lunedì 17 giugno 2013
Dossier Ocse conferma: un vantaggio economico per lo Stato.In un’indagine europea i numeri virtuosi del sistema scolastico non statale. Che ogni anno si accolla una “fetta” di spesa pubblica pari a oltre 6 miliardi e mezzo di euro e che in cambio viene tartassato con imposte e contributi congelati. Senza contare l’aumento dell’Iva dal 4% al 10% previsto per il prossimo anno. (di Enrico Lenzi)
INTERVISTA Toccafondi: «Basta ideologia, questa è scuola pubblica»
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L’Ocse conferma: le scuole paritarie sono un risparmio per lo Stato. E, fatti i conti, l’ammontare del risparmio supera i 6 miliardi e 644 milioni di euro. A dire il vero il rapporto dell’organismo internazionale, fissa per la prima volta - come soggetto terzo - il costo medio di uno studente delle scuole statali italiane: 6.882,78 euro l’anno. Se si pensa che mediamente per uno studente di scuola paritaria lo stesso Stato spende 500 euro l’anno, il conto è presto fatto: per ogni studente delle paritarie lo Stato non spende (e dunque risparmia) 6.382,78 euro, che moltiplicato per il milione e 41mila iscritti attesta la cifra complessiva a 6 miliardi e 644 milioni di euro. Risparmio persino superiore a quello calcolato qualche anno fa dall’Associazione genitori scuole cattoliche, che era di 6 miliardi di euro.Eppure nonostante questo oggettivo risparmio per lo Stato, l’esistenza della scuola paritaria viene messa a dura prova. Non solo per il prossimo triennio sono previsti tagli del capitolo di bilancio (dei 530 milioni originari ne sono previsti 274 nel 2014, 270 nel 2015 e 270 nel 2016), ma anche parte di quelli faticosamente recuperati dal taglio 2013 risulta al momento congelata. Sono 160 milioni sui 223 «recuperati» con un accordo Stato-Regioni. Motivo? Nel decreto 174 del novembre 2012 (disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti locali), vi è un passaggio normativo in base al quale se le Regioni non effettueranno i risparmi di spesa imposti entro il 30 giugno, si arriverà alla decurtazione del fondo 2013 fino ad una cifra pari a 160 milioni di euro, attualmente «congelati»: circa il 30% del fondo. Un duro colpo per i bilanci delle scuole paritarie che su quella cifra hanno fatto conto. E se non bastasse resta aperto il capitolo dell’Imu, da cui lo scorso anno le paritarie non sono state esentate. Per non parlare dell’arrivo della tassa sui rifiuti Tares, che costringerebbe gli istituti paritari a pagare in base ai metri quadrati e non rispetto agli iscritti, come invece sembra essere previsto per istituti scolastici con altra gestione. Neppure le cooperative scolastiche si salveranno con l’aumento dell’Iva dal 4 al 10% a partire dal prossimo anno.Prospettive che sembrano rendere sempre più difficile la vita delle scuole paritarie nonostante le affermazioni del ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza presentando le linee del suo programma, per il quale «occorre salvaguardare il carattere plurale del nostro sistema di istruzione attraverso misure volte a tutelare la qualità e l’inclusività anche delle scuole pubbliche paritarie». «Serve un approccio che abbandoni l’ideologia e affronti i dati di fatto» commenta il sottosegretario Gabriele Toccafondi, a cui è stata assegnata la delega per la scuola paritaria. E un primo intervento dovrebbe riguardare proprio lo sblocco di tutti i fondi del 2013 e il reintegro per l’intero triennio 2014/2016. La prospettiva è chiara: non rifinanziare almeno i 530 milioni euro mette lo Stato a rischio di doverne sborsare 6 miliardi e 644 milioni.
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