Per chi governa ascoltare è ancora un segno di forza

Nella relazione del Massimario della Suprema Corte non solo osservazioni tecniche e costituzionali ma soprattutto rilievi di buon senso su cui c'era il dovere di riflettere prima di varare le norme
June 27, 2025
Per chi governa ascoltare è ancora un segno di forza
Ansa | Il Palazzo della Corte di Cassazione
Tanto tuonò che piovve. Non è difficile scorgere nelle 129 pagine dell’ufficio del Massimario della Corte di Cassazione l’eco di preoccupazioni e osservazioni avanzate circa il decreto-sicurezza da associazioni, giuristi e numerose personalità della società civile.
Non solo e non tanto osservazioni “tecniche”, da addetti ai lavori, ma anche soprattutto osservazioni di buon senso che si è preferito non ascoltare. L’anomalia ad esempio di trasformare un disegno di legge in decreto, pur di chiudere su materie che evidentemente nutrivano i dubbi del Parlamento (perché quando un ddl non avanza, vuol dire che anche la maggioranza ha le sue riserve, non è colpa soltanto dell’ostruzionismo delle opposizioni).
L’anomalia di considerare “necessari e urgenti” interventi punitivi su questioni che non sembrano oggettivamente avere necessità e urgenza, a meno che per necessità e urgenza non s’intenda il dare segnali a fette del proprio elettorato.
L’anomalia di non volersi fermare a riflettere su questioni che dovrebbero interpellare il legislatore (e i governanti) dal punto di vista umano, che induce il Massimario della Suprema Corte a citare letteralmente quei giuristi che biasimano la «patente violazione dei principi costituzionali di tutela della maternità e dell’infanzia» nel caso della custodia in carcere delle detenute con figli.
E quante realtà che si distinguono per costruttività dell’approccio alla politica, oltre che per senso di responsabilità, hanno segnalato più e più volte che le norme sulle manifestazioni si spingevano sul terreno sacro della libertà d’espressione, lasciando eccessivi margini di discrezionalità a chi quelle libertà le deve garantire nel rispetto della Costituzione... Il governo e la maggioranza avranno anche i loro motivi nel giudicare strumentali alcune prese di posizione, ma fare di tutta l’erba un fascio, e alla fine ridursi a non ascoltare nessuno, come è evidente non giova.
Inutile procedere con l’elenco delle singole norme, perché è un lavoro che ha prodotto l’ufficio della Suprema Corte sostanzialmente articolo per articolo. E che lascia un senso di amarezza, perché prelude a dinamiche che già tanti hanno previsto: contenziosi, scontri istituzionali, continua chiamata in causa della Corte costituzionale. Dinamiche tutte evitabili con l’ascolto.
Ora certo è il momento dell’arroccamento sulle proprie posizioni. La maggioranza e il governo a blindatura di provvedimenti che si trincerano anche dietro la legittima necessità di garantire la sicurezza delle Forze dell’Ordine. Le opposizioni a gridare la loro euforia per quello che leggono come un primo passo verso lo smantellamento dell’impianto.
Ma chi paga per tanta ostinazione e per così intense guerriglie ideologiche? Domanda retorica, risposta altrettanto retorica. Paga il Paese. Paga il prezzo di nuovo incertezze sulle regole. Paga il prezzo di risorse messe su questioni che non sono “necessarie e urgenti”. Paga il Paese anche la contraddizione (e la frustrazione) di avere sempre più reati sulla carta che però poi nei fatti non aumentano il tasso di sicurezza ordinaria nelle città. Paga il Paese anche le lunghe sedute parlamentari su provvedimenti che si mostrano più di bandiera che sostanziali, e che vanno incontro, come detto, a contenziosi. I quali poi alimentano, inevitabilmente, nuove polemiche politiche, come un cane che si morde la coda (una logica che alimenta il consenso temporaneo ma al contempo contribuisce alla disaffezione verso il bene comune).
Meglio sarebbe se questo primo squillo della Cassazione rappresentasse un monito, anziché un’insidia: è vero che la politica oggi è cambiata, ma ascoltare e discernere sono ancora un segno di forza, non di debolezza.

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