sabato 18 maggio 2019
La Procura indaga sul trattenimento di minori e su alcuni eccessi di agenti
Il centro di accoglienza di Lampedusa (foto d'archivio Ansa)

Il centro di accoglienza di Lampedusa (foto d'archivio Ansa)

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Detenzione prolungata, maltrattamenti, abusi di legge sui bambini migranti e sui minori non accompagnati. È un duro atto d’accusa alla gestione degli stranieri a Lampedusa quello formulato dal gip di Roma che chiede di non chiudere l’inchiesta sul centro d’accoglienza siciliano. «È evidente – si legge nell’ordinanza firmata il 2 maggio – la necessità di compiere indagini territoriali». Tutto comincia comincia con un provvedimento del 29 marzo 2017 quando la procura di Agrigento, svolte le indagini, chiedeva di archiviare il fascicolo.

Ma il 24 agosto, dopo l’opposizione della parte offesa che aveva depositato nuovi elementi, il gip di Roma decise di riaprire l’inchiesta. Il fascicolo era infatti arrivato nella capitale perché vi era il sospetto che illegalità fossero state ordinate dai vertici ministeriali a Roma. Per quanto le prime indagini risalgano al 2011, secondo il gip di Roma l’irregolarità «appare protrarsi alla data odierna». Nell’ordinanza il giudice Anna Maria Gavoni si dichiara territorialmente incompetente perché, al momento, non è stato possibile individuare responsabilità di vertice. Tuttavia, scrive il gip nell’ordinanza, sono necessarie nuove investigazioni. «I centri di prima accoglienza per minori sono ormai saturi con la conseguenza – si legge – che gli stessi restano illegittimamente negli hot spot in condizione di promiscuità con gli adulti in violazione di legge». Un anno prima, il 21 maggio 2018, era stato il presidente dei Gip romani, Fabrizio Gentili, a sollecitare il «completamento delle indagini», rimproverando alcune lacune investigative. Prima fra tutte, la mancata audizione del Garante nazionale delle persone detenute e private della libertà personale. Quando finalmente Maruo Palma viene ascoltato, i magistrati siciliani il 17 settembre ribadiscono che «non sono emersi elementi tali da poter fondatamente ipotizzare» reati imputabili a funzionari o dirigenti ministeriali. Inoltre il pm precisava che dalle dichiarazioni rese dal garante, «si è avuta la conferma che nessun provvedimento dispositivo di natura lesiva dei diritti dei migranti presenti nella struttura di Lampedusa, sia stato emesso».

A Roma però sollevano dei dubbi. A cominciare dall'interpretazione da dare alla disposizione di Palma. E rileggendo gli atti il gip capitolino scopre che il 20 giugno 2018 il Garante delle persone detenute, aveva consegnato dichiarazioni «che fanno emergere elementi tali che consentono di ipotizzare fondatamente fatti-reato di omissione o abuso d’ufficio ed altri da parte delle autorità locali». Dietro al lessico giuridico si cela il disappunto tra magistrati. Poiché le affermazioni di Palma si riferiscono anche «a visite ispettive recenti e che, dunque, allontanano anche lo spettro della prescrizione ». In altre parole, c’è ancora tempo per investigare. Nelle sei pagine con cui il giudice Anna Maria Gavoni si dichiara territorialmente incompetente, restituendo il fascicolo alla procura agrigentina perché svolga altri approfondimenti, vengono riportati una serie di presunti abusi di legge e maltrattamenti «penalmente rilevanti».

In un caso, una persona «era stata rinchiusa in una stanza – si legge nell’atto giudiziario – e aveva segni visibili sul corpo che potevano far pensare ad attività di violenza ». Un episodio che la procura volle archiviare, ma che secondo il gip richiedeva maggiori approfondimenti. «La situazione nell’hot spot di Lampedusa è drammatica», aveva del resto dichiarato Mauro Palma. Nella struttura «si dovrebbe rimanere per un massimo di 2 giorni (48 ore)», invece il tempo di permanenza è più lungo e spesso non definito, configurando lo stato di «detenzione arbitraria». Inoltre, «la circostanza che le persone a Lampedusa non possano agire in libertà non è dovuta – spiegava il Garante – a un ordine o a una disposizione ministeriale, ma piuttosto a ordini eventualmente emanati dalle autorità del luogo (prefetto o questore)». Abbastanza perché la procura di Agrigento cerchi di capire chi sono, e da chi prendono gli ordini, i funzionari pubblici che secondo il gip sono protagonisti dei «fatti penalmente rilevanti compiuti nel territorio siciliano» ininterrottamente per anni fino ai giorni nostri.

Grazie a questa inchiesta è poi nata una delle norme che ancora oggi fanno considerare l’Italia un caposaldo nelle legislazioni occidentali sui Diritti umani. L’indagine nacque infatti da un dettagliato esposto depositato dall’avvocato Alessandra Ballerini per conto di Terre des Hommes e, fra gli altri, da Luigi Manconi che rappresentava l’associazione “A buon diritto”, Sergio Soldini per la Cgil e dalla parlamentare Sandra Zampa, che darà poi nome alla legge per la protezione dei minori non accompagnati, le cui violazioni hanno fatto aprire altri fascicoli di indagine su casi più recenti e nei quali si profilano responsabilità di dirigenti ministeriali ed esponenti dell’attuale governo.

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