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Allarga lo sguardo dai virus dell’influenza a tutti quelli che possono diffondersi per via respiratoria il nuovo Piano pandemico 2024-2028, che il ministero della Salute ha predisposto e che è ora al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Dopo l’approvazione sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Emerge in modo chiaro nel Piano l'intenzione di fare tesoro delle esperienza della pandemia di Covid-19 e delle numerose criticità che sono state affrontate. Di qui la volontà di prevedere un maggior coordinamento delle azioni di contrasto e della filiera delle responsabilità e ruoli tra i diversi attori istituzionali chiamati a intraprenderle.
Obiettivi generali del Piano sono ridurre gli effetti di una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria sulla salute della popolazione, riducendone la trasmissione, la morbilità e la mortalità. In secondo luogo consentire azioni appropriate e tempestive per il coordinamento a livello nazionale e locale delle emergenze, ovvero negli ambiti della sorveglianza integrata, della protezione della comunità, dei servizi sanitari, dell’accesso alle contromisure e del personale sanitario.
Il Piano punta anche a ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e garantire la continuità dei servizi essenziali. Non manca l’obiettivo di tutelare la salute degli operatori sanitari e del personale coinvolto nella gestione dell’emergenza. Infine si vuole informare, coinvolgere e responsabilizzare la comunità nella risposta a una pandemia da agenti patogeni respiratori.
Seguendo le indicazioni pubblicate lo scorso anno dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il Piano prende in considerazione dieci famiglie di virus «ritenute a maggior potenziale pandemico». Si tratta di Adenovirus, Coronavirus, Enterovirus, Henipavirus, Orthomyxovirus, Orthopoxvirus, Paramyxovirus, Respirovirus, Rhinovirus e Rubulavirus. Per alcuni di questi sono disponibili terapie o vaccini, per altri nessuna difesa è stata ancora sviluppata dalla ricerca farmacologica.
Cinque sono le fasi in cui si sviluppa il Piano, in vista di una possibile pandemia: la prima è dedicata a “prevenzione, preparazione e valutazione del rischio” ed è quella in assenza di pandemia. La seconda è quella di “allerta” in cui ci si prepara al rilevamento di un caso sul territorio (quando è stato già individuato all’estero). Segue quella della “risposta di contenimento”, quando il caso è stato individuato sul territorio nazionale. La quarta fase, ancora di risposta ma dedicata al “controllo, con soppressione e mitigazione” della trasmissione dell’agente patogeno. Infine la fase del “recupero”, quando cioè la riduzione dei casi, delle ospedalizzazioni e dei decessi permette di affrontare l’evolversi della malattia in modo ordinario da parte del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Quanto agli obiettivi, nella fase interpandemica si punta a migliorare la preparazione a lungo termine (preparadness) grazie al rafforzamento dei Dipartimenti di prevenzione delle Asl, alla ricerca in tutti i campi (biologico, vaccinologico, eccetera), alla facilitazione del coordinamento tra enti nazionali e Regioni, e al potenziamento dei sistemi di sorveglianza e allerta, oltre alla formazione del personale sanitario e al rifornimento di vaccini e mezzi di protezione e alla predisposizione negli ospedali di reparti e posti letto in proporzione adeguata.
Nel contrasto alla diffusione di virus pandemico, le misure variano con l’aggravarsi della situazione epidemiologica: ne è prevista, scrive il ministero in una nota, «una modulazione, anche temporale, in base all’andamento epidemiologico, all’efficacia e alle effettive necessità».
In ogni caso sono raccomandati: igiene delle mani, etichetta respiratoria, tracciamento dei contatti, mascherine per gli individui sintomatici, pulizia di superfici e oggetti, miglioramento qualità aria indoor, isolamento/quarantena di individui sospetti/malati/con infezione e raccomandazioni sui viaggi.
Se la severità della situazione epidemiologica e l’impatto della malattia è moderata, oltre alle misure precedenti, viene raccomandato di evitare eventi di massa o affollamenti, potenziare il lavoro agile. Se la severità toccasse un livello alto, si aggiunge la raccomandazione dell’uso di mascherine o strumenti di protezione individuale per la popolazione generale e i lavoratori, la chiusura delle scuole e delle università, misure per ridurre l’affollamento dei trasporti. Solo in caso di straordinaria severità, sono previste la chiusura dei luoghi di lavoro e restrizioni di viaggio.
Nelle premesse etiche e giudiriche, dedicate a esplicitare i valori del Ssn (giustizia, equità, non discriminazione e solidarietà), da mantenere anche nel contrasto a un’emergenza pandemica, il Piano precisa che «i vaccini rappresentano le misure preventive più efficaci, contraddistinte da un rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole».
E si aggiunge che il lockdown resta una possibilità, ma da adottare solo in casi estremi: «Eventuali restrizioni alla libertà individuale devono rimanere in vigore solamente lo stretto necessario ed essere proporzionate sia alla probabilità sia all’entità dell’evento, affinché i rischi e i danni che potrebbero derivare per i singoli individui siano contenuti e inferiori al beneficio collettivo auspicato».
Nella redazione del Piano pandemico sono stati coinvolti sia le Direzioni generali del ministero della Salute, sia numerosi altri enti: Istituto superiore di sanità (Css), Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Agenzia nazionale per i sistemi sanitari regionali (Agenas), Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro (Inail) e Dipartimento della protezione civile (Dpc). Hanno collaborato anche referenti dell’Ispettorato generale della sanità militare (Igesan), del Biotecnopolo di Siena - Centro nazionale anti-pandemico (Cnap) e altri esperti.