Per Menarini ricavi record: «Ma sull'industria l'Ue si fa male da sola»

L'azienda fiorentina chiude il 2024 con un fatturato di 4,6 miliardi. A trainare la crescita i farmaci oncologici. L'azionista Lucia Aleotti: creiamo prodotti innovativi con l'Intelligenza artific
March 3, 2025
Per Menarini ricavi record: «Ma sull'industria l'Ue si fa male da sola»
Ufficio Stampa Gruppo Menarini | La storica sede di Menarini, a Firenze
È stato un 2024 a forti tinte stelle e strisce quello del Gruppo Menarini, prima azienda farmaceutica italiana (17.800 dipendenti). Mentre la Cina delude e l’Europa tiene, Centro e soprattutto Nord America accelerano, e non di poco. Una buona fetta della crescita del fatturato 2024 - che, con la cifra di 4,603 miliardi di euro (+5,2% sul 2023 e un Ebitda tra 430 e 460 milioni), segna un nuovo record per l’azienda fiorentina fondata a Napoli nel 1886 - arriva proprio dagli Stati Uniti dove gli ordini hanno raggiunto circa 450 milioni di euro. «La Cina continua a non andare come nelle previsioni - afferma ad Avvenire Lucia Aleotti, azionista e membro del board -. D’altra parte, è una nota dolente che investe le esportazioni non solo dell’ambito farmaceutico. Solitamente, se si fatica in Cina lo si fa in tutta l’Asia, anche se in questo continente non mancano segnali di grande soddisfazione per noi, mi riferisco alla Thailandia e al Vietnam dove il nostro fatturato è aumentato».
Dall’Asia al Vecchio Continente, che raramente fa registrare crescite consistenti per numerosi comparti: «I risultati più positivi li abbiamo ottenuti in Spagna e in Polonia, ma globalmente, nella difficile Europa, i nostri team sono riusciti a compensare praticamente del tutto la scadenza di brevetti molto importanti. Un grande risultato». Le soddisfazioni maggiori, come detto, arrivano da oltreoceano: «È andata bene anche la nostra area del Centro America - aggiunge Aleotti - ma sono gli Usa che ci hanno dato le maggiori soddisfazioni, confermando una progressione notevole, e volumi per circa 450 milioni di euro in oncologia». Proprio nel 2023 Menarini lanciava negli Stati Uniti il farmaco oncologico Elacestrant, per un sottogruppo di tumore del seno metastatico o avanzato, un trattamento «che combacia perfettamente con la definizione di medicina personalizzata». L’azionista però rileva la differenza di accesso a questa opzione terapeutica con l’Italia: «Il nostro farmaco è a disposizione delle donne americane dal febbraio 2023. In Italia, oltre due anni dopo, attendiamo ancora il permesso all’immissione in commercio. Considerato il valore terapeutico, testimoniato dall’Fda (l’ente regolatore americano dei farmaci, ndr) speriamo che questa situazione si possa sbloccare al più presto».
I fratelli Alberto e Lucia Aleotti, azionisti del Gruppo - © Copyright 2019 Yari Marcelli
I fratelli Alberto e Lucia Aleotti, azionisti del Gruppo - © Copyright 2019 Yari Marcelli
Ma da Washington, nel frattempo, arrivano non pochi problemi per le imprese europee esportatrici, a causa dei dazi. Menarini è solo marginalmente coinvolta perché produce direttamente negli Usa. Qui Aleotti parla da vicepresidente di Confindustria: «I dazi preoccupano tutto il mondo delle imprese. Sappiamo bene quanto siano importanti le relazioni dell'Italia con gli Stati Uniti, che rappresentano un'area di grande export per le imprese, ma anche di grande import, il rapporto con loro è viscerale ed estremamente costruttivo. Con il governo americano speriamo si possa ragionare su questi aspetti, perché le conseguenze dei dazi finirebbero per penalizzare una partnership che funziona estremamente bene anche per le imprese americane che, nel nostro Paese, trovano risorse umane di grande valore, tecnologia, specializzazioni complementari ai loro interessi e rispetto dei tempi. Lo scambio tra le imprese europee e quelle americane ha una ripercussione tangibile: quella di renderle più competitive nei mercati mondiali».
Ma al di là di quanto fa l'America, esiste un problema enorme legato ai rapporti tra Unione europea e industria farmaceutica: «L'Europa si è fatta e si fa male da sola» rispetto a questo settore, che Aleotti definisce «il più nobile, più ricco di ricerca, di scienza e di beneficio per il mondo, e che l'Europa si sta facendo scappare con scelte assolutamente miopi. Il presidente Draghi recentemente ha parlato di dazi autoinflitti dall'Ue, imponendo su se stessa regole, burocrazie, tracciature, obblighi, obblighi, obblighi, obblighi», osserva Aleotti, secondo cui in meno di 10 anni «le aziende europee sono crollate nel numero di sperimentazioni cliniche a livello globale, e tutto ciò che è stato perso in termini di numerosità è stato guadagnato dalle aziende cinesi che hanno anche grande spinta dal loro governo a innovare, a diventare competitive». Insomma, secondo l'azionista di Menarini «l'Unione Europea sta imprigionando lo spirito imprenditoriale, e non c'è niente di peggio di distruggere la spinta che ha l'imprenditore nel fare, nel rischiare, nel volersi vedere competitivo a livello globale: imprigionato da una ragnatela di regole e di obblighi che non tengono minimamente in considerazione la situazione globale della competizione».
Il futuro di Menarini sarà ancora fortemente condizionato dagli Usa, dove si stanno portando avanti investimenti, anche attraverso l’utilizzo dell'Intelligenza artificiale (Ia): «Siamo molto positivi - riprende Aleotti - sul contributo che l'Ia potrà dare alla medicina. Già all'inizio del 2024 avevamo firmato un accordo con un’azienda che utilizza l’Ia tramite una piattaforma di proprietà. I loro esperti e i nostri ricercatori avevano individuato una molecola per la quale deteniamo i diritti: riguarda sempre il cancro al seno, è un inibitore del Kat6 nelle neoplasie ormono-sensibili. Questo farmaco è arrivato rapidamente all'ok della Fda per l'avvio della prima fase di sperimentazione. All'inizio di quest'anno, poi, abbiamo firmato per un secondo prodotto sviluppato dall’Intelligenza artificiale: un asset oncologico diretto a colpire potenzialmente più tumori solidi». Sono prodotti basati sulle cosiddette “small molecules”, piccole molecole sintetizzate con procedimenti chimici, differenti dalle grandi molecole per le quali sono impiegate le biotecnologie. «Il nostro obiettivo - spiega Aleotti - è arrivare al più presto alla sperimentazione anche per questo nuovo farmaco e confermare le enormi potenzialità che l’Ia proietta sulla medicina».
E i progetti in casa nostra? «Vorrei essere un po' ottimista - confida Aleotti -: spero, magari entro il 2026, di vedere registrato dalle agenzie del farmaco europea e italiana (Ema e Aifa, ndr) anche il farmaco Obicetrapib: nella prevenzione cardiovascolare, questo prodotto sarà importantissimo per i pazienti che devono ridurre in modo rilevante il colesterolo Ldl resistente a tutti i trattamenti esistenti, anche alla massima terapia tollerata. Pochi mesi fa abbiamo avuto i riscontri di tre studi clinici di questo farmaco, da solo e in combinazione, e in tutti i trial sono stati ottenuti risultati estremamente positivi. Siamo nella fase di stesura della richiesta all’Ema: ci puntiamo con enorme fiducia».

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