martedì 21 gennaio 2025
Al processo a Roma contro gli 007 egiziani, Paola Deffendi racconta il calvario di quei giorni del 2016: dalla scomparsa al ritrovamento del cadavere di Giulio, fino alla drammatica visita in obitorio
Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, al processo

Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, al processo - ANSA

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Nell'aula bunker di Rebibbia, nell'udienza del processo contro gli uomini dei servizi egiziani processati in contumacia, è la volta della testimonianza - lucida e dignitosa - della madre del ricercatore friulano Giulio Regeni, sequestrato, torturato e ucciso 9 anni fa perché scambiato per una spia. Paola Deffendi racconta i momenti tragici del riconoscimento della salma al Cairo. «Mi sono chiesta: "Ma cosa ti hanno fatto Giulio?". Sul suo corpo ho visto la bestialità, la brutalità. Lì capii che era stato torturato». Le parole della donna sono macigni. Davanti ai giudici della prima Corte d'Assise di Roma Paola Deffendi racconta il calvario di quei giorni: dalla scomparsa al ritrovamento del cadavere del figlio, fino alla drammatica visita in obitorio per il riconoscimento.

«Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio - racconta la madre - ho potuto vedere solo il suo viso. Era coperto da un telo e chiesi di poter vedere almeno i piedi, ma una suora mi disse "suo figlio è un martire"» raccontato la donna. Poi aggiunge che l'ambasciatore italiano al Cairo «disse che era meglio che non vedessimo Giulio. Mi sentii vigliacca e volevo vederlo. Mi rispose "Paola, lo ricordi come era". Andiamo all'ospedale italiano del Cairo ci troviamo un sacco bianco con il ghiaccio intorno. Avevo l'illusione che non era Giulio».

Nel corso della audizione la mamma del ricercatore racconta dell'ultima volta in cui parlò con il figlio. «L'ultima volta lo abbiamo visto, tramite Skype, il 24 gennaio 2016. Ci disse del 25 gennaio, di cosa significasse al Cairo quella data. Gli dissi "Mi raccomando stai a casa". Lui ci spiegò di aver fatto la spesa per più giorni, ci rassicurò». Il 25 gennaio 2011 piazza Tahir al Cairo fu l'epicentro della rivolta che portò alla caduta del regime di Hosni Mubarak. La mamma di Regeni poi aggiunge che il 27 gennaio arrivò la notizia della scomparsa. «Mio marito mi ha chiamato con una voce mai sentita - dice Paola Deffendi - e a casa mi disse che Giulio era scomparso». Racconta quando li chiamò l'allora ambasciatore: «Ci disse "stiamo arrivando io e la ministra Guidi". Ci sembrò strano. L'ambasciatore ci disse "non porto buone notizie". Quando sono arrivati a casa di Giulio ci hanno abbracciato, facendoci le condoglianze».

La donna ricorda che suo figlio già era stato in Egitto. «Andò nel periodo del colpo di Stato di al-Sisi, quando ci tornò nel 2015 ci disse che la situazione era più calma e si sentiva tutelato in quanto ricercatore straniero. Non espresse mai alcun timore. Il 15 gennaio era il suo compleanno e gli mandai gli auguri e lo sentii felice e rilassato». La signora Deffendi rivela poi di avere incontrato l'ambasciatore egiziano in aeroporto, un incontro del tutto fortuito. «Non l'ho mai detto prima. Ci siamo seduti accanto a lui, chiedendo se sapeva che c'era un processo in Italia sul caso Regeni, lui disse di sì».

Nel corso dell'audizione la donna descrive il carattere e le inclinazioni di Giulio. «Fin da bambino era appassionato di storia, il mondo arabo lo ha conosciuto - racconta in aula - quando con tutta la famiglia siamo andati a Istanbul, andava in seconda media e ci accorgemmo che già aveva molto interesse per quella cultura». Racconta che il figlio «era sobrio, non era un giovane a cui piaceva apparire. Era una persona, un figlio desiderato, che ci manca, a tutti. Si fidava degli amici. Non era un giornalista. Era un ricercatore».

L'avvocato Alessandra Ballerini, legale dei genitori, interviene per sottolineare come «questo 2025 è iniziato con una udienza molto importante. Con il racconto fatto stamane della mamma di Giulio si è delineato ulteriormente il quadro dei giorni della scomparsa di Giulio ed anche il clima che i genitori hanno respirato al Cairo». L'avvocato Ballerini sottolinea l'importanza del video proiettato «sulla testimonianza di un'altra persona che si trovava nei luoghi dove è stato torturato Giulio. Lui ha assistito, seppur indirettamente, alle torture e sa chi ha partecipato, come anche uno psicologo che aveva evidentemente il compito di rendere ancora più fragile Giulio. Si sta ricostruendo sempre più chiara - afferma l'avvocato Alessandr Ballerini - quella ragnatela che si era costruita attorno a Giulio e che ha fatto sì che si abbattesse contro di lui tutto il male del mondo».

Dopo l'udienza, un pensiero dei genitori di Giulio per un altro italiano sequestrato da un regime: «La nostra famiglia è vicina a quella di Alberto Trentini», afferma Paola Deffendi. La solidarietà dalla signora Regeni è per l'uomo di 45 anni detenuto in Venezuela da due mesi dove si trovava in missione a Caracas per la Ong Humanity & Inclusion.




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