giovedì 4 aprile 2024
Raddoppiato lo stanziamento annuale di bilancio per potenziare i servizi trattamentali e psicologici negli istituti. Da inizio anno situazione fuori controllo con 29 persone che si sono tolte la vita
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Cinque milioni di euro: è quanto il ministero della Giustizia assegnerà quest'anno all'amministrazione penitenziaria per "prevenire e contrastare il drammatico fenomeno dei suicidi in carcere". A renderlo noto il ministro Carlo Nordio, che ha annunciato di aver firmato decreto in cui «è più che raddoppiato lo stanziamento annuale di bilancio destinato alle finalità di prevenzione del fenomeno». Finanziamento che servirà a potenziare i servizi trattamentali e psicologici negli istituti, attraverso il coinvolgimento di esperti specializzati e di professionisti esterni all’amministrazione.

Da inizio anno sono 29 le persone detenute che si sono suicidate; 28 in carcere, una in un cpr (Fonte: centro studi Ristretti Orizzonti).

Un tentativo di suicidio è stato sventato martedì sera nel carcere di Viterbo: un detenuto, di origine maghrebina è stato salvato dagli agenti della polizia penitenziaria dopo che si era barricato nella sua cella e si era legato alle sbarre della finestra con un cappio fatto con le lenzuola.

Numeri ai quali vanno aggiunti tre agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita e uno stillicidio quotidiano di casi di aggressione al personale delle carceri (1.800 circa nel 2023, circa 40 a settimana da gennaio a marzo 2024, secondo il sindacato di polizia penitenziaria Spp), a testimonianza di una situazione fuori controllo. E ancora: sono state 69 le persone detenute che si sono tolte la vita in carcere nel 2023, in quello che era stato l'anno con il più alto numero di suicidi dal 1993. Ma il 2024, con un suicidio in media ogni tre giorni, prefigura una contabilità ben più allarmante.

Poi ci sono i casi di presunta mala amministrazione penitenziaria, come quello che ha portato alla recente condanna del direttore della Casa Circondariale di Viterbo (con pena sospesa) per omissione di atti d'ufficio, nell'ambito del procedimento sulla morte di Hassan Sharaf, 21 enne che si era tolto la vita il 23 luglio del 2018, il quale avrebbe dovuto essere detenuto invece in un istituto minorile (perché minore quando commise il reato).

O il procedimento a carico di dieci poliziotti della penitenziaria del carcere di Reggio Emilia, con accuse, a vario titolo, di tortura, lesioni e falso in atto pubblico a danno di un detenuto, per fatti che risalgono ad aprile 2023, documentati da video riprese. O ancora, l'udienza dove si discute dell’opposizione all’archiviazione del fascicolo che vede 120 appartenenti alla polizia penitenziaria indagati per tortura in relazione alla rivolta nel carcere di Modena nel 2020 in cui morirono nove detenuti (procedimento in cui l'associazione Antigone per i diritti dei carcerati è riconosciuta parte offesa).

«Sovraffollamento, degrado strutturale, spazi invivibili con precarie condizioni igienico-sanitarie, mancanza di attività trattamentali, di opportunità di lavoro e formazione, carenza di risorse e personale. Sono le gravi e croniche criticità del nostro sistema carcerario», così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi nel corso dell'iniziativa "Articolo 27. I diritti in carcere" organizzata dalla Confederazione. La Cgil nazionale, elaborando i dati del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, ha tracciato un ritratto del nostro sistema carcerario. 189 istituti penitenziari in cui, a fronte di 51mila posti regolamentari, sono presenti 61mila persone. Il tasso di sovraffollamento medio è del 119%, che arriva al 153% nelle carceri della Puglia, al 142% in Lombardia, al 134% in Veneto, e che supera il 150% in ben 41 istituti. Tassi tra i più alti in Europa, ancora più drammatici in molte strutture, come a Brescia dove la popolazione detenuta è di più del doppio dei posti (213%), Taranto (185%), Roma Regina Coeli (182%).

Per Barbaresi, contro il sovraffollamento servono misure alternative al carcere per chi deve scontare pene brevi; sanzioni sostitutive, misure di comunità e depenalizzazione dei reati minori e un minor ricorso alla carcerazione preventiva. Il 10,3% dei 45mila detenuti con almeno una condanna definitiva ha davanti a sé meno di due anni di reclusione e in 16mila sono in carcere senza condanna definitiva, numero che fa guadagnare all'Italia la maglia nera tra i Paesi europei.

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