venerdì 10 luglio 2020
Lo psichiatra Cantelmi: nella legge si dica esplicitamente che l’indagine scientifica non è in pericolo. Non può diventare un reato esprimere opinioni sulle espressioni dell’orientamento sessuale
Lo psichiatra Cantelmi: nella legge si dica esplicitamente che l’indagine scientifica non è in pericolo. Non può diventare un reato esprimere opinioni ragionate sulle espressioni dell’orientamento sessuale

Lo psichiatra Cantelmi: nella legge si dica esplicitamente che l’indagine scientifica non è in pericolo. Non può diventare un reato esprimere opinioni ragionate sulle espressioni dell’orientamento sessuale - Siciliani

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Si è conclusa giovedì sera in commissione Giustizia alla Camera la discussione sul testo che si propone di estendere agli atti di discriminazione e di violenza legati al sesso, al genere, all’identità di genere e all'orientamento sessuale, quanto previsto dagli articoli 604 bis e ter del codice penale. Rimandata invece a martedì prossimo la votazione dell’articolato messo a punto da Alessando Zan (Pd). Lo aveva deciso mercoledì a tarda sera l’ufficio di presidenza della Commissione dove era stata raggiunta una intesa con Lega e Fdi, che minacciavano ostruzionismo. Dopo la votazione sul testo base, ci sarà tempo fino a mercoledì 15 luglio alle 16 per la presentazione degli emendamenti. La proposta di legge è atteso in Aula, alla Camera, per il 27 luglio. Intanto ieri c’è stato un intervento della ministra del-l’Interno, Luciana Lamorgese, sui figli delle coppie omogenitorali. Rispondendo al question time, a una domanda relativa alla carta di identità dei minori con due mamme o due papà, ha detto si sta valutando «un adeguamento dei software idonei a immettere i dati». Come si ricorderà, era stato il ministro Salvini nel 2019 a togliere la dicitura 'genitori' per reintrodurre 'padre e madre'. Ora però, ha detto Lamorgese, «il Garante per la protezione dei dati personali ha comunicato segnalazioni sull’applicazione del decreto ministeriale, dando la disponibilità per intervenire». L’intenzione, in sostanza, è quello di tornare alla dicitura 'genitori'. Una scelta, non solo formale, che rischia di scatenare nuove polemiche.


«Nella proposta ci sono ambiguità che vanno chiarite e concetti non ben definiti. Tutto il lavoro clinico sui temi del genere deve avere la possibilità di fare ipotesi e di verificarle senza conseguenze»

«Escludiamo esplicitamente la ricerca scientifica dalla legge sull’omofobia. Il rischio è che ipotesi apparentemente negative sul tema dell’orientamento sessuale e della sua espressione possano essere giudicate come un reato». L’invito arriva da Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, docente di psicopatologia all’Università Gregoriana, autore di molti studi sul genere e sulle patologie legate all’orientamento sessuale.

La proposta di legge sull’omofobia, come autorevolmente osservato da studiosi come Mirabelli e D’Agostino, pretende di risolvere con il diritto penale un complesso nodo antropologico nei confronti dell’omosessualità e degli altri orientamenti che rifiutano il binarismo sessuale. È davvero così difficile definire scientificamente questioni come omofobia, identità di genere, orientamento sessuale?

Il contributo della scienza è molto vasto e direi ha aiutato profondamente a depatologizzare l’orientamento omosessuale e a restituire dignità a persone profondamente ferite da gravissimi comportamenti discriminatori e violenti. Oggi sappiamo che la scienza non ha difficoltà a considerare l’orientamento omosessuale come una variante del comportamento sessuale senza pregiudizi e senza discriminazioni. Questo ovviamente ha molte conseguenze anche sul piano pastorale. Su questo ci dobbiamo interrogare con onestà. È un percorso lungo che la comunità scientifica ha fatto nel tempo e che tutti noi stiamo facendo. Quindi la premessa fondamentale è quella di accogliere il contributo della riflessione scientifica in ogni ambito.

Lei ha fatto presente il rischio per l’attività di ricerca scientifica a livello psicologico e antropologico derivante da una possibile approvazione della legge Zan. Da dove nasce questo timore?

