lunedì 7 maggio 2018
La Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) prende posizione sull'omeopatia sul sito web antibufale dottoremaeveroche.it: nessuna malattia si cura così
Gli scaffali di una farmacia

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La Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) prende posizione sull'omeopatia e lo fa sul suo sito web antibufale dottoremaeveroche.it. "Sebbene vi siano pubblicazioni di vari studi - si legge sul portale (QUI L'ARTICOLO COMPLETO) - allo stato attuale non ci sono prove scientifiche né plausibilità biologica che dimostrino la fondatezza delle teorie omeopatiche (quella dei simili, la successione o l'utilità delle diluizioni per potenziare i rimedi) secondo i canoni classici della ricerca scientifica".

IL PORTALE ANTIBUFALE: ECCO COS'È

"Infatti, diversi studi condotti con una metodologia rigorosa hanno evidenziato che nessuna patologia ottiene miglioramenti o guarigioni grazie ai rimedi omeopatici. Nella migliore delle ipotesi gli effetti sono simili a quelli che si ottengono con un placebo (una sostanza inerte). D'altra parte sarebbero numerose le testimonianze personali che riferiscono di successi terapeutici dovuti all'omeopatia, ma questi potrebbero essere facilmente spiegabili con l'effetto placebo, con il normale decorso della malattia o con l'aspettativa del paziente. L'effetto placebo è conosciuto da tempo, ha una base neurofisiologica nota e funziona anche su animali e bambini, ma il suo uso in terapia è eticamente discutibile e oggetto di dibattito".

"D'altra parte - prosegue l'articolo - i presunti meccanismi di funzionamento dell'omeopatia sono contrari alle leggi della fisica e della chimica. Anche l'annuncio di un ricercatore francese di aver scoperto una prova dell'esistenza della "memoria dell'acqua", nel 1988, venne smentito da un esperimento di controllo, mentre i suoi risultati non sono mai più stati riprodotti da altri laboratori. Lo studio, pubblicato su un'importante rivista scientifica, fu quindi ritirato. L'uso dell'omeopatia è un'abitudine molto limitata e in continua diminuzione, rappresenta infatti meno dell'uno per cento dei prodotti venduti in farmacia in Italia".

"Essendo una terapia basata su sostanze in quantità infinitesimali o inesistenti non vi sono rischi di effetti collaterali o pericolosi, ma sono comunque riportati eventi avversi gravi dovuti a errori di fabbricazione o contaminazione. Curare con la sola omeopatia malattie serie può inoltre esporre a problemi ulteriori, anche gravi, perché può ritardare il ricorso a medicine efficaci e curative", si legge sul sito che fa capo a Fnomceo.

"L'omeopatia - prosegue il portale web - è definita come metodo diagnostico e terapeutico, basato sulla "legge dei simili", che afferma la possibilità di curare un malato somministrandogli una o più sostanze in diluizione che, assunte da una persona sana, riproducono i sintomi caratteristici del suo stato patologico. Nella definizione di omeopatia sono comprese tutte le terapie che utilizzano medicinali in diluizione come specificato dal Decreto Legislativo n° 219 del 24/4/2006 e successivi atti".

La Conferenza Stato-Regioni del 7 Febbraio 2013 - si legge sul sito Fnomceo - ha sancito l'accordo con il quale definisce i "criteri e le modalità per la certificazione di qualità della formazione e dell'esercizio dell'omeopatia da parte dei medici chirurghi, degli odontoiatri, dei veterinari e dei farmacisti a tutela della salute e del corretto esercizio della professione".

"In Italia l'omeopatia può essere praticata solo da medici chirurghi abilitati alla professione. Questa norma non intende attribuire una base scientifica a questa pratica, ma solo garantire da una parte il diritto alla libertà di scelta terapeutica da parte del cittadino e dall'altro un uso integrativo e limitato alla cura di disturbi poco gravi e autolimitanti, evitando il rischio di ritardare una diagnosi più seria o che il paziente stesso sia sottratto a cure di provata efficacia. In ogni caso, il medico deve specificare che il prodotto non agisce su basi scientificamente provate e raccogliere il consenso da parte del cittadino, secondo quanto prescritto dall'articolo 15 del Codice di Deontologia Medica".

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