lunedì 22 maggio 2023
L'Oms: quando la prossima emergenza busserà, e lo farà, occorre rispondere in modo deciso, collettivo ed equo. Gli scienziati: non siamo preparati e i Paesi poveri non accedono ai farmaci
Mascherine sulle strade di Pechino

Mascherine sulle strade di Pechino - Epa

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Per evitare un’altra devastazione come la pandemia da Covid-19 gli Stati devono urgentemente «trovare un accordo» sulle future emergenze e sul Regolamento sanitario internazionale. Perché «quando la prossima pandemia busserà, e lo farà, dobbiamo essere pronti a rispondere in modo deciso, collettivo ed equo». È l’esortazione del direttore generale dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), Tedros Ghebreyesus, pronunciata nel corso dell’Assemblea mondiale della sanità in corso a Ginevra fino al 30 maggio. Il numero uno dell’Organizzazione chiede ai 194 Paesi membri un aumento di contributi per raggiungere gli “Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile” che investiranno anche la salute delle donne, dei bambini e degli adolescenti, l’assistenza sanitaria di base, la salute dei rifugiati e dei migranti, le malattie non trasmissibili e la salute mentale.

Quando ci sarà la prossima pandemia?

Virologi, infettivologi, epidemiologi, analisti e istituzioni sanitarie internazionali non hanno dubbi: non passeranno molti anni prima che il mondo si trovi ad affrontare una nuova pandemia. E c’è chi ha provato a fare stime precise. Secondo Airfinity, società londinese di analisi e informazione scientifica che lavora con governi, investitori, case farmaceutiche e organi di informazione, e che sviluppa studi predittivi, la probabilità che una pandemia mortale almeno quanto il Covid-19 possa verificarsi nei prossimi dieci anni è del 27,5%. La stima è stata ripresa nella lettera che 15 scienziati ed esperti di sanità pubblica a livello mondiale – tra i quali l’italiano Silvio Garattini, presidente dell’“Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs” – hanno indirizzato ai partecipanti al vertice del G7 appena conclusosi a Hiroshima, in Giappone. Gli stessi firmatari, riuniti sotto il coordinamento della People’s Vaccine Alliance, la colazione globale di oltre 100 organizzazioni e reti, supportata da premi Nobel, esperti di salute, economisti, capi di Stato, leader religiosi e attivisti che lavorano per un accesso equo alle tecnologie mediche per rispondere alle pandemie, menzionano lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences per il quale la «probabilità annuale che si verifichino epidemie gravi potrebbe triplicare nei prossimi decenni».

Il mondo è preparato ad una nuova pandemia?

Gli scienziati di The People’s Vaccine affermano che «il mondo non è adeguatamente preparato ad affrontare la prossima pandemia o la prossima emergenza sanitaria globale». Il Covid, sostengono, ha messo in luce «molte vulnerabilità riguardanti la prevenzione, la preparazione e la risposta alle minacce sanitarie». La problematica più grave è stata «l'iniquità globale nell'accesso a prodotti ed alle tecnologie mediche salvavita ed al rispettivo know-how». È vero: per far fronte al virus «sono stati compiuti incredibili progressi scientifici, supportati da finanziamenti pubblici senza precedenti». Ma «i benefici sono rimasti appannaggio dei Paesi più ricchi e sono stati inoltre utilizzati delle aziende farmaceutiche per massimizzare i loro profitti». Proprio per questo i firmatari della lettera al G7 chiedono «di rimuovere ogni barriera allo sviluppo ed alla produzione di medicinali e vaccini», perché «il mantenimento di rigide norme sulla proprietà intellettuale ha assicurato lo sviluppo di monopoli alle aziende farmaceutiche, ed ha impedito la produzione su larga scala a livello mondiale di vaccini e medicinali generici a prezzi accessibili nei Paesi in via di sviluppo». Le case farmaceutiche però ribattono che è anche grazie alla proprietà intellettuale che si è arrivati al traguardo di arginare il nuovo virus e che, «senza la spinta agli investimenti garantita dai brevetti, non si potrebbe beneficiare di armi come i vaccini, fondamentali per superare la crisi pandemica e ritornare a una vita normale».

Resta il nodo della preparazione alle nuove crisi. Il Global Health Security Index del 2021 rileva che nessun Paese «è veramente preparato per la prossima pandemia ed il mondo in generale è risultato non essere meglio preparato rispetto al 2019, anno precedente allo scoppio del Covid».

Il Covid-19 è ancora una minaccia?

Il 5 maggio scorso l’Oms dichiara la conclusione dell’emergenza sanitaria mondiale dovuta alla pandemia da Covid-19, proclamata più di 3 anni fa. I vaccini si rivelano fondamentali più di ogni altra misura per superare la crisi. Tuttavia, si affretta a precisare l’Oms, la fine dell’emergenza globale non è la fine della minaccia per la salute globale, in quanto sussiste il rischio «di altre possibili varianti» o di un altro agente patogeno emergente che potrebbe rivelarsi potenzialmente letale per gli esseri umani.

Quali sono i vaccini oggi disponibili in Italia per prevenire la malattia grave da Covid-19?

Il primo vaccino ad essere autorizzato dall’Ema in Unione Europea, il 21 dicembre 2020, è il monovalente di Pfizer-BioNTech. Il giorno dopo arriva l’autorizzazione dell’agenzia italiana Aifa. Passano poche settimane ed ecco a ruota tutti gli altri. Tra il 6 e il 7 gennaio 2021 c’è il semaforo verde anche per l’immunizzante monovalente di Moderna, il 29 e 30 gennaio tocca alla profilassi di AstraZeneca. L’11 e 12 marzo è la volta di Janssen (Johnson & Johnson); tra il 20 e 22 dicembre c’è l’ok per Novavax. L’anno seguente, tra il 10 e il 16 novembre 2022, viene autorizzato anche il vaccino Sanofi. Oltre ai vaccini, sono efficaci contro il virus Sars-CoV-2 anche gli anticorpi monoclonali e una nuova classe di farmaci antivirali orali.

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