sabato 10 agosto 2013
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Caro direttore,solo oggi vengo a sapere che il pomeriggio del 6 agosto, su Rai1, in diretta televisiva, il tuo collega direttore de Il Mattino si è dissociato da Pino Ciociola, uno dei giornalisti che da più di un anno stanno lavorando alla lunghissima inchiesta di Avvenire sui roghi e gli sversamenti tossici nella "Terra dei fuochi". Ciociola, poco prima, nello stesso programma aveva ricordato che molti definiscono ormai una «strage» lo scempio immane che sta decimando una parte importante del popolo campano. Ho avuto modo di leggere anche la lettera che il dottor Antonio Marfella, oncologo, tossicologo, medico per l’ambiente, ha inviato allo stesso direttore del Mattino. Una lettera seria, lunga, sofferta, scientificamente argomentata. Una lettera dove traspare l’amore immenso di un napoletano vero per la sua gente; di un medico vero per l’arte che professa, per i pazienti che cura. Meglio avrebbe fatto il direttore de Il Mattino a ringraziare pubblicamente Avvenire, l’unico quotidiano che nel panorama editoriale italiano ha preso seriamente a cuore il dramma dei rifiuti tossici industriali interrati e dati alle fiamme in Campania. Ma, si sa, riconoscere i meriti altrui è sempre difficile. Scrivo non per spiegare ancora una volta ai lettori di Avvenire quel che accade in questa striscia di terra tra le province di Napoli e Caserta. Non servirebbe. Essi conoscono bene il lavoro che avete svolto, l’aiuto che ci avete dato, la dignità che ci avete riconosciuto. Scrivo per dirti, caro Marco, che noi uomini di Chiesa, volontari dei vari comitati, gente comune e fortemente preoccupata, prendiamo distanze chilometriche da ogni maldestro tentativo di minimizzare un disastro ambientale di questa portata. Non so perché il direttore de Il Mattino abbia detto certe cose. Da prete, ho imparato a conoscere abbastanza bene il cuore dell’uomo pieno di contraddizioni e di desideri di raggiungere il bene, il vero, il bello. Per questo motivo, permettimi di esprimere ancora una volta a te e ai tuoi inviati i ringraziamenti di tutti noi, popolo della "Terra dei fuochi", la nostra stima, la nostra riconoscenza. Nella speranza che il giornale che più di tutti avrebbe dovuto mettere sistematicamente in prima pagina il dolore che sta sopportando la fiera gente campana possa, in un prossimo futuro, cambiare atteggiamento. Mentre scrivo, ancora mi avvertono che roghi altissimi, neri e puzzolenti si levano nel cielo caldo umido rendendo la vita impossibile nei nostri paesi. Andiamo avanti. Se dovessimo tacere anche noi, griderebbero i sassi delle strade. Dio benedica tutti.Penso, caro don Maurizio, che il collega Alessandro Barbano non volesse affatto negare l’evidenza. Credo, semplicemente, che il direttore del Mattino non si senta di usare la pesantissima parola «strage» per evocare ciò che continua ad accadere da più di vent’anni nella "Terra dei fuochi". Cioè quello che tu giustamente definisci lo «scempio immane» di uomini, donne e bambini e dell’ambiente che li circonda, e in cui centinaia di migliaia di persone vivono umiliate dalle immondizie tossiche degli altri, e troppi – sempre di più – si ammalano e muoiono prima del tempo. Pino Ciociola invece, nel dibattito tv di quel 6 agosto, non ha avuto timore di usarla in modo tanto documentato quanto problematico. Del resto, da tempo, in pratica dall’inizio della nostra inchiesta, io stesso parlo di «strage silenziosa» facendo mia l’immagine contenuta nella struggente e bellissima lettera che una giovane donna della tua terra mi inviò l’estate scorsa. Mi rendo conto che le parole, certe parole, possono far paura. Ma sono convinto che oggi debba sanamente farci paura non ciò che diciamo, ma ciò che accade a Caivano e nelle altre località della Campania massacrate dagli sporchi traffici di camorristi d’ogni risma (nel mazzo ci metto anche quelli di complemento, che vivono al capo opposto della Penisola, magari vestono abiti fumo di Londra e cravatte firmate, e per smaltire le schifezze che producono non ci pensano due volte a fare affari con la malavita). Ci serve proprio questo sano tipo di paura, che si fa piena consapevolezza di un problema che riguarda tutti, e che genera il suo antidoto: una sempre più coinvolgente resistenza umana e civile. Ciò che ogni notte viene fatto contro di voi, comunque lo si voglia chiamare, è un mortale scandalo che deve finire, una volta per tutte. Sono sicuro che al Mattino la pensano come te, come i vescovi campani che sulla questione hanno usato parole di assoluta lucidità e forza, come i generosi medici che vi sono affianco, come tanti – sempre di più – uomini e donne delle Istituzioni e, soprattutto, come la tua e nostra gente. Sì, caro don Maurizio, andiamo avanti e sempre meno soli. (mt)​​​​
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