Dalla sanità alle campagne d'odio: è iniziato il duello Meloni-Schlein

La premier ad Ancona punta su Zes e nuovi fondi promessi prima del voto, la segretaria del Pd a Pesaro evoca condizionamenti molto forti del governo e parla di antifascismo. I temi sul piatto
September 17, 2025
Dalla sanità alle campagne d'odio: è iniziato il duello Meloni-Schlein
Ansa | La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, mercoledì sera ad Ancona per un comizio in vista delle Regionali nelle Marche
Le Marche sono una tappa di passaggio per entrambe, Meloni e Schlein. Importante, perché si vota per la Regione alla fine della prossima settimana. Ma ancora un test di riscaldamento: il bilancio si farà il 24 novembre, quando ad aver votato saranno anche Calabria, Toscana, Valle d’Aosta, Campania, Puglia e Veneto.
Un tour de force che tirerà la volata alla lunghissima campagna verso le politiche del 2027, inframezzata a sua volta da un referendum sicuro, quello sulla giustizia, e un altro, eventuale e sempre più sfocato, sul premierato. Le due leader ieri erano a un’ora e un minuto di distanza, 81 chilometri. Lo spazio che separa Ancona, dove la premier ha tenuto il palco insieme a Salvini, a Tajani e al governatore in carica Acquaroli, da Pesaro, dove la segretaria dem, spalleggiata dal presidente del partito Bonaccini, ha provato a dare una spinta al candidato Matteo Ricci. Non solo il confronto tra le due leader al femminile. Ma anche il confronto tra una coalizione storica, che ha trent’anni sulle spalle, come rivendica Meloni, e una nascente, dato che per la prima volta Pd e M5s hanno trovato un accordo sistemico tra loro che ingloba anche Avs e componenti di centro.
Ne viene fuori un botta e risposta simulato. «C’è chi fa odio per business», dice la premier rilanciando uno dei concetti-chiave di questa sua fase politica (Salvini, dal palco di Ancona, ha anche chiesto un minuto di silenzio per Kirk). «Viva l’Italia antifascista», replica a distanza la segretaria del Pd che negli ultimi giorni è anche attaccata e insultata dall’influencer italo-americano Joey Mannarino. E ancora: «Con Acquaroli le Marche hanno cambiato volto», rivendica la presidente del Consiglio. E Schlein, a stretto giro, quasi prefigurando un primo round a vantaggio del centrodestra: «Sappiamo che c’è un potere di condizionamento forte, ma l’urna è segreta...».
Nelle Marche Meloni ci arriva forte dell’inclusione della Regione nella Zes unica, e con sondaggi positivi. Perciò è lì anche per guardare oltre. Come Schlein, d’altra parte. Schlein è efficace quando dice che «quando Meloni tagliava la Sanità io andavo ancora all’università», e batte su un dente che duole quando ricorda che «è una vergogna che in tre anni non abbiano fatto niente per i salari». Ma la premier non subisce. «Non è che non ci ricordiamo quando con i soldi di chi lavorava coi redditi medio bassi si pagavano i salvataggi delle banche, o il Superbonus con cui abbiamo consentito la ristrutturazione delle seconde case e anche dei castelli. Ci vuole coraggio a parlare di salario minimo oggi, come grande soluzione. In 10 anni che sono stati al governo, se era la risposta, potevano farlo, mentre si occupavano di altro». Sono temi da campagna elettorale nazionale. Con una sottotraccia, l’affidabilità delle coalizioni. Meloni non solo rivendica la storia del centrodestra e il record, vicino, di «terzo governo più longevo». Ma punta il dito sui suoi avversari: «L’unico progetto che hanno è buttare a terra me. Ma che progetto è?». Mentre la sua alleanza rende l’Italia «schietta e autorevole» in un «contesto internazionale complesso». Insomma, dall’altra parte il Pd avrebbe sposato un piano riduttivo, poco comprensibile, degno del «Conte Mascetti», personaggio mitico della saga di Amici miei.
Una provocazione che chiama in causa l’ex presidente del Consiglio e leader M5s Giuseppe Conte. L’avvocato appoggia Ricci nonostante i mal di pancia iniziali per l’inchiesta a carico dell’ex sindaco di Pesaro, nell’ambito di un accordo che lo ha portato ad esprimere due candidature a governatore, quella di Fico in Campania e quella di Tridico in Calabria. La caricatura che fa la premier non gli piace, e replica: se lui è il conte Mascetti, allora Meloni è «Wanna Marchi», l’ex regina delle televendite la cui storia non è finita in gloria. «Solo che delle tue televendite su blocchi navali, tasse, accise e pensioni restano solo macerie per i cittadini », affonda il capo del Movimento cinque stelle. Insomma prove tecniche di elezioni nazionali. E ancora deve svolgersi il primo round marchigiano. Un forcing elettorale che non aiuta a trovare parole di convergenza, meno che mai sul Medioriente e la politica estera. Anzi, non ci si tira indietro dal portare nelle Regioni proprio il clima pesante che si respira su questi dossier. «Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta », dice la presidente del Consiglio, mentre la segretaria del Pd lamentava pochi giorni fa di ricevere messaggi con scritto «a noi», saluto fascista. Ed è con questi toni che si avvicinano al voto le Marche e le altre Regioni, praticamente mezza Italia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sotto, Meloni ieri a Fabriano per il centenario della nascita di Francesco Merloni / Ansa

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