martedì 9 luglio 2019
Il responsabile delle Pari Opportunità Spadafora doveva presentare un report sui centri antiviolenza, ma l'incontro è stato annullato
Il sottosegretario Spadafora (sinistra) e il ministro Salvini (Ansa)

Il sottosegretario Spadafora (sinistra) e il ministro Salvini (Ansa)

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Gli «attacchi verbali» del vicepremier Matteo Salvini a Carola Rackete come esempio della «pericolosa deriva sessista» che l’Italia sta vivendo. Provoca l’ennesimo scontro nella maggioranza il paragone tirato in ballo in un’intervista da Vincenzo Spadafora, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari opportunità. Per il quale gli epiteti lanciati contro la capitana tedesca dal leder del Carroccio hanno «aperto la scia dell’odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social».

La Lega chiede immediatamente - con il ministro Erika Stefani e i due capigruppo parlamentari Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari - le dimissioni dell’esponente del M5s. Lo stesso Salvini si chiede cosa resti a fare Spadafora «al governo con un pericoloso maschilista». Se il pentastellato pensa che «sono così brutto e cattivo, fossi in lui mi dimetterei e farei altro, ci sono delle Ong che lo aspettano», conclude il ministro dell’Interno, spostando il fuoco dalla violenza sulle donne alla questione che sta monopolizzando le cronache e dividendo l’esecutivo: l’immigrazione.

Non si fanno attendere le reazioni del M5s. Il presidente della Camera, Roberto Fico, in prima fila nelle critiche alla posizione in questa materia del partner di governo difende con convinzione Spadafora. L’intervento del sottosegretario è stato «nell’ambito delle sue competenze, perché ha analizzato un dato che vuole combattere». Getta acqua sul fuoco il vicepremier del M5s, Luigi Di Maio. «Quanto casino per una intervista. Pensiamo a lavorare piuttosto, visto che i risultati ci sono», taglia corto. Poi aggiunge che Spadafora non si dimetterà e di essere stanco di «polemiche inutili». Anche Salvini frena: la vicenda non mette a rischio il governo. Ora il 22 luglio va approvato il ddl "Codice rosso" per dare più sicurezza alle donne. Poi rigetta ancora le accuse di maschilismo, ricordando di aver eliminato gli sconti di pena per gli stupratori e i "femminicidi". Infine rilancia un tema che sa essere divisivo nella maggioranza: la castrazione chimica, che sarebbe «il top».

Un effetto immediato dell’uscita di Spadafora intanto è stato l’annullamento della cabina di regia per l’attuazione del piano sulla violenza contro le donne e la successiva conferenza stampa, previste per oggi insieme con il ministro leghista alla Pa Giulia Bongiorno, da anni in prima linea nel contrasto alla violenza sulle donne. L’annullamento è stato comunicato dallo stesso Spadafora che ha addotto «motivi personali».

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