Pensioni: il quadro si aggrava, nel 2050 rapporto lavoratori-pensionati 1 a 1

La rilevazione prevede una progressiva riduzione numerica delle potenziali mamme come effetto della crisi demografica. Brunetta (Cnel): «Invertire la rotta non è facile». Politica migratoria cruci
May 28, 2025
Pensioni: il quadro si aggrava, nel 2050 rapporto lavoratori-pensionati 1 a 1
Web | Il convegno dell'Inapp nella sede del Cnel
Un pensionato per ogni lavoratore. Entro il 2050 è il destino che toccherà all’Italia che, a differenza di quanto hanno fatto la Francia già dal dopoguerra e la Germania un ventennio fa, non ha dato la giusta importanza al declino demografico. E adesso rischia di pagare il conto più salato che potrebbe far saltare il banco delle politiche di welfare. Se ne è discusso al Cnel durante un convegno sul cambiamento demografico organizzato dall’Inapp che ha presentato il nuovo numero di Sinappsi, rivista scientifica dell’istituto per l’analisi delle politiche pubbliche.
«Siamo in ritardo, stiamo inseguendo il fenomeno», ha detto Renato Brunetta, presidente del Cnel, avvertendo che «cambiare la rotta del transatlantico non è facile». Già, perché siamo il primo Paese al mondo che, già nella prima metà degli anni Novanta, ha assistito al sorpasso degli ultra 65enni sugli “under 15”. Dai tempi dell’Unità d’Italia non abbiamo mai fatto così pochi figli e, malgrado a fine 2013 si sia toccato il primato della popolazione più alta numericamente e malgrado l’Italia sia oggi il terzo Paese più popoloso dell’Ue, a questo punto non basterebbe neppure puntare ad aumentare la fecondità per invertire la tendenza nei prossimi decenni. Nei futuri scenari va infatti messa in conto anche la progressiva riduzione numerica delle donne in età feconda (le mamme potenziali), come logica conseguenza della denatalità pregressa. Per quanto riguarda il mercato del lavoro stiamo andando incontro poi ad un «indebolimento della forza lavoro potenziale».
Il tasso di dipendenza degli anziani – rapporto tra ultra65enni e popolazione 15-64enne – sta salendo in modo vertiginoso: è già attualmente oltre il 40% per l’Italia e nel 2027 è previsto che rimanga sopra la media europea, assestandosi vicino al 66%. Se si mette direttamente in relazione chi è in pensione con chi effettivamente lavora, il carico attuale in Italia risulta pari al 60% ed è proiettato a salire di altri 20 punti tra due anni, arrivando all’80% (il valore più alto assieme a Grecia e Portogallo).
Che fare? «Cruciale è la politica migratoria», ha detto Francesco Billari, rettore della Bocconi, secondo il quale «questa servirebbe a sostenere anche il capitale umano». Mentre Alessandro Rosina, docente di Demografia alla Cattolica di Milano, ha utilizzato l’esempio della torre di Pisa: «Questa aveva il terzo piano che iniziava a cedere, ma invece di aspettarne il crollo si è intervenuto su due direzioni: rafforzando la base, quindi nel caso demografico agendo sull’aspetto quantitativo, poi dal terzo piano in su si è costruito in modo che il baricentro rimanesse in asse con la base, si è migliorato l’aspetto qualitativo che nel nostro caso vuol dire puntare sulla formazione, sui giovani e sull’occupazione femminile».
Certo non è semplice: il ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, ha rimarcato come «nel Pnrr non c’è nulla sulla demografia, l’Ue si è concentrata su altre transizioni, quella verde e digitale, ma ha tralasciato questa emergenza». Da parte sua il Governo è intervenuto rafforzando «i trasferimenti diretti, incrementando l’assegno unico, sui servizi con la costruzione di nuovi asili e coprendo quasi il costo delle rette con i rimborsi e poi sul lavoro femminile e sul tema della conciliazione, aumentando i congedi parentali».
«Serve un nuovo patto per il lavoro», ha sottolineato il ministro del Lavoro, Marina Calderone, «una riforma organica che tenga conto del declino demografico». Ma serve anche dell’altro: «Ora più che mai – ha chiosato Natale Forlani, presidente dell’Inapp - è necessario costruire una silver economy per mobilitare le risorse finanziarie, tecnologiche e umane per coniugare l’invecchiamento della popolazione con il mantenimento di benessere e di dignità delle persone anziane e non autosufficienti».

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