Ho apprezzato molto il dialogo che sulle pagine di Avvenire si è sviluppato sul tema relativo alla proposta di legge Zan. Si è trattato di un dialogo pacato, non ideologico, concreto e molto significativo. Credo che questo sia il modo giusto per affrontare la questione. All’inter- no di questo dialogo vorrei sottolineare un pericolo. E ovvio che le intenzioni di coloro che propongono questa legge siano oneste, volte difendere la dignità di persone spesso ferite da comportamenti in passato discriminatori e violenti. Ma, aldilà delle intenzioni, la legge per la sua ambiguità, per la sua nebulosità, per la sua scarsa capacità di definire concetti ancora in divenire nel mondo scientifico, si presta ad equivoci. Un equivoco può riguardare la ricerca clinica. Io credo che la ricerca clinica vada esclusa da questa legge. La ricerca clinica deve avere la libertà fondamentale di fare ogni tipo di ipotesi e di verificarla. Il rischio è che ipotesi apparentemente negative sul tema dell’orientamento sessuale e della sua espressione possano essere giudicate come un reato e bloccare completamente la ricerca scientifica. Insomma invoco un salvacondotto per la libertà della ricerca scientifica in ogni ambito. Ci sono già i codici deontologici che regolano bene la questione.


«Ma non credo nella dittatura del pensiero unico. Talvolta ci sono state reazioni eccessive da parte di una minoranza discriminata. Andiamo avanti a riflettere insieme nel rispetto reciproco»

Nell’illustrare la proposta di legge è stato però spiegato che l’obiettivo è punire gli atti di discriminazione, la violenza anche verbale, non le opinioni espresse con rispetto. Perché ritiene possibile invece una deriva verso una dittatura delle idee? Questo già avviene nell’ambito della psicologia e della psichiatria?

Per la verità io non credo che esista una sorta di dittatura del pensiero, io credo che esista una reazione eccessiva volta a difendere una minoranza, suscitata da un passato davvero doloroso. Per questo sono per un dialogo non ideologico, dove è possibile accogliere e sostenere ogni tipo di sofferenza. Insomma chiedo una de-ideologizzazione del dialogo.

Se domani arrivasse nel suo studio un omosessuale dicendo di vivere con profondo disagio il suo orientamento sessuale, lei potrebbe occuparsi serenamente di questa persona senza temere la 'condanna sociale' della comunità scientifica?

Come ho già sostenuto in molte altre circostanze non credo né nelle psicoterapie riparative né nelle psicoterapie affermative, ma credo soltanto nella psicoterapia. Credo che ogni sofferenza debba essere accolta e ogni sofferenza debba essere rispettata profondamente, aiutata, accompagnata e sostenuta. È chiaro che il principio di autodeterminazione del paziente deve essere rispettato, ma deve essere sempre rispettato, sia quando il paziente cerca aiuto per superare una condizione sia quando cerca aiuto per affrontarla secondo i suoi valori e i suoi principi. Debbo dire che dopo un periodo molto contrastato e ideologicamente segnato oggi nella prassi terapeutica non abbiamo più atteggiamenti ideologici. Anche in questo campo, la prassi è più avanti della riflessione. In generale su questo tema molto delicato relativo all’orientamento sessuale io credo sia giunto il tempo del superamento di sterili contrapposizioni ideologiche.


«L’ideologia? Nella prassi terapeutica è stata messa da parte da molto tempo La scienza ha contribuito a depatologizzare l’orientamento sessuale per cui tante persone hanno sofferto»

L’ultimo documento ufficiale della Chiesa che si è espresso su questo tema, la relazione finale al Sinodo dei giovani 2018, sollecita un confronto con 'le diverse inclinazioni sessuali' e ammette che è necessario una 'più approfondita elaborazione antropologica, teologica e pastorale'. Vuol dire che anche l’antropologia cattolica sta rivendendo alcune posizioni?

Direi che l’atteggiamento pastorale dell’accoglienza e dell’accompagnamento sia la chiave giusta per affrontare la questione. Come dice Papa Francesco in Amoris Laetitia per accogliere è necessario non giudicare e per accompagnare è necessario tanto rispetto per la persona. Si tratta dunque di valorizzare il contributo della riflessione scientifica all’interno della visione antropologica cristiana. Io direi che le parole chiave sono 'non giudicare', 'de colpevolizzare', 'accogliere',' sostenere', 'accompagnare', 'rispettare', 'integrare'. Le nostre comunità nella prassi già fanno tutto questo è lo fanno anche molto bene. Direi che in questo momento la prassi e più avanti della riflessione.


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