martedì 11 marzo 2025
Discorso della presidente della Commissione all’Eurocamera: il tempo delle illusioni è finito, serve spendere per difenderci, la pace non è più scontata. E cita De Gasperi
Von der Leyen spinge per il riarmo: «Putin un vicino ostile, non fidiamoci»

ANSA

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«Il tempo delle illusioni è finito». È una constatazione amara quella della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, intervenuta di fronte al Parlamento Europeo in assemblea plenaria a Strasburgo per illustrare la sua proposta del piano “RearmEu” presentato la scorsa settimana. «Pensavamo di godere di un dividendo di pace – dice -, ma in realtà stavamo solo gestendo un deficit di sicurezza». Adesso, è il monito, l’Europa «è chiamata a prendersi maggiormente cura della propria difesa. Non in un futuro lontano, ma già oggi. Non con passi graduali, ma con il coraggio che la situazione richiede. Abbiamo bisogno di un'impennata nella difesa europea». E per motivare questo passo, dopo aver citato Alcide De Gasperi, aggiunge che «la pace nella nostra Unione non può più essere data per scontata».

Pesa la minaccia russa, ovviamente: il presidente russo «Putin – avverte - ha dimostrato di essere un vicino ostile, non ci si può fidare di lui, si può solo dissuaderlo. Sappiamo che il complesso militare russo sta superando il nostro. La produzione europea è ancora su un ordine di grandezza inferiore». La presidente precisa vari punti della sua proposta. Anzitutto il possibile reindirizzamento di parte dei fondi di Coesione per spese di difesa, che tante polemiche ha provocato in Italia. Nessun obbligo, naturalmente: «È volontario – sottolinea - per coloro che vogliono fare un ulteriore sforzo». «L’Ue e gli Stati membri – le fa eco a Strasburgo il presidente del Consiglio Europeo, il portoghese Antonio Costa - non hanno bisogno di scegliere se investire nella pace o investire nei sistemi sanitari, nell'istruzione o nell'edilizia abitativa. RearmEu e la clausola di salvaguardia (la sospensione del Patto di stabilità per le sole spese di difesa, ndr) forniscono fondi aggiuntivi per difendere, rafforzare le nostre società, proteggere i nostri cittadini, dare impulso alle nostre economie. È essenziale per rafforzare la nostra difesa». A proposito di clausola di salvaguardia: Von der Leyen ha spiegato che la sua attivazione (la Commissione parla di un tetto dell’1,5% del Pil) servirà ad arrivare al 3% del Pil in spese di difesa (rispetto al 2% indicato dal vertice Nato in Galles del 2014). Come noto, Bruxelles stima che così si potrebbe arrivare a 650 miliardi di euro disponibili per la difesa.

La questione delle spese militari ha dominato parte della discussione pure dell’Ecofin, ieri a Bruxelles. Che ha confermato l’appoggio generale alla sospensione del Patto di stabilità sui conti, in questo ambito. «L'incontro – ha commentato il commissario all’Economia, Valdis Dombrovskis - è stato una buona opportunità per raccogliere le prime reazioni dagli Stati membri: c'è stato un ampio sostegno per l'attivazione coordinata della clausola». Sempre più in salita, invece, è l’idea tedesca di una riforma globale del Patto per uno scorporo «strutturale» delle spese di difesa dalle regole di bilancio. «Ci atteniamo alle regole esistenti – ha detto il presidente di turno dell’Ecofin, il ministro delle Finanze polacco Andrzej Domanski -, crediamo che all'interno di queste regole ci sia abbastanza flessibilità per fornire ciò che è necessario per aumentare radicalmente la spesa per la difesa. Questa è stata la nostra posizione fin dall'inizio».

La riunione ha inoltre discussa dell’idea avanzata dal ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, di garanzie da 200 miliardi di euro per attirare capitali privati. «L'Italia - ha sottolineato il ministro - non può concepire il finanziamento della difesa a scapito della spesa sanitaria e dei servizi pubblici». Un’ipotesi che per l’Italia «sarebbe inaccettabile» e «per questa ragione ho promosso - ha proseguito il leghista - soluzioni a livello europeo che promuovessero azioni coordinate per migliorare la difesa». La proposta italiana, ha detto Domanski, «è stata accolta favorevolmente» dai ministri. Molto positiva la Francia. Può essere però, precisa il polacco, solo una parte dell’equazione: «Ovviamente – avverte - dobbiamo anche ricordare la specificità dell'industria della difesa, in larga misura guidata dalla domanda pubblica e dagli appalti pubblici. Quindi, la domanda fatta dagli Stati membri sarà fondamentale». Dombrovskis, intanto, tira in gioco tra le fonti di finanziamento anche il Mes, il fondo salva-Stati (che però è intergovernativo e, dunque, fuori dall’Ue). Ha «una capacità di prestito – dice il commissario - ed è qualcosa che gli Stati potrebbero valutare».

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