mercoledì 11 novembre 2020
La nave della Ong spagnola si trovava in missione in acque internazionali quando per la prima volta dopo anni un aereo di Frontex le ha fornito via radio le coordinate del gommone in avaria
Il salvataggio di Open Arms, 100 in mare. Almeno 6 i morti, anche un neonato
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Non succedeva da anni, tanto che sono rimasti sorpresi anche loro, i soccorritori della Ong spagnola Open Arms, quando nella mattinata hanno ricevuto da un aereo di Frontex, l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, la segnalazione via radio di un'imbarcazione in avaria con oltre cento persone a bordo. Ancor più scioccante è stato per quegli stessi uomini, calati sui rhib, le lancie con cui vengono eseguiti i salvataggi, ritrovarsi davanti agli occhi soltanto i resti di un gommone semi-affondato. E tutto intorno una distesa di mare punteggiato dall’arancione dei giubbetti di soccorso, che fortunatamente i soccorritori nel primo approccio con il gommone in avaria erano riusciti a distribuire alle persone a bordo. Quest’ultima è l’immagine drammatica diffusa dalla Ong spagnola sui social network nel tentativo di fare di nuovo appello alla necessità di avere vie legali e canali sicuri per l’arrivo delle persone in Europa che possano evitare le morti in mare, che inevitabilmente, ci sono state anche oggi 11 novembre 2020.

Twitter Open Arms

Le fasi del soccorso sono state concitate e la tensione è salita quando il gommone si è schiantato da solo: le persone sono volate in acqua all’improvviso. In particolare è stato il fondo ad aver ceduto, generalmente costituito di semplici assi di legno che non offrono alcuna garanzia di sicurezza, esso facilmente dopo più di 48 ore di navigazione si può spaccare sotto il peso del carico umano e di sofferenza che trasportano. Una dinamica che i soccorritori più esperti, guidati dal comandante Marc Reig, conoscono fin troppo bene e che ha permesso loro di reagire con prontezza e lanciare subito in mare due safety float, galleggianti a cui le persone in mare hanno potuto aggrapparsi nell’attesa di essere caricate a bordo dei due rhib di salvataggio. Altre ancora cercavano di rimanere attaccate ai resti del gommone semiaffondato e purtroppo sempre dalle immagini drammatiche diffuse, anche attraverso un video, alcuni altri naufraghi, più isolati, si sono ritrovati a distanza di decina di metri dai resti dell'imbarcazione.

Le operazioni di soccorso sono andate avanti per ore: difficile dire quanti siano i dispersi in mare, finora quello che si sa è che almeno 5 sono i corpi senza vita ritrovati e portati a bordo della nave Open Arms, mentre altre 111 persone sono state salvate. A bordo la situazione resta complicata, soprattutto ci sono molte persone che avrebbero bisogno di un’urgente evacuazione medica. Purtroppo in serata è arrivata la notizia della morte accertata di una sesta persona, un bimbo di appena 6 mesi per il quale era stata chiesta una evacuazione urgente. Ma il piccolo non ce l'ha fatta.



Gli spazi a bordo peraltro sono stretti, considerando che 24 ore prima di ricevere la segnalazione di Frontex, la nave Open Arms aveva già soccorso in un’altra operazione di salvataggio 88 persone e nel contempo aveva continuato l’attività di search and rescue alla ricerca proprio di questa imbarcazione con oltre cento persone a bordo, per la quale gli attivisti di Alarm Phone avevano già diffuso la richiesta di soccorso due giorni fa.



Va ricordato che Open Arms è l'unica imbarcazione tra quelle umanitarie che non è stata costretta a rimanere ormeggiata in un porto europeo.

Da marzo a oggi il governo italiano, di fatto, ha bloccato sei navi umanitarie. Lo scorso 26 settembre era scattato il fermo amministrativo, l’ultimo in ordine cronologico, che ha riguardato la Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans. In porto forzatamente ormeggiate vi erano già le Sea Watch 3 e 4, la Ocean Viking di MSF, la Alan Kurdi della Ong SeeEye e la Aita Mari che fa capo agli attivisti baschi di Proyecto Maydayterraneo.

Tutte le contestazioni rivolte riguardano l’attività di «assistenza a migranti in mare», categoria giuridica che di fatto non esiste nel diritto della navigazione. “Se le persone da noi soccorse non fossero migranti, le stesse presunte irregolarità non verrebbero contestate - aveva spiegato Giorgia Linardi, giurista e portavoce della Ong Sea Watch in un editoriale su Il Domani -. Per questo non possiamo che pensare che alla base del fermo della nostra nave vi siano, anche in questo caso, delle considerazioni di natura politica più che legale”. “La principale di queste contestazioni, per esempio, riguarda il fatto che Sea-Watch 4 ha trasportato un numero di persone superiore rispetto a quelle per cui la nave è certificata. È un’accusa assurda, se si pensa che le persone che abbiamo portato a bordo erano state salvate nell’ambito di operazioni di emergenza, è un obbligo di diritto internazionale soccorrere chiunque si trovi in pericolo in mare”.

I ricorsi giudiziari delle Ong sono già partiti, ma contestualmente in questi mesi migliaia di altre persone sono annegate nel Mediterraneo centrale svuotato dalle navi di soccorso, nell'indifferenza delle autorità europee.


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