lunedì 7 settembre 2020
Il giovane picchiato a morte a Colleferro è cresciuto tra l'Acr di Paliano e i campi-scuola della diocesi. Il parroco e gli educatori: «Diceva sempre "tranquilli, ci penso io"»
Un ritratto di Willy, ucciso a Colleferro

Un ritratto di Willy, ucciso a Colleferro - Facebook / Ansa

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Willy Monteiro Duarte, 21 anni, è morto nella notte tra sabato e domenica, pestato a sangue da cinque giovani violenti. Quattro di loro sono stati rinchiusi a Rebibbia. A Paliano è stato proclamato il lutto cittadino.

«Non ti preoccupare, ci penso io a loro... ». Quando gli educatori avevano qualche problemino a gestire il gruppetto degli adolescenti di Azione Cattolica di Paliano, quando al campo-scuola della diocesi di Palestrina in una stanza - succede - si andava su di giri, Willy arrivava puntuale con quell’intercalare da piccolo uomo: «Non ti preoccupare, ci penso io a loro...», diceva ai "grandi", ai responsabili. Poteva avere 15-16 anni, ma già era lì, ben formata nella sua coscienza, tutta la voglia di non girare la faccia dall’altra parte.

C’è Willy in quel «ci penso io». L’ansia quasi di dare una mano, di risolvere i problemi. Di sentirsi responsabile. Di portare pace. Don Paolo, il parroco di Sant’Andrea a Paliano, e quegli adulti che hanno aiutato Willy a crescere - Cinzia, Fulvio, Tiziana, Federica - nemmeno hanno la forza e la voglia di parlare. Scrivono i loro pensieri su un foglio. Raccontano una piccola grande storia di provincia. L’Acr, poi i "giovanissimi" e i pomeriggi in parrocchia. «Un ragazzo rispettoso, aperto e sveglio, anche se inizialmente poteva sembrare timido. Riservato nell’esprimersi ma acuto nel farlo», scrivono quasi con pudore, con il terrore di dire una parola di troppo.

Ai campi scuola in diocesi si faceva notare, eccome. «Lui e i suoi amici richiedevano qualche attenzione in più, ma ti ripagavano ampiamente di tutto. Non l’abbiamo mai visto litigare con qualcuno. Riusciva a fare domande che ti mettevano in difficoltà e che ti costringevano ad alzare l’asticella del discorso». Lo dice chi l’ha seguito da bambino e ricorda bene che alle spalle, Willy, aveva una mamma che ci teneva alla vita interiore del figlio così come si tiene alla salute, alla scuola, all’educazione verso gli altri.

Tracce che restano e che non spariscono quando poi devi camminare sulle tue gambe. Anche se poi crescendo i legami si allentano. Il diploma, i primi lavoretti... ci si perde di vista. «Ma ci piace pensare – concludono don Paolo, Cinzia e gli educatori di Willy – che il modo in cui l’hanno conosciuto tutti, con il suo sorriso e la sua apertura, fosse nient’altro che la naturale continuazione di come l’abbiamo conosciuto noi. Noi lo ricordiamo così... come uno che: "ci penso io, tranquillo"».

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