mercoledì 20 marzo 2024
Il Patto per la non autosufficienza boccia il decreto attuativo: non cambia l’assistenza, né la prestazione universale. Ecco perché
Un'anziana in compagnia di una badante

Un'anziana in compagnia di una badante - Ansa

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Il giudizio è tanto netto quanto severo: «La riforma dell’assistenza agli anziani è stata rinviata» a data da destinarsi. Il decreto legislativo arrivato alla conclusione del suo lungo iter, infatti, «non attua la legge delega approvata lo scorso anno se non per aspetti molto limitati». E così i 3,8 milioni di anziani non autosufficienti nel nostro Paese dovranno attendere ancora per assistere a una vera svolta del welfare a loro dedicato.

Ad analizzare in maniera così critica l’esito del decreto attuativo è il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza – il cartello tra 60 organizzazioni a vario titolo coinvolti nella rappresentanza o nella cura o degli anziani – che tanta parte ha avuto nella costruzione tecnica della legge delega varata dal governo Draghi, approvata con poche modifiche dall’esecutivo Meloni e licenziata dal Parlamento senza voti contrari dell’uno o dell’altro schieramento. L’iter attuativo, invece, è stato decisamente più travagliato: per la mancanza di risorse significative investite, i limiti stringenti chiesti dal Mef e per l’impostazione normativa che non avrebbe dato avvio a un immediato cambiamento né avrebbe gettato le basi per la futura costruzione di un sistema diverso. Tanto che, caso raro, la conferenza delle Regioni ha mantenuto il giudizio negativo e i rapporti del Governo con tutte le parti coinvolte si sono fatti tesi e improduttivi.

Fra gli esperti del Patto il giudizio è positivo solo per «le indicazioni di sicura utilità riguardanti le valutazioni della condizione di non autosufficienza dell’anziano», ma in generale il «decreto non prevede la riforma dell’assistenza agli anziani», si legge in una bozza di analisi che sarà diffusa nei prossimi giorni. Manca cioè quel «riordino complessivo del settore, previsto dal Pnrr, obiettivo della riforma attesa in Italia da oltre 20 anni». Al suo posto «un testo ricco di dichiarazioni di principio, esercizi definitori e rimandi ad altre normative destinato a lasciare sostanzialmente immutate le politiche di assistenza agli anziani».

Due gli aspetti fondamentali che dimostrerebbero l’inefficacia dell’attuazione della legge delega. A partire dall’obiettivo centrale della riforma: migliorare i servizi domiciliari. «Nel passaggio dalla Legge delega al decreto attuativo viene cancellata la prevista riforma dell’assistenza a casa. Si sarebbe dovuto introdurre un modello di servizi domiciliari specifico per la non autosufficienza, oggi assente nel nostro Paese. Rimane, invece, solo il coordinamento tra gli interventi sociali e sanitari erogati dagli attuali servizi domiciliari mentre sono assenti aspetti decisivi quali la durata dell’assistenza fornita e i diversi professionisti da coinvolgere. Oggi gli interventi a casa, offerti perlopiù dall’Assistenza domiciliare integrata (Adi) delle Asl, durano in prevalenza al massimo tre mesi mentre la non autosufficienza si protrae spesso per anni. Forniscono, inoltre, singole prestazioni infermieristiche certamente positive (medicazioni, cambio catetere) ma senza affrontare le esigenze dovute alla non autosufficienza, come quelle di servizi di informazione/consulenza e di sostegno psicologico per i familiari. Detto altrimenti, sono servizi utili ma non pensati per tale condizione».

La seconda grande questione è quella della prestazione universale che doveva riformare e integrare l’indennità di accompagnamento. La riforma invece non c’è e viene aggiunto un intervento temporaneo per il biennio 2025-2026 di 850 euro mensili per gli ultra 80enni fino a 6mila euro di Isee. «Viene così introdotto il principio che si può fruire dell’assistenza per la non autosufficienza solo se, oltre a trovarsi in questa condizione, si è poveri mentre attraverso il welfare è necessario sostenere anche le classi medie». In ogni modo, la nuova prestazione sarà fruita da una platea molto ridotta, meno di 30mila persone. E, d’altro canto, la sua estensione avrebbe costi esorbitanti: 10,2 miliardi l’anno per assicurarlo a tutti gli ultra 80enni che ricevono l’indennità di accompagnamento e 14,3 miliardi per tutti i percettori dai 65 anni in su.

Si tratta, nel giudizio del Patto per la non autosufficienza di una sostanziale bocciatura, ma il cartello di associazioni non intende chiudersi in una sterile contrapposizione. Anche perché il decreto legislativo, in vigore da ieri dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, lascia aperte molte possibilità di intervento visto che riguarda gli anziani in generale e prevede ben 22 altri interventi tra decreti e linee guida da emanare.

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