata e Segretario generale della Conferenza episcopale del Malawi.
La sesta iniziativa femminile premiata è invece Radio Ucamara, del Perù, alla quale è stato riconosciuto il suo impegno per dare voce alle comunità indigene più isolate dell’Amazzonia. «È un progetto che favorisce il dialogo intergenerazionale tra noi e le nostre nonne che hanno iniziato questo cammino – ha raccontato la giovane Danna Gaviota Tello Morey, referente della radio –. Attraverso il nostro lavoro comunicativo rafforziamo la consapevolezza e le relazioni all’interno della comunità e creiamo uno spazio di empowerment in cui affrontare anche temi come la violenza».

«Queste iniziative dimostrano come le donne, spesso in circostanze difficili, stiano rimodellando le loro comunità con resilienza e determinazione – ha concluso Alistair Dutton, Segretario generale di Caritas Internationalis –. Investendo nella leadership femminile, riconosciamo il loro talento e potenziale e rafforziamo le fondamenta di società più giuste e pacifiche, in cui tutti siano valorizzati e in grado di contribuire equamente».
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