domenica 28 giugno 2020
Da Usmi e Cism la proposta al governo di un Patto educativo e civico: «Abbiamo noi lo spazio che serve»
Così saranno le aule a settembre. Immagine pubblicata sulla pagina Facebook del premier Conte

Così saranno le aule a settembre. Immagine pubblicata sulla pagina Facebook del premier Conte - Ansa / Facebook

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«Non possiamo pensare che, a settembre, il 15% degli studenti delle scuole statali non abbia un’aula. Perciò offriamo collaborazione allo Stato, mettendo a disposizione aule, laboratori e palestre delle scuole paritarie, in una sorta di “Patto educativo e civico”». Il giorno dopo l’allarme lanciato dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che presentando le Linee guida per la ripartenza in sicurezza delle lezioni in presenza il 14 settembre, ha detto chiaramente che il 15% degli alunni, pari a 1.139.889, dovrà essere collocato al di fuori degli edifici scolastici, da Usmi e Cism, le Conferenze delle Superiori e dei Superiori delle congregazioni religiose, che sono proprietarie di scuole paritarie, arriva la proposta di collaborazione in grado di risolvere il problema del reperimento di nuovi spazi, a fronte della necessità di garantire il metro di distanza dalle «rime buccali» degli studenti, indicato dal Comitato tecnico scientifico. Soprattutto nelle regioni del Sud, dove gli allievi delle paritarie si attestano intorno al 5% del totale, gli istituti non statali avrebbero locali da mettere a disposizione.

«Tutti gli studenti avranno spazi per la didattica a settembre», ha aggiunto, ieri, la ministra. Grazie ai “Patti educativi di comunità" che prevedono accordi con gli enti locali, le associazioni e il Terzo settore, per portare gli studenti in «parchi, teatri, biblioteche, cinema e musei», si legge nelle Linee guida. E al recupero di 3mila edifici scolastici dismessi negli ultimi anni. Anche a questo servirà il miliardo di euro aggiuntivo messo a disposizione dal governo. Basterà?

Assumendo un costo medio per studente di 6.134 euro, dichiarato dal Miur (inferiore agli 8.500 euro calcolati dall’Ocse), per ricollocare il 15% degli studenti servirebbero circa 7 miliardi di euro ai quali dovrebbero aggiungersi altri 3 miliardi di costi strutturali non assorbibili (tecnici, operai, professionisti e materiale) per recuperare gli edifici. L’“operazione 15%” avrebbe quindi un costo stimato di almeno 10 miliardi di euro. A questi, si dovrebbero poi aggiungere i 2,4 miliardi di euro per ricollocare, nelle scuole dello Stato, i 300mila alunni del 30% di paritarie a rischio chiusura a causa dell’emergenza sanitaria. In queste settimane, già 64 scuole paritarie, di tutti gli ordini e i gradi, hanno dichiarato che a settembre non riapriranno, come riporta il sito www.noisiamoinvisibili.it. Significa che già ora ci sono 2.764 studenti ai quali andrà trovata un’aula, per un costo di 23 milioni e 494mila euro.

Qui si inserisce la proposta di Usmi e Cism, che riprende l’esperienza realizzata a Milano nel 2013 dalla Giunta Pisapia per aggredire le liste d’attesa delle scuole materne. Allora, il sindaco decise di assegnare un voucher di 2mila euro alle famiglie, da spendere per “acquistare” il servizio dalle materne paritarie. Allo stesso modo, sottolineano madre Yvonne Reungoat, e padre Luigi Gaetani, presidenti di Usmi e Cism, oggi lo Stato potrebbe pensare di assegnare una quota capitaria alle famiglie del 15% degli allievi che non trovassero posto nella scuola statale, di 5.500 euro, pari al costo standard di sostenibilità per allievo.

Parametro allo studio di una commissione ministeriale insediata con decreto della ministra Valeria Fedeli. Con questi soldi, le famiglie potrebbero scegliere in quale scuola paritaria mandare i propri figli, che così avrebbero la certezza di un’aula e non sarebbero, quindi, dispersi per le città. Assegnare un “buono” di 5.500 euro al 15% degli studenti delle scuole statali, avrebbe un costo di 6,2 miliardi, con un risparmio immediato per lo Stato di 3 miliardi e 800 milioni, rispetto ai 10 miliardi di costi calcolati secondo i parametri indicati dalle Linee guida ministeriali. Riconoscerlo anche al 30% degli alunni delle paritarie a rischio chiusura, costerebbe 1,4 miliardi (contro i 2,3 miliardi dei costi stando alle Linee guida), con un ulteriore risparmio di 882 milioni di euro. Complessivamente, quindi, assegnare un voucher di 5.500 euro alle famiglie consentirebbe di risparmiare 4 miliardi e 700 milioni.

Che potrebbero essere anche di più se si evitasse la chiusura del 30% delle paritarie, investendo un miliardo del decreto Rilancio, come richiesto da Usmi e Cism. Le risorse sono contenute in sette emendamenti, all’esame della Camera, che, tra gli altri, riguardano «la detraibilità integrale del costo delle rette versate dalle famiglie, fino a un tetto massimo di 5.500 euro». «Non sarebbe un favore ai ricchi – ricordano Usmi e Cism –. I numeri parlano con la loro schiacciante evidenza. Con i “Patti educativi di comunità” tutta la scuola potrà ripartire a settembre. Segnando l’effettiva rinascita del Paese, dopo questo inverno sociale, economico e culturale».

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