giovedì 5 marzo 2020
«La pressione di questa massa di povera gente è enorme», denuncia l'arcivescovo di Atene che chiede l'aiuto della Ue. Intanto le squadracce paramilitari di estrema destra sono in azione
Scontri al confine tra Grecia e Turchia, dove sale la pressione della povera gente usata da Erdogan come una bomba umana contro Atene e la Ue

Scontri al confine tra Grecia e Turchia, dove sale la pressione della povera gente usata da Erdogan come una bomba umana contro Atene e la Ue - Ansa /Epa

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Al momento dei primi scontri, quando fin dall’alba le guardie di confine lanciano fumogeni e candelotti stordenti in direzione del confine turco, il collerico Dinos è già alla frontiera. Si parla di diversi feriti e di un altro rifugiato ucciso da colpi partiti dal versante greco. Atene smentisce. Ankara conferma, ma non mostra le prove.

Per Dinos questa è una guerra di propaganda. Ma è l’unica cosa su cui si può essere d’accordo con lui. Anche la notte precedente ha catturato migranti sfuggiti alla polizia per consegnarli al commissariato. Bicipiti gonfi e rosario al collo, Dinos Theoharidis non è un poliziotto, ma il capo delle squadracce anti-migranti. Si presenta così: «Siamo dei patrioti, come Salvini lo è in Italia».

Sulle prime può sembrare un chiacchierone tutto muscoli e frasi fatte. Ma da queste parti è lui il colonnello di Alba Dorata. Che non è solo la formazione politica di estrema destra. È anche il vessillo intorno al quale si riuniscono le ronde dei paramilitari in tuta nera.

Non fanno nulla per nascondersi. «Se intercettiamo degli stranieri, li fermiamo e li consegniamo alla polizia», spiega Dinos dall’alto del suo metro e novanta. «Come faccio a catturare i migranti? Ho i miei metodi», risponde mentre un ufficiale di polizia passa a salutarlo con gli ossequi che si devono a un rispettato veterano. C’è da prenderlo sul serio. Per quindici anni Dinos è stato un operativo nei corpi speciali dell’Esercito di Atene. E per un un soffio non è entrato nel Parlamento greco, «anche se adesso è qui che c’è più bisogno, tra la mia gente, non ad Atene».

Dinos Theoharidis. Il colonnello di Alba Dorata che guida i paramilitari di estrema destra nella caccia ai profughi che la Turchia spinge in Europa

Dinos Theoharidis. Il colonnello di Alba Dorata che guida i paramilitari di estrema destra nella caccia ai profughi che la Turchia spinge in Europa - Avvenire

Loquace ma diffidente, Dinos non vuole essere ripreso. L’unico modo è fotografarlo di nascosto. A Kastanies e nei villaggi intorno tutti sanno e molti approvano. Di solito piomba con il suo fuoristrada Dacia, modificato come fosse un’auto sportiva: cerchioni scintillanti, gomme ribassate, la bandiera a scacchi sui fianchi. Da due giorni lo teniamo d’occhio. Sempre vestito di nero. Occhiali scuri anche al tramonto. Quando se li sfila mostra occhi di ghiaccio. Con uno come lui, tutti i cliché sui “giustizieri della notte” suonano come un facile copione.

Le squadracce si danno convegno nel tardo pomeriggio. Fedeli al nome, quelli di Alba dorata perlustrano fino al sorgere del sole l’argine dell’Evros e i sentieri tra i campi. Solo allora si sfilano i visori notturni. «Una volta – racconta con la consueta spavalderia – ne abbiamo bloccati 70 in un colpo solo». Dice di non fare nulla di illegale. «Tutti qui abbiamo almeno un fucile per andare a caccia», spiega, alludendo con una smorfia ai suoi “metodi”. «Non ci credi? Guarda qui».

E dal suo telefono stavolta fa partire alcune immagini, ma non concede che vengano rese pubbliche. È un campionario di “trofei di guerra”. Fra l’altro lo si vede tenere a bada con i suoi compari un gruppo di ragazzi terrorizzati, rincorsi e accerchiati nella boscaglia durante il tramonto. È successo pochi giorni fa. Poi, forse per errore, si avvia un altro filmato. Improvvisamente si fa incerto: «Non siamo stati noi a fargli questo, ma la polizia bulgara, te lo giuro».

Tre ragazzi, probabilmente asiatici, sono a torso nudo. Tremano. Con lo sguardo supplicano pietà. Hanno diverse ferite sul dorso. Uno di loro sanguina vistosamente dalla spalla destra, ma come gli altri tiene le mani dietro la testa. «Sono stati i cani dei militari bulgari – ripete Dinos sperando di convincerci –, noi li abbiamo solo incontrati alla frontiera e consegnati alla polizia». Anche in mattinata, quando ci è stato permesso di raggiungere l’area degli scontri, le guardie di confine di Atene avevano schierato i cani lupo.

Solo ieri, informa una fonte della polizia, durante le dodici ore di luce sono stati arrestati 11 migranti, 4.600 quelli respinti.

«La pressione di questa massa di povera gente è enorme», denuncia Sevastianos Rossolatos, arcivescovo di Atene che chiede aiuto all’Europa. Che risponde con pochi aiuti umanitari, ma più armi. Sabato arriveranno i primi uomini delle squadre di “risposta rapida” di Frontex, l’agenzia europea per i confini.

Il quotidiano Kathimerini, citando i vertici del Geetha, i reparti di terra dell’esercito greco, sostiene che le operazioni sono da ricollegare al respingimento dei migranti irregolari. In un video è possibile vedere militari in assetto da guerra che si esercitano lungo il confine sparando a dei bersagli.

Il “patriota Dinos” è contento di sapere che le forze speciali stanno arrivando qui. «La Turchia ci ha dichiarato guerra», scandisce. A dettare i tempi dell’attraversamento della frontiera non è solo il cinismo della politica. Tra poche settimane, quando la cresta bianca della piatta cordigliera comincerà a sciogliersi, il letto dell’Evros tornerà a gonfiarsi.

Passare sarà quasi più pericoloso che tentare l’attraversamento in barca dalle spiagge turche a quelle di Lesbo, dove ancora ieri ci sono state tensioni. E i profughi che si accalcano dietro il reticolato non sanno quando Erdogan li lascerà partire ancora una volta. Soprattutto non sanno che una volta superato il confine, ad attenderli ci saranno le mute di xenofobi agli ordini di un veterano.

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