venerdì 16 marzo 2018
Quarant'anni fa il rapimento dello statista della Dc. Il capo della Polizia Gabrielli: interviste in tv rischiano di celebrare le Br. In procura gli atti della Commissione parlamentare d'inchiesta
 Inaugurati a via Fani i giardini in memoria della scorta
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Un monumento commemorativo con i nomi dei componenti della scorta di Aldo Moro, massacrati il 16 marzo 1978. E' stato ricordato così, questa mattina in via Fani, il 40° anniversario della strage che avviò i 55 giorni più bui della storia della Repubblica. Nell'adiacente Largo Cervinia è stata scoperta una targa toponomastica «Giardini martiri di via Fani». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto per deporre una corona di fiori accanto al monumento che ricorda Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Alla cerimonia erano presenti anche i presidenti del Senato, Pietro Grasso, e della Camera, Laura Boldrini e la sindaca di Roma Virginia Raggi.

«Tante, troppe volte, le forze dell'ordine e le forze armate hanno pagato col sangue il loro servizio al Paese - ha poi dichiarato il presidente Pietro Grasso - e quel giorno iniziò il sequestro di Aldo Moro, un vero shock per l'Italia intera. Furono 55 giorni di apprensione, di paura, di tensione: giorni che hanno cambiato per sempre la storia del nostro Paese, segnandola in maniera profonda. Non dobbiamo smettere di cercare la verità, anche se scomoda. Non dobbiamo dimenticare la lezione di statisti come Aldo Moro».

La presidente Laura Boldrini ha definito il 16 marzo 1978 «la notte più buia della Repubblica italiana. Una notte lunga 55 giorni che si concluse tragicamente con l'omicidio dello statista democristiano. Negli anni successivi il terrorismo fu sconfitto, la democrazia e le istituzioni si dimostrarono più forti degli assassini che volevano distruggerle. Ma l'Italia non fu più la stessa perché con la morte di Aldo Moro la politica italiana perse un protagonista colto e appassionato del progetto di inclusione delle forze politiche e sociali nella vita democratica del Paese».

A margine della cerimonia il capo della polizia Franco Gabrielli ha espresso perplessità su alcuni documentari commemorativi trasmessi in televisione in questi giorni: «Io credo che il rispetto della memoria è anche dire parole chiare. Il timore è che molto spesso il trascorrere del tempo annebbi le responsabilità e renda indefiniti i ruoli. Quel giorno in via Fani c'erano sei uomini che stavano dalla parte delle istituzioni: cinque morirono subito e il sesto 55 giorni dopo. E in più c'era un commando di terroristi, di brigatisti, di criminali. Anche qui credo si debba fare un salto di qualità lessicale, quando si parla di certe cose si ha un pudore credo che non sia rispettoso di chi è morto. Guardate, scrivere "dirigenti della colonna delle Brigate Rosse" credo sia un pugno allo stomaco», ha detto riferendosi alla qualifica apparsa sui teleschermi durante le interviste con alcuni degli ex terroristi condannati per la strage di via Fani o per il sequestro.

«Io non so - ha aggiunto - se in analoghe circostanze sia stato scritto "dirigente della cosca di Brancaccio" o Riina "dirigente di Cosa Nostra". Le parole spesso sono usurate, "dirigente" nobilita e attribuisce responsabilità positive, magari sarebbe stato più giusto dire criminale e terrorista che aveva la responsabilità morale e materiale di quello che ha fatto. Oggi riproporli in asettici studi televisivi - ha concluso il capo della Polizia - come se stessero discettando della verità rivelata credo sia un oltraggio per tutti noi e soprattutto per chi ha dato la vita per questo Paese». Il rischio è quello di «una sorta di perverso ribaltamento» in cui «si confondono ruoli e posizioni. Dobbiamo ricordare chi stava da una parte e chi dall'altra». Concorda il comandante generale dei carabinieri Giovanni Nistri: «Chi ha sbagliato, e così gravemente, merita il più ampio rispetto per il percorso individuale di ravvedimento e per il reinserimento in società come prevede la Costituzione, ma non può essere portato come rappresentante di qualcosa che la storia ha dimostrato essere sbagliato».

Ieri mattina il deputato dem Giuseppe Fioroni, presidente della commissione bicamerale d'inchiesta sul rapimento e l'omicidio di Aldo Moro, è stato ricevuto a Piazzale Clodio dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Al centro dell'incontro gli atti archiviati dalla Commissione parlamentare, che saranno trasmessi a Piazzale Clodio e messi disposizione dell'autorità inquirente. Sulla vicenda Moro indaga anche il capo della Procura generale di Roma, Giovanni Salvi, in particolare per quanto riguarda la strage di via Fani.


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