martedì 26 settembre 2017
Dopo lo sgomento e la morte, arrivarono le risposte: gemellaggi tra diocesi e via ai centri di comunità. Il ruolo di Caritas e volontari. Boccardo: salto di qualità che serve anche oggi
Vent'anni dopo: «La ricostruzione accanto alla gente»
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Ventisei settembre 1997, ore 2.33: una scossa di magnitudo 5.7, con epicentro a Cesi, squarcia la notte umbra. Sotto le macerie, resta una coppia di anziani coniugi. Nove ore dopo, alle 11.40, un colpo ancora più forte (6.0) con epicentro ad Annifo, provoca danni ancora maggiori. È il momento più drammatico, ripreso anche dalle telecamere. Le vittime sono otto: tra queste quattro persone muoiono nella Basilica di San Francesco ad Assisi. La chiesa durante la notte aveva subito danni agli affreschi di Giotto e Cimabue ed in quel momento era in atto un sopralluogo da parte di alcuni tecnici, ingegneri, giornalisti e frati. «Grazie a Dio i morti, sia in Umbria sia nelle Marche, si contarono sulle dita di una mano», ricorda oggi monsignor Girolamo Giovannini, già vicario foraneo della Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, una delle più colpite dallo sciame sismico che si protrasse poi fino alla primavera del 1998.

«Ma i danni materiali al patrimonio storico-artistico e all’economia – continua – furono ingenti, con diverse migliaia di senzatetto. La Chiesa, attraverso la Caritas, si mobilitò sin da subito, non solo con le parole ma con i fatti». Vent’anni dopo, il ricordo è ancora vivo e fa i conti con l’ultima grande emergenza, esplosa col nuovo sisma dell’ottobre 2016. «Un terremoto non è uno scherzo. Ci vogliono anni per ricostruire case, chiese, luoghi di lavoro... Noi abbiamo atteso quasi venti anni per rientrare a casa o averne una nuova. Solo chi ha vissuto sulla propria pelle un’emergenza sismica, come quella del terremoto Umbria-Marche del 1997, può restare meravigliato quando oggi legge sui giornali: 'ancora fuori casa'. È vero che c’è tanta burocrazia, ma un evento sismico è sempre molto impegnativo da gestire » riflette Giovannini. La Chiesa locale con l’allora presidente della Conferenza episcopale umbra, monsignor Sergio Goretti, vescovo di Assisi, precorse i tempi delle istituzioni civili nel fornire a famiglie di agricoltori e allevatori della montagna casette in legno (smontate in Irpinia da volontari Caritas) o container (acquistati con le offerte raccolte dalle altre diocesi umbre), perché non volevano e non potevano abbandonare le loro aziende.


A non poche di queste famiglie venne data una sola possibile sistemazione, seppur provvisoria, quella nei 'villaggi container' allestiti a valle, nelle vicinanze dei centri abitati. In tutto furono oltre 150 le casette in legno e i container che la Chiesa umbra fornì ai terremotati, come ricordano alcuni operatori delle Caritas diocesane di Assisi, Foligno e Spoleto interessate dall’evento sismico del 1997. Anche i centri di comunità realizzati dalla Caritas italiana, che attivò una proficua rete di gemellaggi (ben 100) dal Trentino alla Sicilia con le diocesi terremotate dell’Umbria e delle Marche, hanno testimoniato la vicinanza concreta della Chiesa alle popolazioni colpite. Ancora oggi diversi Centri di Comunità sono utilizzati per attività pastorali e socio-aggregative. La Caritas italiana, che mise a punto interventi e progetti per circa 8,8 milioni di euro (17 mi- liardi di lire, di cui 4 miliardi messi a disposizione dalla Cei e il resto da comunità diocesane, associazioni, gruppi o singoli offerenti) coniò lo slogan 'Accanto alla gente' per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’emergenza del terremoto Umbria-Marche, slogan che si rivelò presto vincente per la sua concretezza in ambito pastorale e sociale.

Monsignor Girolamo Giovanni, parroco di Case Basse di Nocera Umbra, fu soprattutto il 'parroco' del campo del volontariato della delegazione Caritas Umbria allestito a ridosso della sua chiesa, inagibile. Questo campo Caritas fu attivo dal 1997 all’inverno del 2001, dove giunsero dal-l’Italia ed anche dall’estero oltre 11mila volontari, in gran parte giovani. La sua finalità era quella 'pedagogia della carità' che ti fa comprendere che è più quello che ricevi da chi soffre ed è nel bisogno, come i terremotati, che quello che uno dà a questa gente. La gratitudine per le migliaia di volontari da parte dei terremotati fu notevole, perché compresero che non erano stati lasciati soli nell’affrontare la difficile fase della ricostruzione. È un po’ quello che monsignor Giovannini augura ai terremotati del Centro Italia del 2016, che può essere sintetizzato con queste parole: «Fede, fiducia e speranza perché non si è mai lasciati soli, c’è ancora tanta umanità tra la gente».

È un concetto evidenziato anche dal neopresidente della Ceu, Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, nel redigere un messaggio a nome dei vescovi umbri in occasione di questo 20esimo anniversario pensando anche a quello del primo anno dall’ultimo sisma che ha interessato la Valnerina (24 agosto e 30 ottobre 2016). «Auspichiamo che questo anniversario costituisca un incentivo per il tempo che si apre dinanzi a noi: insieme siamo chiamati a compiere un ulteriore salto di qualità per ricostruire le case, le chiese, i luoghi del lavoro e dello svago, ma anche e soprattutto l’uomo 'dal di dentro'».

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